Il caso delle dichiarazioni di Guido Barilla rilasciate a LaZanzara su Radio24 hanno destato molto scalpore. Su Twitter per tutta la giornata di ieri è impazzato il trending topic #BoicottaBarilla, un modo per protestare contro l'incauta uscita sul tema degli omosessuali.
"Non faremo pubblicità con omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d'accordo, possono sempre mangiare la pasta di un'altra marca".
Mentre gli utenti invocavano l'abbandono in massa del noto brand produttore di pasta, altre aziende si sbizzarrivano a declinare l'epic fail di Barilla, andando a sottolineare la propria vocazione all'apertura verso tutti i soggetti, a dispetto delle proproe tendenze sessuali.
Nel mentre, sempre a mezzo Twitter arrivavano le scuse da parte di Guido Barilla in persona.
Un'azione che voleva mettere un freno alla crescente disapprovazione degli utenti, che però non sembra aver portato gli effetti sperati:
Intendiamoci: l'uscita è stata infelice, a prescindere dal contesto in cui è stata rilasciata. Ma il problema è da considerarsi a monte, e non si può sottovalutare se si costruisce - e si gestisce - una comunicazione come quella sul web dove il buzz diventa volano di trionfi o di pesanti cadute.
In un paese come l'Italia, da sempre legata a una serie di dogmi ideologici, contrapposizioni radicali, tradizionalismi vari, si fa sempre più largo una richiesta da parte dell'audience di brand che sappiano essere coinvolgenti, disposti al dialogo, aperti alle diversità.
L'approccio: "sparo a zero, poi non rendo conto" non paga. Ne avevamo già avuto le prove in passato: e dire che - sembra preistoria ma è ormai un caso studio che dovrebbe essere imparato a memoria - fin dal caso di Patrizia Pepe (aprile 2011, ne parlò Simona Melani nel post Patrizia Pepe, quando la brand reputation passa per una foto su Facebook) si era intuito come attaccare e non rispondere al pubblico significhi fare autogoal.
Da sempre su NinjaMarketing.it sottolineamo l'importanza di un utilizzo responsabile dei social network da parte delle aziende, che devono essere prima di tutto aperte a rispondere alle critiche.
"Il popolo della Rete (in questa brutta espressione ormai diffusa a tutti i livelli) non perdona": un adagio ripetuto, brutto nella forma ma corretto nella sostanza. Proprio ieri rilanciavamo l'idea sul caso "Enel - #Guerrieri" (nel post Enel e il caso #guerrieri: le storie sono armi a doppio taglio?) di una risposta propositiva e disposta al confronto sui punti imputati all'azienda.
Lo stesso, crediamo, dovrebbe fare Barilla. Se raccoglie consenso fra il pubblico l'utilizzo dell'epic fail altrui da parte dei brand competitor - come visto negli esempi precedenti - pensate a quanto potrebbe far colpo sull'audience l' "apertura dialogica" dell'azienda protagonista dell'episodio incriminato.
Facendo scendere in campo direttamente Guido Barilla, che potrebbe ad esempio non solo pubblicare una serie di scuse sui social network, ma mettersi a disposizione del pubblico, che sarebbe quindi chiamato a mettersi in gioco a sua volta responsabilmente. Scherzando, si potrebbe dire che un hangout pubblico di Guido Barilla su Google Plus, magari nell'ambito di un'iniziativa volta ad affermare il concetto di uguaglianza, avrebbe in questo momento l'effetto di uno spot dove i due CEO di Barilla e De Cecco mangiano la pasta insieme al grido di "A tavola siamo tutti uguali.".
Io critico un brand, ma se il brand mi apre le porte del dibattito sono chiamato a spiegare le mie ragioni.
Insomma, il caso di #BoicottaBarilla offre una volta in più lo spunto per riflettere sul concetto di strategia e di gestione dell'immagine: a volte, come anche sottolineato per Enel, gestire la reazione del pubblico diventa importante quanto avere un'idea creativa vincente. Stessa cosa se un messaggio raggiunge il destinatario e provocando effetti non attesi.
Questo per la natura stessa dei social network, dove non esiste spazio per sbagliare, e il tempo di reazione è potenzialmente vicino allo zero.
Come al solito, amici lettori, attendiamo il vostro parere!
PS: Si ringrazia per la collaborazione nella stesura dell'articolo l'ottimo Alessio Cannata.