Negli ultimi anni i governi di molti paesi hanno sposato le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione per fornire migliori servizi ai cittadini e creare migliori forme di governo. Il web in particolare si pone come la forma dominante di comunicazione e circolazione delle informazioni nella società contemporanea, capace di riconfigurare il modo di fare campagne elettorali, la partecipazione politica dei cittadini, il loro dialogo con il potere, e i modi stessi del governo.
In questi scenari, la nozione di open government si situa al centro di molti di questi dibattiti sul modo in cui la rete diventi uno strumento cruciale per la democrazia e per assicurare la trasparenza che le è vitale. L’open government come insieme di problemi e nuovi scenari ci sembra interessante in particolare perché rappresenta il momento in cui l’istituzione riconosce che i nuovi strumenti della comunicazione sono capaci di trasformare - in meglio - il modo in cui i cittadini interagiscono con i governi, e in particolare con l’informazione dei governi.
Gli Stati Uniti d’America, nel campo della politica 2.0, sono spesso stati l’avanguardia rispetto al resto del mondo - si pensi alla campagna di Obama. Oggi, un white paper dell' Aspen Institute e della Knight Foundation individua i punti chiave per un open government che sfrutti appieno il potenziale dei media 2.0.
Il rapporto esamina il modo e le ragioni per cui i governi, ad ogni livello, ma in particolare a quello locale, dovrebbero sposare le nuove tecnologie 2.0 e nuovi strumenti per la comunicazione e la partecipazione dei cittadini come i social media.
Gli autori propongono una strategia in sei punti per una migliore apertura e trasparenza delle istituzioni politiche e nazionali, e per permettere una migliore partecipazione nella scelta politica per i cittadini.
Strategia 1: creare un gruppo di lavoro a livello nazionale formato da direttori nel campo del ICT per discutere dello sviluppo di standard di concezione e di realizzazione di iniziative 2.0 e di controllo dell’informazione a livello locale.
Strategia 2: creare le condizioni per favorire lo sviluppo di applicazioni di interesse pubblico con partnership tra soggetti pubblici e privati o di bandi o di donazioni private. Questa strategia avrebbe l’obiettivo di associare diversi soggetti - stato, cittadini, fondazioni, impresa - per espandere il pool di talenti e strumenti disponibili per i nuovi leader politici e tecnologici.
Strategia 3: alleggerire le procedure di acquisizione di nuove tecnologie - da un desktop computer, a sofisticati strumenti e sistemi di informazione per web e mobile - in modo da favorire e rendere più flessibile l’uso di nuove tecnologie da parte di enti e governi locali e nazionali.
Strategia 4: sviluppare l’accesso a banda larga per assicurare che ogni cittadino possa utilizzare le risorse di e-government. Investire in istituzioni quali biblioteche, scuole, centri di aggregazione, università etc… permetterebbe non solo di offrire più accesso a più cittadini ma stimolerebbe anche un uso intelligente e un’offerta di formazione per una coscienza civica digitale più sensibile.
Strategia 5: il governo deve creare contenuti che sono accessibili a tutta la popolazione indipendentemente dall’estrazione sociale, dall’educazione e dalla lingua. L’uso di efficaci strumenti multimedia e di infografica ad esempio permetterebbe un accesso più universale ai contenuti.
Strategia 6: promozione di collaborazioni tra settore privato e pubblico per la creazione e lo sviluppo di competenze votate all’innovazione. In particolare, questo punto contemplerebbe uno sforzo nazionale per creare delle offerte formative nazionali di strategie 2.0 e governo IT che siano sostenute da un forte stimolo nazionale, ma che rimangano legate al settore privato e quindi votate alla disseminazione di applicazioni consumer-oriented.
Quante analogie fra questi sei punti, una vera roadmap per l’open government negli USA, e l’agenda digitale italiana?
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