Gamification, gamification, gamification: se non ve ne siete accorti, parliamo del tema caldo del momento, e non sorprende considerate le enormi potenzialità nell'ambito del marketing e della comunicazione aziendale (ma non solo: pensiamo al campo della formazione e dell'intrattenimento culturale). Una campagna di gamification, integrata nella strategia di marketing complessiva, può diventare uno strumento molto efficace per la brand awareness e la fidelizzazione del cliente.
C'è anche chi sull'argomento ha le idee chiare e vede all'orizzonte la necessità di una Gamification 3.0, in cui a farla da padrone è la personalizzazione in base all'analisi dei big data e dei modelli comportamentali. È questa la tesi del white paper di Anitha Gao Gadyar di Cognizant apparso su SlideShare, un documento approfondito e interessante che spiega nei dettagli come rendere la gamification efficace davvero, soprattutto in ambito, come quello medico, in cui può indurre un cambiamento comportamentale in positivo.
Proviamo a estrapolare i concetti chiave dal documento.
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Gamification 3.0: il livello successivo
La tesi sostenuta nel white paper di Cognizant è semplice e netta: al momento la gamification è ancora allo stato embrionale ed è poco sofisticata. Di conseguenza, i risultati non sempre sono all'altezza delle aspettative, perché il coinvolgimento, uno degli obiettivi chiave, si spegne. Il motivo? La scarsa personalizzazione dell'esperienza di gamification.
"Nella nostra esperienza, non sempre il successo della gamification dipende dalla complessità del gioco, ma se si instaura una connessione profonda con il giocatore".
Senza una connessione profonda, svanita la novità, la gamification tende a perdere la sua forza.
Big data e psicologia comportamentale
Per creare un'esperienza di gamification 3.0, ovvero altamente personalizzata (e dunque più efficace), due sono i pilastri su cui poggiarsi: i big data e gli studi di psicologia comportamentale. L'obiettivo della Gamification 3.0 prevede un modello di gioco studiato in modo che la spinta all'azione desiderata non si esaurisca in breve tempo, ma duri a lungo.
Lo studio individua quattro "strati" nella composizione del complesso "organismo" della Gamification 3.0:
- Registrazione delle attività: le azioni e decisioni prese dagli utenti vanno tracciate per avere dati concreti su cui lavorare. Nellr slide si fa riferimento a una app finanziaria, in cui elementi come i soldi spesi, gli obiettivi finanziari e i settori in cui si sono spese le maggiori quantità di denaro sono monitorati con attenzione;
- Personalità degli utenti: nell'ottica della Gamification 3.0 questo è uno "strato" particolarmente importante. Ci sono vari modi di classificare le personalità degli utenti; in questo caso, dato che parliamo di giocatori, si potrebbe usare il test di Bartle;
- Analisi dei Big Data: se il nostro obiettivo è indurre un cambiamento comportamentale duraturo nel tempo (per esempio, la gestione di un problema cronico), più dati possediamo sull'utente, più possiamo implementare un modello di gamification efficace. Ecco che tutti i big data, in questo caso tutti i dati che è possibile raccogliere, diventano fondamentali.
- Modelli comportamentali: ovvero addentrarsi nelle emozioni, motivazioni e nella mentalità dell'utente per costruire un'esperienza di gamification cucita su misura dell'utente.
Dunque, è chiaro come attraverso la raccolta di dati specifici sul comportamento, atteggiamento, pensieri ed emozioni dell'utente, utilizzando modelli comportamentali presi in prestito dagli studi psicologici e neuroscientifici, si possa costruire la versione evoluta della Gamification, la versione 3.0.
Non aggiungiamo altro, vi lasciamo alla visione delle slide del documento, veramente denso e ricco di spunti (che meriterebbero ben più di un articolo).
Buona lettura.