Questo articolo è stato scritto da Daniele Radici, Innovation & Strategy Specialist / LEGO® SERIOUS PLAY® Facilitator.
Qualche settimana fa, nell'articolo "Guida essenziale a LEGO SERIOUS PLAY, il metodo per descrivere, creare e testare business concept", ti ho iniziato a spiegare cosa è LEGO® SERIOUS PLAY®.
In estrema sintesi, questa metodologia permette di costruire oggetti astratti (modelli) relativi ad un argomento specifico in modo molto efficace e, soprattutto, sblocca il grande potenziale che ogni persona ha dentro di sé. Per questo motivo con LSP si riescono a trasformare i classici meeting “80-20” (l’80% del contenuto viene generato dal 20% dei partecipanti) in workshop con un livello di commitment e coinvolgimento totale (“100-100”, appunto), nei quali tutti hanno l’opportunità di dare un contributo e - spesso e volentieri - le migliori idee non sono sempre di provenienza del classico “20%” a cui si è abituati.
© foto: Ornella Pesenti, fotobusiness.it
Questo permette a LEGO® SERIOUS PLAY® di essere una metodologia trasversale in grado di lavorare su diversi aspetti come per esempio la creazione di una vision condivisa in un team di lavoro, la facilitazione del processo di innovazione di un prodotto/servizio o la risoluzione di un problema complesso all’interno di un’organizzazione.
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Ora, per darti anche qualche dettaglio in più rispetto all’ultimo articolo che ho scritto, ti racconto diversi esempi di applicazione che ho seguito in prima persona; per ragioni di privacy e riservatezza sia personale che aziendale, non potrò fornirti dettagli specifici.
LSP per il personal development
Il primo esempio che ti racconto è quello di Marcello (nome puramente di fantasia), un manager con davanti a se un bivio professionale molto importante.
Si tratta di un progetto di personal development in cui LEGO® SERIOUS PLAY® è stato lo strumento abilitante che ha permesso una profondità di analisi rispetto alle aspettative di Marcello e, soprattutto, a ciò che lui vivesse come “pain” (paure).
© foto: Daniele Radici - uno dei due modelli finali realizzati da “Marcello”
Il lavoro fatto con Marcello è servito a identificare una serie di variabili sulle quali concentrare i suoi sforzi e comprendere quali potessero essere le migliori alternative di una o dell’altra strada. Per fare questo, dopo una serie di passaggi, si è giunti alla realizzazione di due diversi modelli, ognuno dei quali rappresentava le aspettative di Marcello sotto forma di “aspirazioni e ambizioni”.
Commentando e “giocando” con i due modelli, eliminandone elementi e creandone delle altre versioni intermedie, Marcello è riuscito a prendere una scelta con una maggiore consapevolezza e vision; una scelta alla quale è arrivato lavorando sui suoi modelli e non con miei consigli o spunti.
E’ importantissimo questo passaggio poiché, soprattutto nelle dinamiche di sviluppo personale, il ruolo del facilitatore non è quello di “consigliare decisioni”, ma bensì quello di “abilitatore alla comprensione” del modello che il partecipante realizza come risposta alla una domanda specifica posta a inizio workshop.
LSP per la fusione di due PMI
Uscendo dalla dimensione personale vista con il progetto di Marcello, il secondo caso che ti racconto riguarda il percorso di fusione tra due aziende (PMI con 40 dipendenti la prima e 80 la seconda); il metodo LEGO® SERIOUS PLAY® in questo caso è stato utilizzato sia per accompagnare i due imprenditori nella realizzazione di una vision condivisa, sia per simulare degli scenari strategici con un team più allargato di partecipanti (un totale di 6 persone al secondo tavolo di lavoro).
Nella prima fase si è lavorato con LSP per far emergere sia la vision dei due imprenditori che le loro attese; punti di coesione e punti diversità sono stati discussi e “guardati in modo tridimensionale” così da raggiungere un punto d’incontro e, soprattutto, porre le basi per una decisione condivisa.
Nella seconda fase, estesa anche ad altri quattro colleghi provenienti dalle due aziende, l’obiettivo è divenuto più di natura strategico/progettuale: in due sessioni ho utilizzato LSP per far identificare al team lo scenario “to-be” di riferimento, partendo (come prevede il processo) da diversi modelli individuali per poi raggiungere un modello condiviso. In seguito si è lavorato sul contesto esterno e sui fattori abilitanti (e non) di quello scenario in modo da avere una visione a 3D della complessità del sistema attorno alle loro aspettative.
La parte finale del progetto è stata la più “movimentata” poiché, identificata una serie di possibili eventi, ho aiutato il team alla fase di Real Time Strategy, uno dei momenti di “play” (simulazione ed esplorazione) in cui si effettua una vera e propria prototipazione del sistema costruito: si simula l’accadimento di un evento, si verifica “dove” questo evento ha impatto sul sistema e si discute in modo da capire come il team agirebbe nel caso di quell’evento specifico.
LSP per disegnare una vision condivisa
Il terzo esempio che ti racconto è invece legato alla definizione di una vision condivisa di un nuovo network di imprenditori appartenenti a diversi settori industriali il cui punto comune di contatto è l’innovazione.
© foto: Daniele Radici – la vision del network dedicato all’innovazione
In questo caso ho dapprima guidato i partecipanti nella realizzazione di un modello di identità condivisa (la grossa base verde al centro del tavolo), per poi entrare maggiormente in dettaglio sulle aspettative (sessione 1) e sui rischi (sessione 2) legati a questa iniziativa. Così facendo è stata realizzata una mappa visuale e tridimensionale dello scenario al quale si stanno affacciando questi giovani imprenditori ed è stato facile individuare subito gli aspetti critici su cui porre l’attenzione.
Rispetto all’esempio precedente delle due imprese in fase di fusione, questo è sicuramente un caso meno complesso sia per finalità che per tempistica: nel primo caso abbiamo lavorato su più sessioni da 4/6 ore mentre questo ultimo esempio è stato condensato in una mattinata di workshop con ritmi abbastanza rapido ma efficaci.
Spesso capita che i progetti di natura strategica e/o di problem solving complesso siano composti da più sessioni di lavoro e capita che queste si conducano utilizzando non solo la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY®; ti faccio questa precisazione poiché spesso LSP viene usata in modo integrato con altre metodologie (io spesso la unisco al Metaplan – per il problem setting – oppure al Business Model Canvas – per la definizione di modelli di business) e, soprattutto, LSP viene utilizzata come “strumento per raggiungere un obiettivo”…per questo motivo diffida sempre da chi ti dirà “ti vendo un workshop LSP di team building” senza nemmeno approfondire il tema e l’obiettivo, poiché in quel caso ti sta vendendo un potentissimo strumento in modo totalmente scorretto e senza fornire una reale finalità al workshop (…e forse potrebbe non essere nemmeno un facilitatore certificato).
LEGO® SERIOUS PLAY® è una metodologia che si utilizza con molte finalità come la risoluzione di problemi, la condivisione di decisioni e il processo di real time strategy… ma LSP non è una metodologia finalizzata al team building, quello è un piacevole “side-effect” che si ottiene grazie al processo ed al ruolo del facilitatore.
Proprio sul tema, tra le altre cose, si è mosso in prima persona Robert Rasmussen (co-fondatore di LEGO® SERIOUS PLAY®) che ha deciso di dedicare ai partecipanti della LSP Fest tenutasi ad ottobre 2016 a Milano il video riproposto sotto, che gli amici di Cocoon Projects (punto di riferimento per lo stesso Robert Rasmussen e la Association of Master Trainers in the LEGO® SERIOUS PLAY® Method qui in Italia) hanno messo a disposizione di tutti. Sono pochi minuti, per cui se sei arrivato fino qui, ti consiglio di “chiudere in bellezza” con le parole di Robert! #hardfun