Immerso per forza di cose (tra taxi, buzz urbano, web, etc…) nel complesso territorio mediatico della contemporaneità non ho potuto esimermi dall’essere testimone (e artefice) di un’ennesima aberrazione dei nostri tempi.
Ero sveglio nel B&B di Roma quando, alle 3.30 circa, c’è stata la grande scossa. Il mio primo pensiero è stato: “cazzo qui da qualche parte c’è stata distruzione”! Il ricordo è volato al 1980 quando nelle braccia impaurite di mio padre ho visto cadere il ciminiere della fabbrica di Passiano, la mia casa rovinata, i morti a pochi km dalla mia cittadina…
Accendo la TV ma nada; neanche il sito ANSA mi dava informazioni in tempo reale. Ero in ansia per i miei, ma nell’incertezza non volevo svegliare nessuno telefonando a casa. D’istinto sono entrato in Facebook ed ho provato la stessa meraviglia che ho ogni anno per la primavera: come i fiori di ciliegio in questi giorni, spuntavano a “ciocche” i vari topic di sonnambuli ed oltranzisti del 2.0 che, inconsapevolmente, cooperavano per restituirmi la mappa dell’evento che cercavo:
1) L’epicentro è a L’Aquila;
2) A Salerno si è sentito poco e non ci sono stati danni -> miei sono salvi;
3) Non corro (e chi lo dice) per ora rischi a stare qui.
Lo stato di necessità ha indotto una risemantizzazione della funzione per cui era stato creato (vedi qui) e Facebook riusciva a fungere da antidoto al naturale disorientamento che un evento del genere può provocare!
Ahimè la fase utile è durata poco. Come sempre nel momento in cui gli eventi storici diventano eventi mediali i media passano dall'essere strumento di testimonianza ad artefici della storia. È la prima tragedia italiana che viviamo in massa su Facebook, ed ho osservato che, così come accadeva in TV (emblematica l’esaltazione del TG1, che vi mostriamo qui sotto), anche nella dimensione sociale del web 2.0 il mezzo non contribuiva semplicemente una alterazione dell'evento in sé, ma ad una trasformazione qualitativa della natura stessa dell'evento che da catastrofe naturale diventava (in termini lacaniani) il suo eccesso osceno: un ennesimo volgare caso di giornalismo (mainstream o citizen che sia) emotivo!
Quando Neo, il protagonista di Matrix, viene scollegato dal megacomputer che lo teneva prigioniero e lo illudeva di vivere in un mondo che reale non era, Morpheus, il capo della resistenza, lo accoglie in un paesaggio di rovine bruciate: “Benvenuto nel deserto del reale!”.
La memoria ritorna indietro a qualche hanno fa, quando la stessa accoglienza me la riservò uno dei filosofi più provocatori di oggi in una sua riflessione sugli eventi dell’11 settembre che dalla celebre citazione di Matrix traeva il titolo.
Rovesciando l’interpretazione comune che vede in questa tragica data il prepotente ingresso della “realtà vera” nella nostra quotidianità troppo spesso fatta di televisione e immaginazione mediatica, Slavoj Zizek sosteneva che il crollo delle torri fosse piuttosto la realizzazione di una fantasia distruttiva originata e costantemente alimentata da tanta cinematografia e letteratura catastrofista americana, qualcosa che finora avevamo solo immaginato con terrore.
Lavorando per analogia ho pensato che davvero in un momento come questo, dove la “paura” sembra l’emozione fondativa del mood del paese (si parla solo e sempre di SICUREZZA), così come fu per il crollo delle torri su scala mondiale, il crollo della Basilica delle Anime Sante de L’Aquila contribuisce e concorre alla materializzazione dei nostri incubi. È per questo, per dirla alla Zizek, psicologicamente molto più difficile da elaborare di qualunque “ritorno alla realtà”.
Così come fu per l’11 settembre la fantasia catastrofica è ancora una volta diventata realtà! Allora tale realtà ci risultò insopportabile e ci siamo inventati una sua forza mediatica, continuando a guardarne la riproduzione televisiva, quasi a convincerci che non si trattava altro che di un ennesimo film.
Oggi, ai tempi del 2.0, oltre a guardare la sua riproduzione televisiva i pubblici hanno uno strumento in più: la possibilità di co-generarne la narrazione ed i risultati, ahimè, non sono dei migliori devo dire!
A parte una risposta istituzionale 0.9 beta (non avevamo nessun dubbio!), quello che mi preoccupa è che è sacrosantamente vero che una democrazia funziona quando viene dal basso, quando il popolo ha maturati i giusti strumenti critici per sostenerla. Non fu così per questo Bel Paese ai tempi degli alleati, non è stato così con il 2.0 che non è riuscito a permeare in una cultura ancora molto accentratrice ed egemonica e che serve solo quando è asservito agli ideali degli stessi alleati: non una etica della condivisione ma quello che è calato dall’alto sulle masse è il fenomeno Facebook, complici giornalisti e media mainstream, nelle sue accezioni più modaiole ed ignoranti!:(
L'unica possibilità di rottura e inversione di un processo di mercificazione rispetto a cui (almeno in Occidente) non sembra più esserci un fuori, è l'invenzione di una nuova collettività, quella in cui noi crediamo, quella del 2.0 fondata sui valori e sull’etica della solidarietà, della cooperazione, dello scambio… Ma le catene di S.Antonio, le corsa al gruppo con più iscritti e la gara per la maggior dimostrazione di tristezza nel proprio stato di Facebook a cui sto assistendo in questi giorni sono ben lungi da tutto questo!
Il risultato finale della soggettivazione globale non è la sparizione della 'realtà oggettiva', ma la sparizione della nostra stessa soggettività, trasformata in uno stucchevole capriccio mentre la realtà sociale continua il suo percorso. Ma il discorso è lungo e da Oriente ad Occidente saranno migliaia i terremoti (non solo geofisici) che ci attendono. Dal covo dei Ninja non possiamo fare altro che osservare, tentare di capire, per poi agire di conseguenza. Faremo tanti sbagli, è sicuro. Ma almeno cercheremo di non morire nell’abisso dell’oblio tradizionalmente inteso o 2.0 che sia!
La mancanza di vita dell’uomo contemporaneo, la noiosa monotonia da cui è attanagliato, è riconducibile alla ricerca della sicurezza come valore in sé, alla paura verso qualsiasi cosa che possa provocare squilibrio. Invece, quel che rende la vita degna di essere vissuta è proprio l’eccesso di vita, la consapevolezza che esiste qualcosa per cui si è pronti a rischiare la propria esistenza. Dunque, solo quando si è disposti a correre il rischio dello squilibrio si è veramente vivi.
Ora sparateci pure addosso, se scriviamo questo post non è per farci belli ma perché siamo onorati che i nostri ninja Daniele e Felicia abbiano utilizzato Facebook nel modo che sembra a noi giusto: per capire cosa stava succedendo e per organizzarsi e passare subito al momento più utile, quello dell’azione. Lasciando a Vespe, tg e smanettoni del web il ruolo di gingillarsi con una estrema, falsa, ipocrita solidarietà da bar dello Sport.
Il tutto nella consapevolezza che la società e con essa i nuovi strumenti di comunicazione ci presentano un territorio sempre più complesso che va usato con intelligenza e senso critico.
Ammesso che il nostro telos sia quello di ri-costruire e di farlo in maniera solida, progettuale, lungimirante…. Altrimenti il futuro non potrà che riservarci nuovi e più devastanti terremoti.