Perché una grande azienda ICT dovrebbe guardare con attenzione alla politica? E perché dovrebbe impegnarsi andando a versare a partiti e candidati dei fondi per le campagne elettorali?
Le risposte possono essere le più disparate e banali, e non è una novità che grandi trust internazionali dell’industria e dell’informazione aiutino formazioni politiche creando, di fatto, fronti di pressione sul legislatore.
Facebook sembra sia entrato a far parte di questo sistema, e la domanda che sorge e a cui sembra essere più difficile rispondere, è: il colosso creato da Mark Zuckerberg chi appoggerà?
Partiamo dal principio: in contemporanea al lancio di Timeline, è stata diffusa la notizia secondo cui il social network di Palo Alto si appresta a fondare un PAC – ossia un Political Action Committee, un comitato di sostegno elettorale. L’intento, spiega un portavoce di Facebook, sarà di dar voce ai propri dipendenti per offrire un contributo ai candidati:
“FB PAC will give our employees a way to make their voice heard in the political process by supporting candidates who share our goals of promoting the value of innovation to our economy while giving people the power to share and make the world more open and connected”.
“Il Pac di Facebook darà ai nostri impiegati la possibilità di farsi ascoltare da quei candidati che condividono con l’obiettivo di promuovere il valore dell’innovazione nella nostra economia, dando al contempo alla gente il potere di condividere e rendere il mondo più aperto e connesso.”
Un’azione intrapresa anche da altre grandi aziende come Google, Apple e Microsoft, che negli anni hanno foraggiato campagne elettorali di aspiranti presidenti americani con il chiaro intento di far valere la propria voce in ambito di legislazione della Rete.
Secondo i bene informati, la contemporanea diffusione della notizia alla pubblicazione di un’intervista ai giovani del Partito Repubblicano sul canale Livestream di Facebook farebbe propendere la preferenza di Mark Zuckerberg verso la formazione dell’ex presidente George W. Bush.
Eppure, in questi anni il rapporto fra Mark Zuckerberg e Barack Obama è stato cordiale e certo a mancare non è mai stato il dialogo e il confronto.
Un esempio di questa stima e cordialità fu la famosa cena dei colossi informatici americani svoltasi lo scorso febbraio a casa di John Doerr, cui parteciparono oltre che il fondatore di Facebook anche Eric Schmid, AD di Google, Larry Ellison (CEO Oracle), e Steve Jobs di Apple.
Nulla quindi, farebbe presagire un vero e proprio smacco di Palo Alto verso l’attuale inquilino della Casa Bianca, anche se i dubbi rimangono.
Sicuramente, la partita è ancora tutta da giocare, visto anche l’impegno che le aziende che orbitano nel sistema Internet stanno mettendo in questo particolare tipo di strategia.
Se osserviamo il rapporto in merito ai finanziamenti alle campagne elettorali pubblicato su opensecrets.org, troviamo anche altri nomi di aziende importanti, come Google, Microsoft e Intel, Cisco e IBM fino alla Dell e alla Unysis.
Software, hardware, social network, motori di ricerca: molti protagonisti del mondo della comunicazione digitale sono coinvolti in queste dinamiche, e le scelte di dove riversare i propri fondi vanno talvolta nella direzione di come i programmi politici siano nell'ottica di particolare sviluppo del web .
Un segnale importante di come oggi le aziende si interfaccino alla politica e la legislazione in materia di diritti digitali, protezione dei dati personali e dei minori, di come venga immaginato il domani rispetto ai diritti d’autore o ai brevetti per i software: tutto può essere potenzialmente influenzato, anche grazie a queste grandi masse di denaro che vengono messe al servizio di un partito piuttosto che dell’altro.
Non ci resta che vedere quale sarà la risposta alla domanda: a chi Facebook offrirà il suo aiuto?