Il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR) nacque nel 1984, con la “teoria degli stakeholder” del filosofo e docente americano Robert Edward Freeman. Egli sosteneva che l’azione delle imprese dovesse rappresentare differenti “portatori di interessi”, compresi soggetti esterni all’azienda ma in interazione con la stessa (consumatori, ambiente e società in generale).
Negli ultimi trent’anni l’idea di CSR è progressivamente mutata, così come l’approccio delle aziende alla stessa. Nel passato, infatti, queste si limitavano a un impegno, generico e più o meno rigoroso, al rispetto dell’ambiente fisico e sociale nel quale operavano.
Oggi, invece, una corretta politica di CSR richiede un approccio proattivo, nel quale le aziende devono impegnarsi fattivamente nel miglioramento delle condizioni delle realtà in cui sono presenti e attive.
La loro azione in questo senso è continuamente monitorata da organizzazioni no-profit ed enti istituzionali preposti a questo fine. Questi analizzano, giudicano e comunicano all’opinione pubblica le iniziative e i risultati raggiunti dalle imprese, spesso attraverso classifiche, comparazioni e quantificazioni tangibili di quanto prodotto in termini di beneficio sociale.
L’organizzazione non governativa (ONG) Oxfam, network internazionale che riunisce 17 differenti realtà nazionali, ha lanciato nel 2013 l’iniziativa “Behind the Brands – scopri il marchio”, che si occupa di controllare l’azione delle 10 più grandi multinazionali del food, giudicandola su parametri specificamente definiti e redigendo una classifica, periodicamente aggiornata, sulla base dei risultati conseguiti.
I temi su cui è valutato l’impatto sociale dell’azione economica di queste imprese sono 7:
1. Trasparenza dei processi aziendali;
2. Trattamento delle donne che lavorano nella filiera produttiva;
3. Diritti dei braccianti agricoli all’interno dell’intera filiera produttiva;
4. Trattamento economico e commerciale dei piccoli produttori agricoli;
5. Terra, intesa come diritti d'accesso alla terra e uso sostenibile del suolo;
6. Acqua, intesa come diritti e accesso alle risorse idriche e uso sostenibile delle stesse;
7. Cambiamento Climatico, sia in materia di riduzione delle emissioni di gas serra che di aiuto agli agricoltori nell’adattamento ai cambiamenti climatici.
Gli indicatori sulla base dei quali le imprese sono valutate su ciascun tema sono raggruppati in 4 categorie:
1. Consapevolezza dell'azienda riguardo a uno specifico tema e realizzazione di progetti ad esso relativi;
2. Conoscenza, intesa come misurazione, valutazione e segnalazione, da parte dell’azienda, di questioni e fatti chiave sul tema nelle sue filiere di produzione;
3. Impegno attivo dell’azienda nell’affrontare le questioni chiave relative a questo tema nelle sue filiere di produzione;
4. Gestione della filiera, intesa come azione diretta da parte dell’impresa sui propri fornitori per spingerli a rispettare le norme pertinenti al tema di riferimento.
Ciò che è più interessante, nell’approccio al pubblico di Oxfam, è la call to action che viene realizzata attraverso la campagna “Agisci ora”. Accedendo all’omonima sezione del sito e compilando un apposito form è possibile richiedere a una multinazionale di impegnarsi direttamente in una causa sociale.
In questo momento, ad esempio, viene richiesto a Coca Cola e Pepsi di porre fine agli espropri di terra per coltivare piantagioni di zucchero.
Un altro elemento che differenzia Oxfam è la facile consultabilità per il pubblico dei risultati della sua attività. In una sezione della piattaforma dedicata behindthebrands.org è infatti possibile inserire, in maniera intuitiva e interattiva, il proprio brand preferito e, risalendo automaticamente alla multinazionale proprietaria, leggere le “prestazioni sociali” della stessa e la sua conseguente posizione in classifica.
Adottando una prospettiva di consultazione e approfondimento inversa, è anche possibile, sullo stesso sito, partire dal tema di maggiore interesse per l’utente e valutare gli impegni e i risultati delle diverse multinazionali a riguardo.
Oxfam offre infine anche diversi contenuti e approfondimenti facilmente fruibili, anche dai non addetti ai lavori, che arricchiscono la sua azione dandole un senso e una concretezza maggiori.
Nell’ultima pagella di marzo 2015 Unilever, con un punteggio del 71%, ha superato Nestlé (69%), salendo così al primo posto della classifica. Le differenze prestazionali tra differenti multinazionali rimangono considerevoli, come si può notare dal misero 30% della britannica ABF.
Contemporaneamente, anche l’impegno e i risultati ottenuti nell’ambito dei diversi temi hanno pesi notevolmente differenti. Il trattamento delle donne lavoratrici e il rapporto con i piccoli produttori agricoli appaiono infatti come le note più dolenti della rilevazione di Oxfam, sui quali è quindi auspicabile un impegno maggiormente produttivo di risultati tangibili.
E’ chiaro quindi come l’azione sociale delle imprese debba ormai necessariamente interfacciarsi e collaborare con realtà come Oxfam, universalmente riconosciute come competenti, imparziali e quindi attendibili.
La credibilità e l’immagine di un’azienda, soprattutto se multinazionale, dipendono sempre di più dal rapporto che questa riesce a stabilire con il tessuto sociale, culturale, economico e ambientale con il quale questa è portata a relazionarsi.
Oggi, tuttavia, un’opinione pubblica sempre più informata, istruita ed esigente, anche grazie all’azione di realtà come Oxfam, non si accontenta più di semplici impegni generici.
Le multinazionali sono quindi obbligate a darsi degli obiettivi specifici e misurabili in ambito di CSR e, soprattutto, a rispettarli.
Solo in questo modo, infatti, esse potranno creare e mantenere una relazione di fiducia con i propri consumatori, proponendosi come attori economici credibili e attrattivi per la domanda finale.
LEGGI ANCHE: "Siamo Onlus e così NutriAmo il futuro con Fondazione Mediolanum"