Cosa si intende quando si parla di Social Recruiting?
In molti casi, quando i datori di lavoro eseguono il controllo delle referenze sui loro impiegati, si fa riferimento a una verifica di eventuali precedenti penali delle persone che lavorano per loro, o che progettano di assumere. Questo tipo di controlli può anche comprendere delle verifiche rispetto alle esperienze di lavoro precedenti, all’istruzione conseguita o alle certificazioni professionali possedute.
Negli ultimi anni però questa attività si è spostata anche sulle piattaforme social, per cui se da un lato c’è il candidato, che dopo l’invio di un curriculum o prima di un colloquio, cerca informazioni online sull’azienda, dall’altra ci sono i selezionatori che si trovano sempre più ad effettuare una verifica delle competenze andando a cercare i profili social dei candidati.
In principio era LinkedIn, il social deputato a questo tipo di finalità, poi pian piano si è approdati a Facebook, Twitter, e altre piattaforme. In particolare ciò su cui vanno ad indagare i recruiter nel processo di selezione sono le relazioni online; i candidati con una buona rete sembrano essere quelli che hanno maggior successo, che ottengono migliori risultati in termini di contatti professionali e dunque maggiori possibilità di assunzione.
Ma quanto può essere efficace per le aziende investire del tempo nel Social Recruiting?
Di certo, ci sono elementi positivi in questo nuovo tipo di approccio alla ricerca dei candidati, ragion per cui le aziende ritengono sempre più utile, se non indispensabile, capire cosa emerge dai profili social. Ma al contempo esistono delle questioni legate alla privacy che non vanno prese con leggerezza.
Vediamo un’analisi dei pro e dei contro legate a questo controllo delle referenze sui social, da tenere in conto prima di mettere in atto un processo di selezione. E, nel caso vogliate approfondire il tema, vi consigliamo il nuovo libro Social Recruiter. Strategie e strumenti digitali per i professionisti HR, edito da Franco Angeli per la collana Professioni Digitali.
Pro
Scoprire chi è realmente il vostro candidato
Quello che le persone postano su Facebook o Twitter è, il più delle volte, il loro vero modo di essere, senza troppi filtri, come se fossero seduti attorno a un tavolino a chiacchierare con gli amici.
Se di certo un colloquio è utile a identificare la persona che corrisponda al profilo che si sta cercando, è anche vero che pochissime persone si sentono a loro agio a parlare di sé e a far emergere quanto di più vero corrisponda al proprio modo di essere, soprattutto in un ambiente in cui ci si sente giudicati e sotto esame.
Il più delle volte si mette in atto una narrazione di sé che ci si è costruiti nel tempo per identificarsi nel "candidato ideale". A volte questa narrazione è reale, altre può invece essere fin troppo costruita e perdere di credibilità. Pertanto, la possibilità di poter esaminare i profili online prima di un eventuale colloquio, ha il vantaggio di fornire più informazioni in merito a chi si sta esaminando, di cogliere tutte quelle sfumature sulla persona che normalmente non si avrebbe modo di conoscere.
Come si relaziona con le altre persone? Quali sono i suoi interessi? Tutto ciò che scriviamo e postiamo ogni giorno sui social va a creare una sorta di portfolio della nostra identità, una vetrina che mostra al mondo esterno cosa pensiamo, in cosa crediamo, a cosa ci interessiamo.
Tutte informazioni che un recruiter può sfruttare per capire chi ha di fronte, valutando dunque la persona non solo per le competenze e le esperienze professionali acquisite, ma anche per il suo modo di essere, per la sua personalità.
Quello che un curriculum vitae non vi mostrerà mai
Non sempre le informazioni che si possono ottenere da un controllo preventivo dei social potranno essere utili o esaustive ai fini di un processo di selezione. Tuttavia, ci sono dei casi in cui diventa invece uno strumento molto utile per farsi un’idea ben precisa di chi si ha di fronte.
Può succedere, ad esempio, di esaminare un candidato che durante il colloquio vi ha fatto una buona impressione, mostrandosi amichevole e aperto, salvo poi scoprire che su Facebook o Twitter ha ceduto a commenti razzisti o discriminanti sul piano sessuale e/o religioso. Oppure di scoprire che il candidato ha la cattiva abitudine di sparlare online del suo capo o dei suoi colleghi.
Di certo, nessun datore di lavoro vorrà assumere qualcuno che, appena uscito dal luogo di lavoro, possa parlare male di lui o della propria azienda, o peggio ancora alimentare dibattiti con contenuti discriminatori.
Altri tipi di verifiche degli antecedenti che normalmente vengono messe in atto non riveleranno in alcun caso questi difetti, eccezion fatta per le verifiche di occupazione, perciò i social media possono essere un grande strumento per capire cosa e come comunicano le persone.
Contro
I limiti della privacy
Sì è vero, potenzialmente si possono acquisire molte più informazioni da una verifica delle referenze tramite i social che non da un colloquio.
Detto ciò, trovare le persone su LindedIn, Facebbok o Twitter e accedere a queste informazioni è lo scoglio più difficile da superare.
In primis perché, sebbene la maggior parte delle persone possiedano un account non è necessariamente detto che il vostro candidato rientri tra queste persone. I ‘social scettici’ esistono e non sarebbe eticamente corretto escluderli da un processo di selezione solo perché hanno deciso di non essere presenti online.
Punto secondo, anche qualora i candidati siano presenti in rete non necessariamente le loro informazioni e attività sono visibili a chiunque. I filtri sull’impostazione della privacy potrebbero precludervi l’accesso alle loro bacheche, a meno che non si rientri nella cerchia dei loro amici.
Dunque può accadere che le aziende che decidono di selezionare i propri candidati attraverso uno screening dei loro profili social, si ritrovino poi a perdere tempo senza riuscire a trovare ciò che stanno cercando.
Il fattore discriminante che si cela dietro le informazioni
Se da una parte ci troviamo di fronte a candidati molto attenti alla loro privacy, dall’altra ci sono quelli che hanno un profilo pubblico, accessibile a tutti. Ecco che allora si può tranquillamente accedere ad informazioni personali, qualora specificate, quali età, appartenenza religiosa o orientamento sessuale, oppure leggere conversazioni e discussioni nelle quali il candidato ha espresso delle posizioni politiche. Dunque, tutte informazioni che un datore di lavoro non dovrebbe considerare in un processo di selezione.
Ma un recruiter che accede a questo tipo di dati e attività potrebbe, coscientemente o no, trovarsi a scartare un candidato che ad es. non condivida la sua stessa posizione politica o mettere in atto egli stesso una discriminazione in base all’orientamento sessuale, religioso o alla stile di vita condotto. Questo tipo di controllo può dunque portare all’emergere di pregiudizi difficili da eludere, portando il vostro business su un terreno legale controverso e scivoloso.
Social Recruiting e Digital Reputation
I social media dunque possono dirvi sicuramente di più circa una persona, ma non possono sostituire le fonti di verifica tradizionali. Una ricerca e un accertamento dell’assenza di precedenti penali o altri tipi di controlli restano comunque importanti, a prescindere che decidiate di sapere di più sui vostri candidati analizzando i loro profili.
Al contempo non vanno sottovalutate le questioni legate alla privacy e alla legalità che possono rendere l’esame delle credenziali attraverso i social piuttosto rischioso.
Ma, al di là delle opportunità o meno offerte dai social media, viene da domandarsi quali strade potrebbe aprire questo nuovo approccio al mondo del lavoro. Quante aziende hanno negli ultimi anni escluso potenziali candidati dalla selezione in seguito alla pubblicazione di contenuti o foto improprie sui loro profili social? Si può affidare a un algoritmo la possibilità di trovare lavoro? Dovremmo preoccuparci di dare lo stesso peso a ciò che facciamo online come se lo facessimo nella vita reale?
Non c'è una risposta univoca, ma di certo è consigliabile per un’azienda valutare i pro e i contro di questo approccio, per capire se valga effettivamente la pena investire in questa attività. D’altro canto, a fronte di questo approccio al mondo del lavoro, quanti candidati in cerca di occupazione sono consapevoli della rilevanza professionale dei propri profili personali? La consapevolezza di ciò aiuta a non farsi trovare impreparati. Ecco allora che investire nella cura della propria Digital Reputation non può che essere un ottimo modo per presentarsi nella maniera più idonea e credibile, e di certo può fare la differenza in un contesto lavorativo in cui il Social Recruiting diventa sempre più centrale.