Il 16 luglio 2010 in Europa si è verificata un piccola grande rivoluzione: in Islanda - primo caso nel vecchio continente - si votò una legge che sanciva l'impunità per tutti coloro avessero diffuso su Internet informazioni riservate di carattere militare, politico e societario, anche coperte da segreto di Stato.
Da quel giorno, la piccola repubblica nord europea è stata indicata dagli osservatori di tutto il mondo come la culla di quel sistema di gestione dell'informazione che trova in Internet il suo centro nevralgico e intoccabile.
Solo in un paese come questo poteva essere realizzato un progetto tanto difficile quanto ambizioso: una proposta di riforma costituzionale scritta con il contributo del popolo, utilizzando la Rete e i social network.
Stjórnlagaráð, questo il nome del progetto, nasce dall'esigenza di rendere i cittadini partecipi e controllori della propria rappresentanza politica, usando il contatto diretto garantito dal web.
Come funziona?
Inizialmente è stato redatto un testo da una sorta di Consiglio Nazionale (la traduzione di Stjórnlagaráð dall'islandese), composto da 25 membri di diversa provenienza sociale: questo documento viene sottoposto settimanalmente all'attenzione dei cittadini attraverso una capillare diffusione sui siti web e i Social Network. I contenuti vengono poi rielaborati dal popolo che così vede prendere forma, passo dopo passo, una proposta di riforma molto fedele alle proprie richieste.
A fine luglio il documento verrà sottoposto all'attenzione del Parlamento che - si presume - lo ratificherà con poche modifiche, rispettando così la volontà popolare.
Stjórnlagaráð è quindi la realizzazione pratica di un'assemblea pubblica estesa a tutti.
Il compito sembra difficile, anche se il popolo islandese è uno dei più "integrati" con il mondo dei Social Network: si pensi che i 2/3 degli abitanti possiedono un account su Facebook.
Gli strumenti per condividere tutte le proposte sono un sito web, Stjórnlagaráð 2011, un canale YouTube, una pagina fan su Facebook e un profilo su Twitter.
Stiamo veramente andando verso una democrazia partecipata a tutti gli effetti? Sembra proprio di sì, e chissà che l'Islanda non diventi un'avanguardia per una trasformazione che contagi tutta Europa... Una trasformazione che oggi sembra indispensabile e non più rinviabile.