Green Marketing. Il manifesto. è finalmente uscito in Italia tradotto con un saggio finale dei nostri ninja Alex e Mirko. Ne trovate un estratto in pdf qui.
Il libro di John Grant si legge in un sorso ma è molto complesso e denso e può essere analizzato sotto molti punti di vista
Può essere visto come un libro di stampo manageriale, perché con una lucida capacità di analisi John Grant riesce a costruire una matrice in cui far rientrare le possibili azioni di marketing green, intersecando su un asse la “quantità di verde” (verde, più verde, verdissimo), sull’altra la dimensione su cui il marketing vuole agire, aziendale, sociale e personale.
Può essere visto anche come un piccolo tesoro per ritrovare le più interessanti case-history green; forte della sue esperienza come consulente in questo campo, l’autore presenta moltissimi case interessanti, generalmente di stampo anglosassone, ma innovative e vincenti.
A mio parere, però, il libro è ricchissimo di spunti sul futuro prossimo del marketing. John Grant è categorico nell’affermare sin dall’inizio due concetti essenziali:
1) Obiettivo del marketing è fare profitti per l’azienda e qualunque principio o pratica che non riesca a soddisfare questo obiettivo è di per sé fallimentare. Quindi niente sentimentalismi o ipocrisie, il marketing green funziona se riesce a generare profitti
2) Il marketing green non è una tattica da usare per farsi belli, non è greenwashing: è un principio che va abbracciato e deve pervadere l’azienda in tutte le sue azioni.
Se da un lato l’autore riconosce che l’obiettivo del marketing è generare profitti, dall’altro avverte che nel mondo contemporaneo le aziende non possono più comportarsi senza tenere conto delle conseguenze sociali delle loro azioni. Oggi, grazie soprattutto al web, i consumatori sono informati, discutono tra loro anche su scala mondiale, scelgono e premiano comportamenti virtuosi e di attenzione al sociale. In questo senso green ha un’accezione più ampia che ecologico, di riferisce quasi a una dimensione etica dell’azienda.
Nell’ultimo capitolo, dopo aver preso in esame tutte le possibili azioni di marketing green l’autore delinea un possibile scenario futuro che definisce post-Brand; il nuovo marketing che si sta delineando non è il ritorno ad un’età mitica in cui tutto era deciso in base a scelte solamente funzionali come vorrebbero farci credere alcuni ecologisti duri e puri (e il liberismo classico aggiungerei). Al contrario il nuovo marketing deve lavorare maggiormente sui significati e sugli attributi sociali in modo autentico e non artificioso, proprio come sostiene il marketing mediterraneo così cari a noi ninja.
Le marche sono nate per creare un percorso di significazione intorno ai prodotti, per dare loro una personalità che li facesse apparire come familiari e appealing; lo scenario del marketing post-Brand rimischia le carte: non è de-personalizzato, ma al contrario la personalizzazione è ancora più forte, personalizzazione che non è però quella artificiosa e artificiale del Brand, ma quella del marketing in prima persona.
Grant lo definisce marketing di prima mano perché demolisce molte intermediazioni restituendo un contatto più diretto tra chi produce e chi consuma e ristabilendo relazioni. Per dirla con l’autore:
Prima mano significa franchezza, autenticità e relazioni personali. È la fine di un’illusione. L’illusione era che i prodotti di massa potessero assumere una personalità simbolica per controbilanciare l’artificialità e l’alienante sensazione di uniformità industriale. L’immagine era un sottoprodotto dell’età del broadcasting. La rivoluzione di Internet ha portato a nuove connessioni tra persone (peer-to-peer) (...) La struttura post-Brand è di prima mano perché i media sono di prima mano.
Post scritto da Sara Magliola.