Impossibile non averne sentito parlare. La campagna 'Made in Italy', realizzata da Pomilio Blumm per l'Agenzia nazionale italiana del turismo ha creato un bel po' di buzz in rete, prima per i dubbi sulla sua diffusione all'estero, poi per il fatto che per i visual siano state utilizzate delle immagini royalty free.
Un investimento così elevato da parte di un ente pubblico non può non far parlare il popolo della rete e non! Ed è per questo i Ninja hanno pensato di intervistare il Reparto Creativo di Pomilio Blumm, per scoprire le motivazione dietro le scelte effettuate.
Raccontare il Bel Paese all'estero non dev’essere stato un compito semplice. Diverse polemiche hanno accompagnato in rete il lancio della campagna: come rispondete?
L'assunto di partenza è perfettamente corretto, soprattutto se si pensa che ENIT torna in comunicazione dopo significativi anni d’assenza e la rete è il luogo della libertà di pensiero no limits Questa, a nostro parere, non è una notizia negativa, perché oggi promuovere un territorio significa promuovere un sistema e il Made in Italy resta uno di quelli più riconoscibili e positivi dell'Italia all'estero, oltre qualunque dibattito.
Per quale motivo avete utilizzato immagini non esclusive, royalty free, piuttosto che fotografie originali?
L'incarico era principalmente fondato sulla progettazione di un sistema di comunicazione, che costituiva e costituisce il vero valore aggiunto. La scelta delle immagini nasce da un coinvolgimento delle regioni e dei territori rappresentati che ENIT ha promosso affinché questo progetto fosse partecipato, condiviso, utilizzato e quindi diffuso.
Sin dalla pubblicazione del bando, che se avesse avuto finalità incentrate sul tema fotografico avrebbe dovuto essere diversamente concepito e finanziariamente dotato, questa ci è sembrata una scelta molto democratica, così come intelligente e funzionale è quella di non avere pregiudizi verso soluzioni efficaci ed economiche. Un segno di rispetto alla cultura della rete che ama la condivisione e il libero accesso, ma anche alla spending review.
A tal proposito ricordiamo che l’incarico all’agenzia, come riportato dai giornali più informati, è di 81mila Euro e non di 5 milioni e comprende traduzioni ed adattamenti nelle principali lingue e per i principali mercati, anche emergenti, a livello mondiale: una mole di lavoro enorme.
In realtà nessuna delle immagini può ritenersi trasposizione da cataloghi o banche fotografiche perché nel suo insieme e nella sua forma di drappeggio, tessuto, cucitura e di molti altri dettagli, ognuna è da considerarsi originale ed in qualche modo esclusiva.
Come mai la mancata indicazione del nome delle location ritratte nelle immagini?
Crediamo sia semplicemente la volontà di non rimarcare una selezione strategica o potenzialmente faziosa di questo o quell'altro territorio: la campagna in realtà è una cornice in grado potenzialmente di inquadrare un infinito numero di soggetti e suggestioni del nostro territorio. L'osservazione resta a nostro avviso comunque pertinente ed accettabile.
Descrivete la campagna come un “inedito mix di elementi concreti ed emotivi”: ci spiegate questa descrizione?
È una sintesi tratta dai documenti di gara. In realtà, meglio estrapolato, il concetto complessivo voleva segnalare come la scelta di un tessuto, con etichetta, cuciture, quasi ad ago e filo, per rappresentare l'essenza stessa del Made in Italy aggiungesse concretezza materica a una suggestione: quella dell'immagine di sfondo, ovvero i meravigliosi paesaggi italiani.
Come misurerete i risultati di questa campagna internazionale?
A noi spetta monitorare una pianificazione media pre-definita dagli uffici ENIT presenti sui diversi mercati. Il nostro compito è di verificare i dati di diffusione trasmessi dagli editori incrociati con quelli dei principali centri di rilevazione media. Avvieremo, ma questa è solo una nostra specifica e libera attitudine, un’analisi semiotica di quanto si produrrà sulla rete attraverso gli esperti semiologi del nostro reparto e in collaborazione con alcuni importanti osservatori universitari che con noi collaborano.
È un modo abituale che abbiamo adottato per valutare ex post la validità delle strategie comunicative attivate al di là del mero dato quantitativo, ma andando a interrogare il messaggio e i suoi effetti da un punto di vista qualitativo e culturale in senso lato. Un modo, aggiungeremmo, non solo per garantire l'efficacia delle scelte effettuate, ma anche per rilevarne eventuali difetti e correggere il tiro per il futuro.
Indubbiamente creativa è "l'iniezione" del copyleft nella campagna. Quali sono stati i risultati?
Il grosso dell'investimento previsto per la campagna è ancora da venire, quindi non è possibile per ora avere una visione d'insieme dei risultati, ma è già possibile avere esempi significativi di feedback dell'idea dell'etichetta "made in italy".
Citiamo a tal proposito la web app selfie.italy.travel attraverso cui gli utenti della rete hanno "brandizzato" con l'etichetta della campagna le proprie foto per condividerle sui social, creando tante potenziali "campagne" quante sono le foto caricate e rendendo particolarmente viva l'idea creativa originaria: un marchio che fosse sintesi di un insieme di valori prettamente italiani, da applicare su qualsiasi soggetto/panorama/situazione in grado di esprimerne almeno uno.
Si tratta di una buona pratica di crowdsourcing che ha prodotto come risultato, dopo appena una settimana dal lancio, 1200 nuove campagne create dagli utenti della rete, senz'altro molto fresche e simpatiche, in alcuni casi anche molto interessanti. Questo numero di creazioni in soli sette giorni ha ancor più valore se si considera che ENIT non comunica in Italia.
Infine, parliamo del portale Italia.it: quali sono i punti di forza e di debolezza?
È un portale pre-esistente al nostro arrivo e che è frutto, crediamo, di una serie di politiche di promozione turistica assai complesse da cifrare. Resta un indirizzo semplice, intuitivo, ma meriterebbe una grande attenzione, come a tutto il resto, sul piano dei contenuti e dei linguaggi.