Negli ultimi anni i pedagogisti e gli educatori, laddove i primi si occupano dei progetti educativi e i secondi dell'azione educativa, si sono ritrovati a fare i conti con nuove sfide derivate dai social media. L'utilizzo di questi da parte dei millennial (i nati tra il 1982 e il 2004), e in particolare della generazione z (ossia i nati dal 1995 fino al 2010) ha prodotto nuovi quesiti, nuove domande cognitive a cui i ricercatori lavorano per trovare risposte.
Quali sono le caratteristiche chiave dei social media e che importanza possono avere oggi per l’educazione e l’apprendimento? Quali sono i limiti e quali le opportunità? I processi educativi devono modificarsi in funzione di un'era digitale in continuo mutamento?
Non avremo la presunzione di rispondere a queste domande: non siamo nel luogo adatto e non ne abbiamo le competenze. Possiamo però indagare il mondo dei social media, e offrire spunti di riflessione sul delicato tema dell'educazione.
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Negli ultimi dieci anni la crescita delle piattaforme social, all'interno dell'ecosistema del web 2.0, è stata significativa. Come sottolineò Mark Zuckerberg, ormai sette anni fa, «stiamo andando verso la costruzione di una rete web dove la condizione di base sarà quella sociale» (BBC News, 2010). Oggi i social media sono perciò il cuore dell’uso delle tecnologie digitali, pertanto il tema richiede attenzione continua della comunità educativa.
I potenziali benefici motivazionali
Come disse Zygmunt Bauman, i giovani della generazione z non conoscono una vita che non sia interconnessa, poiché «nati in un mondo intessuto da una connettività cablata, con fili o senza fili».
Come sottolineato dai ricercatori Mason e Rennie, «gli spazi comunitari condivisi e la comunicazione tra gruppi costituiscono la parte predominante di ciò che entusiasma i giovani, contribuendo alla loro perseveranza e motivazione nello studio». L'architettura social mediale non stimola soltanto le motivazioni e l'interesse degli studenti, ma aumenta l'uguaglianza tra essi, poiché è un ambiente in cui tutti possono controllare i contenuti, creali, fruirli. Ad esempio, John Willinsky parlando di Wikipedia, afferma come «oggi uno studente che faccia anche la più piccola correzione ad un articolo di Wikipedia dà, in pochi minuti, un contributo allo stato della conoscenza pubblica maggiore di quanto non fossi capace di fare io durante l’intero periodo universitario».
Educare ai social media, apprendere con essi
Pedagogisti ed educatori ritengono che oggi i social media siano in grado di offrire alternative all’offerta formativa che caratterizza le istituzioni educative tradizionali. L'uso dei social implica, per esempio, che i ragazzi siano prosumer piuttosto che consumer, ossia partecipino attivamente alla produzione di conoscenza. Inoltre, secondo Lee e McLoughlin, l’apprendimento dovrebbe essere un «processo sociale partecipativo» che sostiene gli obiettivi e i bisogni della vita di ciascuno. Molti pedagogisti, perciò, iniziano a sostenere che i social media possano essere usati a sostegno di quello che Goodyear e Ellis chiamano «apprendimento serio centrato sullo studente». Piattaforme come Facebook, YouTube e Twitter, incontrano queste teorie, non fosse altro che per la conformazione tecnologica di rete sociale, orizzontale.
Ancor prima di apprendere con i social media, è necessario offrire agli studenti un'educazione a essi, ossia la capacità di capirne i funzionamenti, le opportunità e le minacce. Da questo punto di vista, la sfida più urgente per gli educatori è quella di trovare un equilibrio tra la conoscenza dei mezzi tecnologici e il loro possibile utilizzo come fonte per un nuovo modello di insegnamento. Un nuovo metodo basato sulla libertà dell'individuo, dello studente, nel scegliere il percorso educativo sulla base delle sue inclinazioni, su ciò che lui produce e condivide, sulle sue passioni.