Chi legge veramente i contenuti pubblicati su Twitter? È la domanda che ci sono posti quattro ricercatori della Columbia University e del centro INRIA, che hanno realizzato un interessante paper dal titolo "Social Clicks: What and Who Gets Read on Twitter?".
Lo studio ha preso in considerazione 2.8 milioni di condivisioni e 9.6 milioni di click, che hanno generato traffico diretto a 59mila pagine diverse, prendendo in esame, in particolare, un mese di traffico generato da Twitter verso cinque siti di notizie online: BBC, CNN, Fox News, New York Times e Huffington Post, con l'obiettivo di chiarire come i click fatti sui link condivisi influiscano sulla diffusione delle notizie.
Secondo stime del 2014 i social media generano almeno il 30% del traffico diretto ad un sito web: un numero superiore a quello generato dai risultati organici nei motori di ricerca.
I meccanismi che si usano per fare previsioni sui click generati dai motori di ricerca però non sono applicabili, secondo i ricercatori della Columbia University e del centro INRIA, ai social media.
Una URL comparirà tra i risultati di una ricerca fatta su Google, per esempio, solo se l’utente ne ha fatto una richiesta esplicita: la sua azione indica che sta cercando proprio quel tipo di informazione.
Sui social media invece l’utente è esposto ad informazioni che sono generate da altri utenti con cui è in relazione, attraverso la connessione del network.
Per dirla con i ricercatori, un motore di ricerca offre informazioni secondo un modello pull, filtrate da algoritmi, i social offrono le informazioni secondo un modello push, filtrate dagli esseri umani che le condividono.
Si conferma, naturalmente, il ruolo importante dei social media nella diffusione di una notizia, ma si evidenzia anche una differenza importante tra la condivisione di una notizia e la sua effettiva lettura. In altre parole, spesso si condividono notizie che però non vengono lette, e che non generano traffico verso il sito che le ha pubblicate.
Una tesi suffragata anche dai numeri: solo sei utenti sui dieci, infatti, vedono il tweet pubblicato direttamente da uno dei siti citati.
Sembrerebbe legittimo concludere che la pubblicazione diretta di tweet e la loro promozione a pagamento sia la strada da seguire per ottenere un buon numero di lettori.
In realtà i ricercatori hanno scoperto che un peso maggiore ce l’hanno i link definiti secondari. Link che, pur facendo riferimento ai domini principali dei siti citati, non hanno avuto il beneficio di essere pubblicati da un loro account ufficiale. Sono i link contenuti nei tweet di altre fonti, che rilanciano la notizia.
A conti fatti, questi ultimi link generano oltre il 60% di click verso i siti di notizie, anche se hanno avuto una diffusione minore: se cliccati solo 4 volte su dieci, hanno una performance migliore in termini di click per follower (CPF) rispetto ai link curati direttamente dagli editori.
Un dato che indica come la sola metrica del numero di condivisioni (o mi piace) accumulati da un post non sia sufficiente a misurare il successo di un dominio o sito. Rimane certo importante la promozione diretta dei contenuti di successo per farsi conoscere, ma questi, pur ottenendo un gran numero di visualizzazioni, spesso ottengono meno click.
Insomma, uno dei risultati più sorprendenti per i ricercatori è che le visite generate da post a volte meno popolari e meno condivisi contano di più di quanto non si pensi.
La soglia di attenzione
Un ruolo importante in questi meccanismi ce l’ha la soglia di attenzione degli utenti che "abitano" Twitter: molti fattori farebbero pensare che sia molto bassa e che le reazioni a una notizia siano più alte in un primo, breve momento.
In realtà, prendendo in considerazione i click ottenuti, sembrerebbe non essere così.
Lo studio conferma che il numero di visualizzazioni e condivisioni ottenuto da un post in effetti diminuisce nel tempo, gradualmente.
Andamento delle condivisioni, impressioni e click nel tempo
Non avviene invece la stessa cosa per i click ottenuti, che degradano più lentamente e in maniera meno uniforme.
I social media, confermano i ricercatori, hanno un ruolo molto importante e riescono a soddisfare una grande varietà di lettori, ma occorre cambiare alcune metriche di misurazione e considerare maggiormente quei modelli che permettono di fare previsioni basate sul comportamento dei follower nel tempo.
Modelli di previsione che permetterebbero così di misurare meglio il successo di ciò che si pubblica, misurandolo nel tempo, in termini di click per follower e non di retweet e condivisioni.