Una laurea al Politecnico di Torino con una tesi su un software open source, WinPcap, che permette l'analisi del traffico sulle reti wi-fi, scaricato da più di 80mila persone. E' cominciata così la storia di Loris Degioanni che, grazie alla notorietà acquisita dal suo progetto di tesi, viene chiamato a fare ricerca da un professore universitario in California, alla UC Davis.
Con il professore americano, Degioanni nel 2005 fonda la sua prima startup CACEtech negli Stati Uniti. La startup cresce, raddoppiando il fatturato ogni anno e raggiungendo i 30 dipendenti.
Cinque anni dopo l’azienda viene acquisita dalla Riverbed, una multinazionale quotata sul listino Nasdaq. Nei primi mesi Degioanni segue l'integrazione del suo prodotto con quello della multinazionale. Poi si concede qualche mese da unemployed, scrive nel suo profilo LinkedIn, per una vacanza sulle Alpi, per rigenerarsi prima di buttarsi in una nuova avventura imprenditoriale: Draios.
Una storia esemplare, quella di Degioanni, che è stata raccontata dal giornalista Renzo Agasso nel libro Ho conquistato l'America, presentato a Torino durante l'evento Pitch on the Beach.
Vediamo allora il racconto di Degioanni, attraverso alcune parole chiave, che mettono in relazione la realtà della Silicon Valley con l'Italia (e gli Italiani):
Exit
"In Italia il concetto di Exit è ancora un po' sconosciuto. In realtà è un momento fondamentale del processo di crescita di una startup e nella vita di un imprenditore. In ogni fase di vita di un'azienda sono necessarie competenze diverse. Le mie competenze sono legate alla fase iniziale, quella di alta crescita di un'azienda. Per l'azienda diventa un meccanismo di acquisizione di ricchezza.
All'imprenditore un'exit permette di lavorare ad altissima intensità per qualche anno, con un obiettivo estremamente chiaro e consentrarsi su questo, con la possibilità poi, una volta raggiunto l'obiettivo, di staccarsi per qualche tempo. Perché lavorare con i ritmi che richiede una startup per 30 anni della propria carriera non è fattibile."
Talento
"L'Italia crea talento, nel settore dell'IT. Nella prima startup che ho creato il team era quasi totalmente italiano, l'80% delle persone erano piemontesi e provenivano dal Politecnico di Torino. In Italia, o per lo meno nella cultura piemontese che io conosco meglio, c'è attaccamento al lavoro e una lealtà, intesa come passione per quello che si fa. Questo, aggiunto al fatto che gli ingegneri laureati al Politecnico con cui ho creato la prima startup sono bravissimi. L'azienda che ci ha acquisiti fattura milioni e milioni di dollari con un prodotto creato da noi piemontesi. Quindi anche qui in Italia si tratta solo di riuscire a valorizzare e monetizzare questo talento."
Crisi
"Tutte le grandi startup nel settore IT sono state fondate in momenti di crisi. In questi momenti è più facile creare innovazione con meno competizione e meno capitale, è più facile per chi fa prodotti interessanti riuscire ad emergere dalla massa."
Flessibilità
"Per contrastare la disoccupazione bisognerebbe dare la possibilità di licenziare più facilmente. Noi quando stavamo crescendo guardavamo il fatturato e appena ce lo potevamo permettere ci prendevamo il rischio di assumere un'altra persona, perché sapevamo che se le cose non fossero andate bene avremmo potuto licenziarla. Se non ci fosse stata questa flessibilità, non avremmo potuto prenderci il rischio di assumere. Inoltre con un mercato del lavoro più flessibile le multinazionali sarebbero incentivate ad aprire uffici in Italia, mentre al momento preferiscono altre nazioni Europee."
Ecosistemi
"Per il lavoro di imprenditore, essere nell'ecosistema della Silicon Valley è un vantaggio incredibile. Dà accesso al network di investitori, alla possibilità di essere acquisiti da altre aziende. Quindi in Italia il lavoro più importante che si sta facendo in questi anni è lavorare sull'ecosistema."
Ecco il video, per chi vuole vedere tutto l'intervento: