Il “marketing tradizionale” e la copy strategy - il metodo utilizzato da sempre nelle agenzie per strutturare una strategia di contenuto pubblicitario - hanno abituato i professionisti della comunicazione a lavorare su un solo messaggio, il più distintivo possibile: la “unique selling proposition” (USP) detta anche “single minded proposition”. Un messaggio basato prevalentemente sul prodotto: un suo vantaggio funzionale, una promessa materiale, sostenuta da una “reason why”, ovvero da una motivazione alla promessa (es: "Dove non secca la pelle come un normale sapone, perché contiene un quarto di crema idratante).
Questo anche perché i media a disposizione non consentivano di indirizzare messaggi differenziati a pubblici finemente segmentati come succede grazie al digitale.
Potevo scegliere il canale, ad esempio una rivista femminile sul mezzo stampa, ma non potevo fare in modo che la mia campagna pubblicitaria sulla rivista apparisse magicamente ad alcuni lettori e ad altri no in base a chi la stava sfogliando.
Con il digital questo è possibile. Ma non solo: il digitale ha aperto nuove straordinarie frontiere alla segmentazione anche grazie alla mole di informazioni che ha sul pubblico. Posso decidere a chi fare apparire il mio messaggio scegliendo l’audience in base ad una enorme quantità di variabili di segmentazione. La rivista conosceva forse nemmeno un centesimo di quello che Facebook conosce di ciascuno di noi.
Tutto questo da un lato è inquietante: scrivo pizza in uno status e subito mi appare la proposta commerciale di una pizzeria. Ma dall’altro ciò consente che come marketer io possa evitare di infastidire a chi non pensa e non vuole la pizza, e posso evitare come consulente che la mia azienda pizzeria cliente smetta di sprecare soldi per rompere le scatole a tutti indistintamente.
Insomma tutto questo ha dei vantaggi sia per le persone sia per le aziende. In questo modo possiamo evitare di “proporre i congelatori agli eschimesi”, con un grande vantaggio per chi produce i congelatori, per l’agenzia che promuove i congelatori e anche per gli eschimesi che non verranno disturbati con messaggi inutili e fastidiosi.
Dagli “Stili di vita” ai “Momenti di vita”
Prima dell’era dell’iperprofilazione non si poteva segmentare per "momenti di vita" – concetto che ho introdotto già nel libro “Marketing Non-Convenzionale” - ovvero non si poteva indirizzare un messaggio a seconda del momento specifico in cui si trovava il pubblico, con una sua specifica condizione psicologica e determinate attitudini di acquisto. Al massimo si poteva lavorare per segmenti socio-demografici e "stili di vita".
Se sei una donna di quaranta anni di fascia socio-economica medio alta allora il tuo messaggio è “xy”. Per limiti tecnici dei mezzi di comunicazione si trattava necessariamente il pubblico come se fosse una persona univoca con caratteristiche specifiche e immutabili. Come se tutte quelle donne fossero tutte uguali e sempre nella stessa condizione psicologica. Ma questa era una semplificazione.
Oggi invece il marketing è diventato molto più sofisticato e direi anche più preciso, e lo deve diventare sempre di più. Ha capito che siamo persone diverse in diversi “momenti di vita”. O ancora possiamo dire che è possibile segmentare il pubblico non soltanto in base a sue “variabili esteriori” (sesso, età, reddito, residenza), ma anche in base alle sue “variabili interiori”, quello che potremmo anche chiamare il suo “stato vitale”. Una segmentazione per “stati vitali”: in pratica possiamo innanzitutto segmentare e poi effettivamente indirizzare messaggi differenziati in base ad una fondamentale variabile cognitiva: la conoscenza che il pubblico ha del nostro prodotto e del problema che risolve.
… agli “Stati vitali”
Stiamo quindi parlando in un certo senso di un viaggio interiore: il percorso di acquisto del cliente come viaggio dalla “non conoscenza” del prodotto alla decisione di acquisto.
Il marketing digitale ha permesso di curare in ogni dettaglio questo viaggio dell’audience nel suo percorso interiore di scoperta, conoscenza e valutazione del prodotto fino alla decisione di acquisto e di assegnarlo ad ogni passaggio ad una custom audience differente. Siamo quindi diversi pubblici a seconda del momento di vita e dello stato vitale interiore che attraversiamo. In ognuno di quegli stati la nostra condizione psicologica è diversa e diverso deve essere il messaggio corrispondente.
Il marketing passa quindi da una strategia di “copertura” e “frequenza”, ovvero quanto raggiungo il target group e quanto lo bombardo di un messaggio spesso non richiesto al Conversion Funnel, un percorso ben studiato e spesso automatizzato che porta a creare audience sempre più mirate e interessate alla proposta di acquisto a cui vengono erogati annunci sempre più pertinenti e rilevanti.
In questa logica possiamo considerare infatti che la conoscenza di un determinato prodotto e del problema che risolve sia uno stato interiore (consapevolezza, non consapevolezza, grado di consapevolezza) generi diversi “momenti di vita” del pubblico e che in questi momenti di vita siamo diversamente disponibili a considerare una proposta commerciale in base al nostro “stato vitale” - ovvero al percorso psicologico interiore che stiamo attraversando e che possiamo in qualche modo identificare.
Lo Stato di Consapevolezza (State of Awareness)
Stiamo parlando di quello che è stato definito State of Awareness, una importante variabile di segmentazione cognitiva già individuata in passato ma che oggi con il digitale diventa fondamentale e imprescindibile. Nel 1952 il copy Eugene Schwartz, autore di “Breakthrough Advertising”, parla dei cinque Livelli di Conoscenza (State of Awareness), ovvero di quanto le persone in un particolare segmento di mercato sono consapevoli di prodotti e dei problemi che sono in grado di risolvere.
I 5 Livelli sono: Unaware, Problem Aware, Solution Aware, Product Aware, Most Aware.
#1 Livello Unaware
Il prospect non ha alcuna conoscenza del prodotto, ma solo una propria identità e opinioni personali:
- non sa che esiste il prodotto
- non sa che esiste una soluzione a un problema (di cui può non essere consapevole)
In questa fase va quindi ancora creata la domanda, va sollevato il problema prima di offrire la soluzione: è il momento dello Storytelling che fa leva sulle emozioni (gioia, paura, eccitazione, malinconia…)
“C’è un mercato che prospera, scopri come puoi entrarci anche tu…”
#2 Livello Problem Aware
Le persone sanno di avere un problema ma non conoscono la soluzione.
In questo caso bisogna mettersi nei panni di chi ha il problema, empatizzare e far capire che si capiscono le necessità del pubblico e la condizione psicologica a volte anche di sofferenza che il pubblico in quel momento sta provando. Si può fare leva quindi su una tensione psico-sociale manifesta o latente del pubblico.
“Come mantenere il tuo potere d’acquisto nonostante la crisi? Scopri come!”
#3 Livello Solution Aware
Le persone nel loro viaggio di scoperta del prodotto sanno a questo punto che esiste una soluzione ma non sono a conoscenza della nostra specifica proposta. Le persone hanno bisogno di essere convinte che la nostra proposta sia quella giusta per loro.
È il momento dei Claim e delle Social Proof, delle prove sociali di chi ha testato il prodotto e dei testimonial.
“20.000 studenti non possono sbagliarsi!”
#4 Product Aware
In questa fase le persone conoscono la nostra offerta commerciale ma non sono sicuri che sia la migliore fra le altre. Occorre dunque elencare le caratteristiche che rendono il prodotto diverso. Possono aiutare a concludere la vendita l’elenco di Servizi aggiuntivi e Offerte speciali limitate nel tempo.
“Prova Gratis per 30 giorni!”
#5 Most Aware
In questa fase le persone hanno deciso di acquistare il prodotto o l’hanno già acquistato.
Vogliono solo sapere quanto costa e come acquistarlo, oppure potenzialmente vogliono ripetere l’acquisto o ancora consigliarlo ad altri. In questa fase funzionano quindi Anteprime, Esclusive e Referral Program, ovvero programmi specifici che sviluppino il passaparola positivo.
“Il nuovo Mac Book Air a 699 dollari”
Gli Archetipi come mappe per il contenuto
E qui arriviamo all’innovazione che proponiamo, frutto dello studio e delle sperimentazioni realizzate in Ninja Marketing dal nostro conversion team con il supporto strategico-creativo e di copywriting di Gianluca Lisi, co-fondatore del Create! Group.
Per accompagnare e guidare il cliente nel suo percorso interiore di acquisto individuato in base ad una variabile cognitiva (la consapevolezza del prodotto e della soluzione che offre) abbiamo detto che occorre empatizzare emotivamente con lui e per questo bisogna partire dai suoi bisogni emotivi: ogni stato interiore del percorso di acquisto ha una particolare tonalità emotiva che deve essere colta, rispecchiata ed espressa dalla comunicazione, dal copy, ovvero dai testi e dai visual, dalle immagini.
Ed il mezzo per individuare, sintonizzarsi ed esprimere queste differenti tonalità emotive sono gli Archetipi.
In Ninja Academy noi usiamo un framework che abbiamo chiamato CONVERSION MEDIA FUNNEL. Questo framework ci permette di assegnare ad ogni livello di consapevolezza:
- un contenuto
- una strategia media (broadcast, search, remarketing, email)
- una tecnica di pianificazione (Facebook per interessi, Adwords Search, Google Display Network, ecc..)
Per quanto riguarda il contenuto gli archetipi ci permettono di avere delle basi codificate di senso che orientano i copy e la strategia. Mark e Pearson, una pubblicitaria e una psicologa junghiana, nel libro “The Hero and the Outlaw” hanno creato una mappa a 12 archetipi, ricavato dallo studio dei Brand più forti al mondo: un sistema che può apparire semplicistico ma che se se adottato porta a raffinare moltissimo il modo, cioè il tono di voce, il linguaggio verbale e visivo, le scelte cromatiche, le metafore profonde con cui rivolgersi ai diversi pubblici, o meglio alle diverse “custom audience” raggruppate con i criteri cognitivi/emotivo/comportamentali come quello dello ”State of Awareness”.
Ad ogni stato di consapevolezza corrispondono degli atteggiamenti cognitivi differenti e degli obiettivi di comunicazione specifici. Nel suo percorso di acquisto, il cliente si troverà dapprima in una fase di “scoperta” e in questo caso l’obiettivo sarà quello di ISPIRARLO. Poi dovrà prendere in considerazione le varie proposte commerciali. E in questa fase l’obiettivo sarà fargli COMPARARE la nostra offerta insieme alle altre. E ancora quando sarà nella fase della “decisione” il nostro obiettivo di comunicazione sarà spingerlo all’azione, ovvero all’acquisto (ACQUISTARE). E ancora una volta divenuto nostro cliente, la persona potrà essere invogliata al riacquisto o all’upselling o crosselling, o ancora stimolato alla raccomandazione tramite passaparola (RACCOMANDARE).
Ci siamo chiesti: “E’ possibile assegnare i diversi archetipi del modello Mark-Pearson ai diversi Livelli di Consapevolezza del pubblico?
Noi riteniamo di sì. Qui un esempio:
Fase SCOPERTA / Obiettivo ISPIRARE (Bisogno: cambiamento / Archetipo: Ribelle, Mago, Eroe)
Fase CONSIDERAZIONE / Obiettivo COMPARARE (Bisogno: indipendenza / Archetipo: innocente, saggio, esploratore)
Fase DECISIONE / Obiettivo COMPRARE (Bisogno: Stabilità / Archetipo: angelo, sovrano, creatore)
Fase FIDELIZZAZIONE / Obiettivo RACCOMANDARE (Bisogno; appartenenza / Archetipo: amante, burlone, amico)
L’assegnazione di un archetipo ad un determinato bisogno psicologico del pubblico è spesso un processo spontaneo e automatico per chi fa comunicazione. Lo facciamo necessariamente quando creiamo una campagna multifase che prende in considerazione il Customer Journey, sia che si tratti di un viaggio segmentato e descritto a livello cognitivo (5 Livelli della Conoscenza del prodotto) sia che adottiamo un modello emozionale (12 fasi del Viaggio dell'Eroe). Questo perché in ogni caso attingeremo a modelli creativi interiori, necessariamente archetipali, per realizzare i nostri diversi annunci. Anche se solo facendolo inconsciamente. È giusto quindi analizzare la questione.
È quindi possibile assegnare in modo psicologicamente corretto, ovvero in base ad una effettiva congruenza psicologica emotivamente risonante ed in modo appropriato i dodici archetipi del modello Mark-Pearson ai 5 Livelli di Conoscenza del prodotto di Schwartz?
La nostra risposta è sì: crediamo che esista una corrispondenza tra fasi del viaggio eroico e livelli di conoscenza del prodotto. La ragione di questa risposta affermativa consiste nel fatto che l'evoluzione nella conoscenza del prodotto, cioè l'aspetto cognitivo, corrisponde necessariamente ad una evoluzione emotiva del pubblico.
Questo perché il prospect, per acquisire un certo livello di conoscenza del prodotto, ha dovuto necessariamente superare certe fasi emozionali, archetipali, interiori che lo hanno portato a quel determinato livello di conoscenza del prodotto. Ad esempio: per arrivare al secondo livello, Problem Aware, ha dovuto necessariamente superare il livello Unaware: quale energia archetipica interiore gli ha permesso di fare ciò? E quale archetipo lo ha sostenuto per passare dal livello di conoscenza Problem Aware a quello Solution Aware? Sicuramente il pubblico ha utilizzato delle energie interiori, che noi chiamiamo archetipi, per procedere nel suo viaggio di conoscenza.
Ad oggi non esiste un modello già disponibile che attribuisca, abbini, i dodici archetipi del Modello Mark-Pearson alle 5 Fasi di Conoscenza del Prodotto di Schwartz e neppure un modello che abbini i 12 archetipi del Modello Mark-Pearson alle 12 fasi del Viaggio dell'Eroe di Chris Vogler. Mark e Pearson affrontano il tema del viaggio eroico ed il suo rapporto con gli archetipi, ma quello che ne ricavano è una molteplicità di possibili pattern e strutture narrative.
Per tentare l'abbinamento Mark-Pearson-Schwatz, che in ogni caso faremmo, come spiegato prima, in modo inconsapevole dobbiamo affidarci al nostro intuito psicologico, il primo che può fornirci i giusti insight.
Il prospect nel suo viaggio interiore verso l’acquisto parte perché frustrato (Ribelle), desideroso di trasformare la sua situazione (Mago), disposto ad un sacrificio (Eroe).
Continua, comparando: indaga le alternative (Esploratore), le soppesa (Saggio), le valuta in base alla loro capacità di reintegrare un mondo perfetto (Innocente).
E così via, fino alla decisione d’acquisto. È questa una prima proposta, una riflessione da cui partire.
Bisognerebbe sicuramente condurre dei test: una serie di A/B test complessa, credo, in cui andremmo probabilmente a trovare molti errori interpretativi potenziali, molti possibili bias.
L’importante sarà non essere rigidi ma lasciarsi ispirare dagli archetipi.
Strutturare una campagna cercando di creare un abbinamento cognitivo-emotivo del tipo descritto, un Modello Mar-Person-Schwartz, permette di raggiungere un livello di raffinatezza inedito nella ricerca di empatia con il pubblico impegnato nel suo viaggio di acquisto tale che, prendendo la campagna nel suo complesso, porterà sicuramente a risultati migliori. Questo perché avremo toccato molte più corde interiori del prospect.
Probabilmente è necessario valutare l'abbinamento Mark-Pearson-Schwartz in base a ogni specifico brand, raccogliendo insight specifici caso per caso. Faccio un esempio: forse davvero il viaggio di chi acquista un pacchetto di patatine è diverso rispetto a quello di chi compra un farmaco. Gli archetipi che muovono il nostro Prospect/Eroe nel suo primo passo forse sono diversi: il Giullare (desiderio di interrompere uno stato di noia, pensiamo a Pringles) da un lato, e desiderio di prendersi cura di qualcuno o di se stessi.
Magari nel momento del viaggio potremo impostarlo in modo non del tutto corretto. Potrà succedere. Ma gli argomenti interiori li avremo toccati in un numero maggiore.
E come diceva David Ogilvy:
"Racconta l'intera storia: più dici, più vendi. Trascura anche solo un aspetto del tuo prodotto e perderai una parte dei tuoi prospect, quella interessata proprio a quell'argomento di vendita."
Ogilvy parlava di argomenti materiali: noi parliamo di argomenti interiori, ma il concetto non cambia.