Il Team
1. Ciao Stefano e benvenuto su Ninja Marketing, vuoi raccontarci in che modo nasce l'idea di WindQuota?
Ciao! Grazie a te per l’ospitalità! WindQuota è un’idea che avevo in testa da almeno due anni: investire nell’eolico è molto gratificante, ma le barriere d’ingresso sono difficili da superare per chi non ha capitali importanti da gestire. Forte dell’esperienza come community manager e degli ultimi anni passati a studiare e parlare di energie rinnovabili con professionisti e appassionati, ho capito che un meccanismo di crowdfunding affidabile e autorevole è la risposta per tanti che, come me, vogliono agire concretamente a favore dell’ambiente e, contemporaneamente, investire i propri risparmi lontano da quelle stesse banche che hanno contribuito a gettarci nella crisi. La tragedia di Fukushima e le scelte di numerosi governi sul nucleare sono stati la scossa che mi ha fatto dire “è ora di partire”!
2. Come si è formato il team e da quali professionalità è composto?
Siamo in tre: il sottoscritto che si occupa di marketing e comunicazione, mettendo a frutto gli studi accademici e una passione per i nuovi media che mi ha rapito fin da piccolino; Fabrizio Colombo, il quale lavora in banca da 7 anni e si occupa (non solo) di prodotti finanziari, è il fondatore di una piccola società che già installa generatori eolici, quindi sarà il “braccio operativo” e gestirà con me la parte finanziaria; Fabio Lalli, fondatore di Indigeni Digitali e il nostro CTO: grazie a lui offriremo una piattaforma allo stato dell’arte, oltre a contare sul contributo degli Indigeni per quanto riguarda tutta la fase beta. La peculiarità del team è anche lo scambio reciproco delle competenze: con Fabio abbiamo ottime capacità di comunicazione e speech, con Fabrizio abbiamo esperienza nella gestione aziendale e “cash flow”; Fabrizio e Fabio sono ottimi programmatori, con il secondo che ha ottime basi e può aiutare il primo senza grossi problemi. Il beneficio di questa intercambiabilità è il confronto: tutti e tre possiamo contare su un interlocutore “alla pari” e prendere decisioni con un punto di vista più ampio.
Ci siamo conosciuti in rete, con Fabio tramite l’amico comune Davide “Tagliaerbe” e gli aperitivi degli Indigeni Digitali, con Fabrizio sul forum Energeticambiente (dove è un’autorità).
3. Come si pone WindQuota nei confronti dei consumatori, intendete migliorare un servizio già esistente oppure il vostro scopo è quello di creare un nuovo servizio/bisogno?
In rete negli ultimi anni sono nate numerose iniziative di crowdfuding, spesso votate al finanziamento di “giuste cause”, prodotti artistici e startup innovative. Noi vogliamo offrire la stessa formula, applicando un principio win-win nel quale WindQuota ripaga gli investitori dello sforzo fatto, cedendo gli incentivi ricevuti dalle tariffe agevolate per l’energia venduta, rendendo remunerativo l’investimento per 10-15 anni. C’è anche un servizio totalmente nuovo, chiamato “Energy Quota”. Ogni kWh prodotto dalle quote di ciascun investitore viene misurato, informando che – per esempio – la propria WindQuota ha generato abbastanza elettricità per ricaricare un iPhone a emissioni zero per una settimana.
Le caratteristiche del servizio
4. Ci spieghi come funziona il servizio? Quali sono le premialità? Come sono proporzionate alle quote che l'utente paga e all’energia prodotta?
Premesso che WindQuota attualmente è in fase “seed”, e quindi la strategia non è rigidamente definita, posso dirti che indicativamente ogni WindQuota sarà venduta a 50 Euro e durerà circa 15 anni. Da qui ce la caviamo con un po’ di matematica: immaginando che un aerogeneratore da 200 kW costi circa 3000 euro a kW (installato), l’impianto ci garantisce circa 12.000 quote. Oggi un terreno dove installare un impianto eolico non si deve attestare al disotto di 1750 ore/anno, quindi nella peggiore delle ipotesi si tratta di 350.000 kWh prodotti. Gli incentivi offerti dalla Tariffa Fissa Onnicomprensiva ammontano a 0,30 € per ogni kWh prodotto, quindi questo impianto dovrebbe produrre almeno 105.000 Euro/anno “lorde”. Eliminando costi di gestione, manutenzione, canoni d’affitto e piani d’ammortamento, possiamo ragionevolmente tenerci al di sopra di 60.000 euro/anno. Questo valore verrà suddiviso con tutti gli investitori (i 12.000 di cui sopra), a circa 5 Euro per quota e 23kWh prodotti ogni anno. E mi sto tenendo davvero basso, in quanto tutti i terreni che abbiamo opzionato sono al di sopra delle 2000 ore/anno di producibilità stimata.
In una prima fase i generatori disponibili per l’acquisto di quote saranno pochi (altrimenti ci servirebbe un bel po’ di capitale per partire!), in futuro sarà possibile organizzarsi il proprio portafoglio di quote e “puntare” su generatori diversi per assicurarsi un’ottima rendita economica (scegliendo generatori più incentivati), o un’ottima produzione energetica, puntando su impianti più grandi per i quali si hanno buone economie di scala. In quest’ultimo caso il costo per kW scende sensibilmente (si arriva anche a 2000 Euro/kW per il grande eolico), quindi la quota di energia acquisita con 50 Euro sarà superiore, a fronte di remunerazioni annuali allineate alle soluzioni precedenti.
5. Perchè avete scelto un sistema di premialità basato sui virtual goods e non uno che prevede la partecipazione in quote di energia elettrica?
La gestione delle quote in senso “classico” ha alcuni ostacoli burocratici (atti notarili e gestione del capitale sociale per fare un esempio) che non rendono viabile questo tipo d’approccio. I virtual goods inoltre sono una scappatoia alle fee d’intermediazione applicate da chi gestirebbe il flusso di denaro: per piccoli importi offriremo, per esempio, Facebook Credits, garantendo così ai nostri investitori un valore tangibile dall’investimento fatto, senza “bruciare” nulla in costi d’intermediazione. Oltre una certa soglia garantiremo la possibilità di ritirare il credito e trasferirlo su PayPal, ma questo tipo di opportunità è ancora in fase di studio per una corretta implementazione, specialmente dal punto di vista burocratico e fiscale.
6. Come finanziate la realizzazione degli impianti eolici?
La risposta viene dal meccanismo di finanziamento degli impianti offerto dal mercato: nel mini-eolico le banche non accettano come garanzia l’impianto che si vuole realizzare ma, al limite, impianti precedentemente installati e già funzionanti. WindQuota finanzia in proprio il primo impianto, mettendolo in vendita sulla piattaforma non appena entra in funzione: tutti gli investitori quindi acquistano un impianto già realizzato, e cominciano a “produrre energia” dal momento in cui effettuano il pagamento. WindQuota utilizza questi fondi per installare un secondo impianto, affiancando capitale bancario per aumentare le dimensioni e “scalare”.
In questo meccanismo si inseriranno ottime opportunità per i Venture Capital, grazie ai quali potremo installare impianti ancora più grandi e redditizi, giovando di economie di scala da un lato, e aumentando sensibilmente la penetrazione del mercato dall’altra, grazie alla maggiore disponibilità di quote da vendere.
Voglio riportare infine che in questo “gioco” non ci sono vinti: l’invenduto non finisce in magazzino a fare polvere, ma viene pagato dagli incentivi statali. Gli investitori interessati dovranno solo “affrettarsi” a comprare nuove quote perché allo scadere del quindicesimo anno l’impianto cessa di godere di questi incentivi e la rendita annua si riduce a circa un terzo.
7. Il valore dell'energia elettrica prodotta dagli aereogeneratori varia in funzione del valore di mercato dei certificati verdi e dell'energia elettrica. In caso di un calo del valore dell'energia prodotta, connesso ad un calo magari dell'intensità del vento, come farete a garantire sempre gli stessi livelli di premialità?
La risposta a questa domanda è una: rischio imprenditoriale. Anche secondo noi le incertezze di questo mercato provengono più dalle Istituzioni (che possono abbassare gli incentivi stravolgendo la redditività o bloccare i permessi di costruzione) piuttosto che dal vento e dall’affidabilità delle turbine, variabili che vengono accuratamente analizzate negli studi preliminari. WindQuota viene in aiuto anche qui: il capitale totale investito rimane decisamente inferiore rispetto a impianti tradizionali e quindi il rischio “assoluto” diventa molto più sostenibile.
La possibilità inoltre di costruirsi un “portafoglio” di generatori può mitigare questo rischio: puntare su turbine in siti diversi, nel futuro in nazioni diverse, permetterà di abbassare notevolmente il rischio mantenendo invariato il processo di acquisizione e remunerazione.
Voglio comunque riportare la vision di WindQuota: trattandosi di una piattaforma per il crowdfunding intendiamo avviare il prima possibile programmi d’investimento su generatori eolici di nuova concezione, che su carta garantiscono maggiore produzione ma hanno bisogno di investimenti economici importanti, spesso senza l’aiuto delle banche. Il settore, spinto dagli incentivi, adesso vive una situazione di speculazione, al punto che (paradossalmente) si preferisce installare generatori di vecchia concezione (ben collaudati) pur di spremere al massimo queste tariffe, anziché investire su nuove soluzioni che garantirebbero maggiore produzione.
WindQuota, potendo contare su questo principio di diluizione del rischio, offrirà progetti altamente innovativi per la produzione di energia dal vento, condividendo sulla piattaforma rischi e benefici di queste soluzioni.
8. Quali saranno i prossimi passi per la realizzazione di Wind Quota?
Sono sincero: tutto questo è nato da un’insaziabile curiosità di sondare il terreno, lasciando un messaggio sul gruppo Facebook “Italian Startup Scene”, nel quale ho messo il link al sito teaser www.windquota.org.
Da lì si è innescata una spirale positiva di interesse e commenti, ai quali ho risposto senza “nascondermi”, arrivando a fare questa intervista. WindQuota infatti ancora non è sul mercato e abbiamo ancora un po’ di strada da fare.
Posso dirti quello che è stato fatto: abbiamo due terreni opzionati in Puglia e un team, seguito da Fabrizio, che lavora giorno e notte per concludere lo screening del vento previsto e le pratiche burocratiche.
Ho già un business plan piuttosto articolato e abbiamo già candidato il progetto al Working Capital. Nelle prossime settimane proseguiremo su questa strada, cercando fondi di tipo “seed” qui in Italia. Stiamo anche cercando casa, un incubatore intendo, perché in pieno spirito “Indigeni Digitali” vogliamo condividere e confrontarci quotidianamente.
Contemporaneamente stiamo lavorando allo sviluppo di una piattaforma che verrà lanciata al più presto in “closed beta”, concretizzando tutto il percorso d’iscrizione e investimento ma virtualizzando lo screening della produzione energetica e la remunerazione delle quote.
Questo processo ci permetterà di analizzare da vicino i percorsi di navigazione e l’usabilità: io e Fabio siamo concordi sul fatto che un’ottima idea, e il relativo prodotto, non siano abbastanza per conquistare il mercato, e daremo massima importanza all’interfaccia e la “user experience” di chi utilizzerà la piattaforma. Anche in questo caso ci rivolgeremo agli Indigeni Digitali, con i quali costruiremo la prima interfaccia di “green crowdfunding”… in crowdsourcing ;-)
Il Marketing
9. Quali tecniche di marketing impiegherete per far conoscere il vostro servizio?
Mettendo a frutto la mia esperienza come community manager ho già ben chiara una strategia di diffusione virale della piattaforma, ma in questa fase è prematuro parlarne. Ho comunque stanziato un budget abbastanza sostanzioso per vendite/intermediazioni/affiliazioni e digital PR; infine credo che la realizzazione di cene per “raccolta fondi” possa aiutare la crescita dell’azienda: organizzando eventi inaugurali di nuovi impianti sarà possibile far incontrare la community e offrire ulteriori quote.
Il target almeno per il primo anno e mezzo saranno comunque geek e persone che ricevono maggiori benefici dalla valuta virtuale, quindi gran parte degli sforzi sarà in Rete.
10. Quali sono i vostri competitor? In che modo intendete distinguervi da essi?
Ho identificato tre tipologie di competitor. Uno di tipo “emozionale”, ricollegabile al carbon footprint e tutti i prodotti che abbattono la presenza di Co2 nell’atmosfera. LifeGate per esempio ha un interessante programma di vendita terreni da sottrarre alla deforestazione, con un prezzo “pro capite” allineato al nostro. In questo caso non si tratta di investimento vero e proprio, in quanto le quote acquisite non vengono remunerate economicamente.
Abbiamo un secondo tipo di competitor, sul lato opposto della matrice: sono i progetti di produzione energetica “chiavi in mano” venduti on-line. Enel-Si per esempio offre prodotti fotovoltaici e micro-eolici alla portata di molte tasche, ma in questo caso il vincolo è di tipo ambientale: non tutti vivono in zone dove il vento è sufficiente, o la superficie per installare pannelli è abbastanza estesa. Inoltre il capitale immobilizzato supera facilmente i 10-15mila euro, un valore che per molte famiglie è un “all in” dei risparmi di una vita.
Sempre sul piano di investimenti, ma più in basso come impegno economico, ci sono le decine di piattaforme di crowdfunding già in essere. Si tratta di iniziative in concorrenza diretta con noi sul piano dell’esperienza d’uso, ma il rischio imprenditoriale sale moltissimo: GrowVC per esempio mette in contatto piccoli investitori e startup, ma il tasso di fallimento elevato in questo settore ha senso se si ha un capitale sufficiente per ripartirlo in numerose startup, applicando in scala i principi dei Venture Capital tradizionali.
WindQuota si distingue per due motivi: il finanziamento viene offerto solo per impianti già realizzati e funzionanti, quindi al riparo da imprevisti e ritardi che abbassano il rendimento; il secondo motivo è che gli impianti in attesa di essere acquistati non sono “immobili” e quindi improduttivi, ma anzi generano energia che contribuisce (e non poco!) ad avere flussi di cassa prevedibili e utilissimi al sostentamento dei costi aziendali. Quest’ultimo aspetto ha un duplice vantaggio: garantisce agli investitori una maggiore solidità dell’azienda WindQuota; e per quanto riguarda gli impianti più “stagionati” viene presentato uno storico di produttività che a fronte di una durata inferiore della tariffa incentivata ha un andamento più prevedibile e sicuro.
Adesso la palla passa ai conduttori dell’innovazione italiana: non siamo ancora pronti ad entrare nel mercato (l’ideale è Gennaio 2012), ma vorremmo tantissimo poter raccontare con il loro aiuto la nostra idea a più persone possibile, in pieno spirito “Indigeni Digitali”, per raccogliere con interesse e umiltà ogni tipo di critica e suggerimento utile a realizzare e migliorare il progetto.
Un saluto e ancora grazie mille per l’interesse ricevuto :-)