Che la legge sulle intercettazioni in discussione in questi giorni in Parlamento fosse argomento inviso alla rete, era noto. Grandi quotidiani come Repubblica hanno lanciato simboliche manifestazioni on line e gli utenti della social sfera hanno più volte manifestato il loro dissenso per quella che da più parti è considerata una legge che colpisce, oltre che la sicurezza dei cittadini, anche la libertà d'essere informati.
In un comma del decreto legge, il numero 29, è anche contenuto il cosiddetto articolo "ammazzablog", il quale rende obbligatoria la rettifica di un contenuto pubblicato su un qualunque sito laddove un cittadino ritenga d'esser stato danneggiato o diffamato.
Inutile specificare che, in caso la rettifica non fosse pubblicata entro i termini di legge, l'autore del contenuto sarebbe punito con ammende molto alte, fino all'oscuramento totale del sito stesso.
Un problema per portali come Wikipedia, che ospitano contenuti realizzati in opensource e per questo, non riconducibili facilmente a un autore in particolare.
Ieri sera, l'enciclopedia on line più famosa del mondo ha pubblicato un comunicato che annuncia la preventiva chiusura dell'edizione italiana, proprio per protestare contro il ddl.
Il testo ha fatto rapidamente il giro del web, mobilitando gli utenti in un sussulto d'indignazione.
Su Facebook la pagina Rivogliamo Wikipedia - No alla legge bavaglio (la prima ad essere aperta dalla pubblicazione del comunicato) conta già 150.000 fan, in rapida crescita. Non si contano invece il numero di condivisioni sui profili personali del comunicato apparso in home page.
Ci si torna a indignare anche su Twitter, dopo il caso #Nonciclopedia che ha portato l'hashtag #vascomerda addirittura fra i trending topic mondiali: il topic #wikipedia è già in cima alla classifica e cresce di minuto in minuto, tanto che è prevedibile entro qualche ora un approdo fra le "tendenze" mondiali.
Mentre scriviamo, anche i media tradizionali hanno cominciato ad occuparsi del caso: un segnale della gravità del momento, non solo per il web ma forse anche per la libertà di tutto il nostro paese.
Ci auguriamo, da utenti di Wikipedia e del web, che la politica recepisca tutto questo come una spia di un malessere diffuso, e possa andare in una direzione diversa da quella che sembra aver intrapreso.