Parlare oggi d'influencer marketing è nel mondo della comunicazione odierna un passaggio d'obbligo, uno step che professionisti e brand devono doverosamente tener presente a livello strategico. Una risorsa sempre più preziosa, capace di dare ottimi risultati se utilizzata al meglio. Lo sa bene Tomoson che in una recente indagine gli ha attribuito un ROI altissimo: 6,28 per ogni dollaro investito.
Un potenziale che sta nella capacità di coinvolgere utenti rilevanti per il brand ed il suo settore di appartenenza, nella validazione person to person dei messaggi aziendali. Persone innanzitutto, con cui innescare relazioni produttive e generare valore.
Ma se il protagonista della campagna non fosse una persona, ma una macchina? È ciò che ha sperimentato IBM per il suo progetto Watson.
Watson: non un semplice computer
In un periodo all'insegna dei bot è facile pensare a IBM Watson come un'intelligenza artificiale. Ma il progetto è molto di più. È un nuovo supercomputer nato per assomigliare quanto più possibile all'uomo. La sua missione è di rispondere con sicurezza, rapidità e precisione a domande formulate in linguaggio naturale, cioè più simile possibile alla lingua parlata. Una lingua complessa, carica di sfumature, modi di dire e metafore. Le sue capacità nascono da oltre 1.000 tecniche algoritmiche, sviluppate per la raccolta e la valutazione di dati strutturati e non.
Più di un semplice esperimento che sta già dando ottimi risultati. In un recente test Watson ha sfidato due celebri campioni del gioco riuscendo a batterli. Una sfida non da poco, in grado di mostrare le capacità di questa particolare AI. Ma l'obiettivo va ben oltre un gioco. La sua capacità di comprendere il senso e il contesto del linguaggio e di riuscire a dare risposte rapide a problemi complessi lo rendono strumento dalle grandi potenzialità anche per il business. Essere sostegno a medici, aiutare le aziende nella business intelligence, le pubbliche amministrazioni nel suo quotidiano operato.
Watson e l'Influencer Marketing
Un progetto di tale portata non poteva accontentarsi di una "normale" campagna di comunicazione. IBM ha infatti dato vita a qualcosa di nuovo e particolare, ricco di sfumature ed elementi dal forte impatto comunicativo. E per far ciò si è affidata ad un gruppo di rilevanti influencer.
Noti esperti di settore, celebri per competenza, autorevolezza ed ampia audience sono stati coinvolti per evidenziare la versatilità di Watson e i suoi ampi ambiti applicativi. Non semplici dimostrazioni o esempi di utilizzo, ma veri e propri dialoghi tra questi e l'AI di IBM. Un'interazione che diventa via primaria non tanto per evidenziare le qualità di Watson come strumento tecnologico, quanto la sua "somiglianza" all'uomo. La macchina che grazie alla conversazione diventa "essere", mettendosi sullo stesso piano degli influencer scelti.
Ridley Scott per il film making, Bob Dylan sul linguaggio, Stephen King per lo storytelling, solo per citarne alcuni. Punti di riferimento planetari che danno eco alla comunicazione e ne aumentano awareness e impatto.
Influencer che sono sì fondamentali per dare visibilità e attirare l'attenzione dell'utente, ma che, ancor più rilevante, si prestano a fare da 'spalla' a Watson, il vero e unico protagonista. Perché basta uno sguardo ai video realizzati per comprendere che il ruolo principale, il vero influencer della campagna, è senza dubbio (e volutamente) lui.
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Influencer Marketing, non si ferma tutto alla figura scelta
A IBM e Watson non basta questa forma sperimentale di coinvolgimento degli influencer, ma vanno oltre, non accontentandosi di creare una campagna basata solo sull'impatto delle (seppur molto note) celebrities scelte. Danno vita ad un racconto fortemente esperienziale e coinvolgente, fatto di video, utilizzo dei social ed un uso coerente del racconto. Uno storytelling in piena regola, capace di ricordare quanta potenzialità comunicativa sta dietro una buona storia.
Perché l'Influencer Marketing, quando ben fatto, è molto di più che coinvolgere un opinion leader, fargli provare un prodotto o partecipare ad un evento. L'originalità diventa fondamentale, perché in grado di far la differenza sugli utenti, ma ancor prima sugli influencer stessi in fase di contatto progetto. Un elemento che, nella miriade di proposte che ricevono, può fare la differenza per ottenere o meno la loro partecipazione.
L'influencer non deve essere il fine, ma il medium che con la sua autorevolezza, le sue competenze co-crea, arricchisce e dà forza al contenuto proposto. Il content e l'idea creativa alla base del progetto non possono né devono mai mancare, pena il rischio di trovarsi alle prese non con un partner, ma con un testimonial ed il consueto, seppur mascherato, advertising.
Il domani vedrà forse professionisti e brand alle prese non solo con volti celebri e influencer in carne ed ossa, ma probabilmente anche con figure 'meno umane' in pieno stile Blade Runner. Saranno pronti?