È di qualche giorno fa un articolo di Repubblica, o meglio del suo supplemento Affari & Finanza, sulla crisi che sta colpendo la free press italiana ed europea. Il motivo, considerando che la free press nasce come modello di businnes a costo zero per gli utenti e ricavi basati solo sulla pubblicità, è facile da spiegare.
Come si apprende dall’articolo, nei primi tre mesi del 2009 la pubblicità in Italia sulla free press è calata del 10%, non molto rispetto al meno 30% sui quotidiani a pagamento, ma abbastanza da farne la prima vittima del crollo degli investimenti pubblicitari.
Nel nostro Paese questa crisi ha colpito tutte le testate gratuite, a partire da 24Minuti, de Il Sole 24 Ore, quotidiano gratuito distribuito gratis nel pomeriggio a Milano e Roma, e che dal primo aprile ha chiuso battenti.
Ma non navigano in acque migliori e-Polis, City e il capostipite Metro, che sarà pure il primo quotidiano a Roma e a Milano, ma ha risentito più degli altri, non solo in Itala, di questa crisi. Leggo invece, del gruppo Caltagirone, al primo posto per la distribuzione in Italia, sembra sia l’unico a resistere…
Allargando lo sguardo a tutta l’Europa , questa crisi riguarda in particolar modo la Repubblica Ceca (il maggior quotidiano gratuito praghese 245Hodin, chiuderà il prossimo dicembre), Francia, Portogallo e soprattutto Spagna. Qui la crisi della free press rispecchia perfettamente la grave crisi economica che il paese, forse più di altri, sta attraversando.
Metro, che era il quinto giornale in Spagna, con 1,8 milioni di lettori al giorno e distribuzione in sette città, ha chiuso la pubblicazione dell'edizione spagnola, provocando al gruppo una perdita fra i 5 e i 6 milioni di euro.
Come detto però questa crisi tocca tutti, anche i quotidiani a pagamento, e forse il caso più eclatante riguarda il New York Times. Tagli alle spese, aumento del prezzo del giornale, seguendo l’esempio del Wall Street Journal, tagli al personale ma anche una costante ricerca verso nuovi canali potenzialmente redditizi.
Ovvero il web, unico ambito dell’editoria americana che continua a crescere. È sul web infatti che il NYT, ha lanciato “The Local”, esperimento di giornalismo collettivo (pochi giornalisti del NYT, alcuni stagisti e lettori).
Per ora l’esperimento riguarda solo i quartieri di Clinton Hill e Fort Greene a Brooklyn e Maplewood, Millburn e South Orange in New Jersey, e ha come obiettivo radicarsi nel territorio, coinvolgere la gente che di solito non legge il giornale e nuovi inserzionisti.
E l’esperimento sembra funzionare, soprattutto perché va a ricoprire una fetta di mercato lasciata libera dalla scomparsa di molte testate locali, neanche a dirlo, anche queste dovute alla crisi pubblicitaria.
Il fatto che i quotidiani gratuiti si stiano spostando verso la Rete non sembra essere affatto casuale. Se fino a qualche tempo fa, infatti, giornali come Metro o Leggo potevano rappresentare per molti il primo “incontro” con l’informazione nell’arco della giornata, oggi questa funzione sembra essere venuta meno.
Sempre più persone accedono ad Internet prima ancora di uscire di casa per recarsi al lavoro o all’università, leggono le versioni on-line dei principali quotidiani, i blog preferiti e magari trovano anche qualche link interessante su facebook. Probabilmente, dopo queste letture un quotidiano gratuito con notizie del giorno prima risulta davvero poco appetibile, facendo preferire a molti la lettura di un libro a quella di un qualsiasi free press.
Dopo il Virtual Mirror Ray Ban, anche per la stampa tradizionale, il web sembra sempre più l’unica soluzione e l’unico canale in cui valga davvero la pena investire. La situazione da anni è sempre più chiara, ma i giornali sembra non vogliano proprio accettare la loro probabile fine… la stessa sorte toccherà ai libri?