Matteo Achilli ambassador per una campagna di Influencer Marketing?
Ebbene sì, grazie alla scelta del noto brand di moda Manuel Ritz. Una campagna di un anno fa riproposta con l'uscita del film The Startup, inserendola nell'attuale #manuelritzclan. Una volontà di visibilità molto chiara: gran parte dei contenuti social delle ultime settimane di Manuel Ritz vedono protagonista Matteo Achilli.
La campagna #manuelritzclan
Un progetto, #manuelritzclan, focalizzato totalmente sulla collaborazione con influencer. Questi diventano infatti rappresentanti della filosofia e della mission del brand. Un legame tanto forte da far nascere una vera e propria crew di ambassador.
Andrea Iannone, Filippo Magnini, Fabio Basile: ecco alcune delle figure coinvolte da Manuel Ritz. Una campagna che lavora molto a livello d'immagine, sulla creazione di contenuti brandizzati dagli influencer.
L'analisi del ruolo di Ambassador di Matteo Achilli
La visibilità degli ultimi mesi di Matteo Achilli è uno degli elementi che più possono convincere un'azienda, con l'awareness e l'ampia audience a cui poter parlare e mostrare i propri prodotti. Una visibilità che è però strettamente legata ai media classici (TV e stampa) e non a quelli dove la campagna dovrebbe vivere (digitale).
Analizzando i contenuti che vedono coinvolto Matteo Achilli da inizio 2017 ad oggi con Crimson Hexagon ed il supporto di The Fool è facile capire come il volume su web e social sia molto inferiore a quanto ci si aspetti o almeno all'eco ottenuto su giornali e televisioni.
Sono appena 1.053 i contenuti trovati, 998 dei quali nell'ultimo mese. Dati interessanti a livello quantitativo, ma non certamente sorprendenti (si pensi a quelli di Fedez nella campagna con Perugina).
Il problema Reputation
Quando si collabora con gli influencer si mette nelle loro mani l'immagine del brand. Proprio per questo è importante valutare attentamente la reputazione della figura che si vuole coinvolgere, dato che i suoi scheletri nell'armadio rischieranno di portare danni al brand se emergessero. Ed è proprio qui che la scelta di Matteo Achilli fa nascere più di un dubbio.
Se è vero che l'uscita del film e il grande clamore generato su Egomnia hanno portato visibilità, lo è altrettanto che tutto ciò ha portato la risposta negativa di gran parte del mondo digital/startup italiano. Il netto incremento di contenuti su Achilli dell'ultimo mese è strettamente legato ad un sentiment altamente negativo.
Il 47% di negative "racconta" molto bene l'appeal generato dal fenomeno Achilli, qualcosa che non è certo utile al brand e che non può essere giustificato con la sola, seppur grande, visibilità. La natura puramente d'immagine della campagna è infatti il limite che pone ancora più peso al sentiment: in questo tipo di attività "il volto" e la reputazione sono infatti tutto.
L'impatto di Matteo Achilli sulla campagna #manuelritzclan
La reputation è certamente negativa, ma come ha impattato (se lo ha fatto) sulla campagna #manuelritzclan? Basta continuare l'analisi per capire quanto Manuel Ritz e la campagna siano un aspetto praticamente inesistente nell'universo Matteo Achilli (altra nota a dir poco negativa). Nei contenuti web e social sul topic Matteo Achilli non c'è praticamente traccia del brand.
Non va certo meglio con i risultati dei post social. Se analizziamo i contenuti Instagram dei canali di Manuel Ritz o di Achilli troviamo una media inferiore a 100 interazioni per post. Poco per una campagna che dovrebbe essere di grande impatto.
Conclusioni
Dati alla mano la scelta di Achilli pare più il tentativo di cavalcare l'onda del successo dell'uscita del film The Startup più che una vera campagna di ambassadoring. Attenta al "purché se ne parli" più che ha creare reali vantaggi a lungo termine per il brand. Un'attività più vicina all'advertising puro che non alla doverosa partnership che deve esistere quando si collabora con un influencer.
La reputation altamente negativa porta poi più rischi che vantaggi, anche perché appena si calmerà la polemica sul film verrà meno l'esposizione di Achilli e con essa forse l'unica nota positiva della partnership. Una partnership più condizionata dal mondo e dai canali offline che non da quelli digitali, ma che vive proprio nella contraddizione di dover vivere e creare performance in quest'ultimo.