Nell'autunno del 1987 Mario Bellini riceve una telefonata dall'America. Pronto. Era Steve Jobs.
Il CEO di Cupertino aveva appena ripreso le redini di Apple dopo la parentesi in Pixar e cercava nuovi collaboratori. Gli propone di trasferirsi subito in California: Bellini ci mette tutta la telefonata a rifiutare. Il designer si rende probabilmente conto di trovarsi a telefono con un imprenditore di gigantesco avvenire, ma sapeva anche quanto gratificante e prezioso fosse stato il suo lavoro in Olivetti. Era lì da più di 20 anni e aveva gradualmente contribuito a farne una delle realtà più importanti del mondo nel campo del design, della tecnologia, dell'innovazione.
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A sentirla oggi sembra una storia dell'altro mondo, di sicuro di un altro Paese, con il mito che ti viene a trovare a casa e l'Italia che tiene testa a Steve Jobs. In realtà è semplicemente la storia di un'azienda piemontese capace di straordinarie invenzioni e quella di uno dei suoi più grandi creativi.
Oggi Bellini, 74 anni, è soprattutto un grande nome dell'architettura internazionale. A partire dagli anni '60 e fino al 1990 è stato rivoluzionario designer (per dire: quando lui progettava i primi calcolatori di successo, Steve Jobs faceva il freak in India) e precursore di un'estetica industriale che avrebbe influenzato tutta l'informatica del nuovo millennio.
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Nel 1965, sfruttando alcune recenti innovazioni tecniche (la miniaturizzazione delle parti elettroniche e la diffusione di nuovi materiali come plastica e alluminio), Bellini disegna la sua Programma 101: perfetta fusione di funzionalità ed eleganza considerata oggi il primo esempio di personal computer. E con una grande novità, il colore.
Nella metà degli anni '70 Mario Bellini sviluppa due dei suoi prodotti più celebri: Divisumma 18 e Divisumma 28. La sua idea era realizzare un artefatto tecnologico completamente umanizzato, quasi giocoso, e di infondergli lo spirito pop di quegli anni. Venne fuori un calcolatore diverso da qualunque altro visto prima. Olivetti decide di destinarlo a una nuova generazione di consumatori: le locandine pubblicitarie mostrano un giovane imprenditore con i capelli alla moda passeggiare all'aria aperta sotto un cielo blu, stringendo tra le mani gli innovativi devices. Divisumma divenne presto l'icona di un'epoca unica e di un periodo di grandi trasformazioni del design e dell'economia italiana.
Qualche anno dopo arriva la serie dei Logos: 40,41, 42 (1977) e 80 (1978). Con questi nuovi e più potenti calcolatori Bellini si distacca completamente dalla precedenti estetiche pop.
Si avvicina a un design più sobrio, in qualche modo anticipatore dello stile high tech che avrebbe dominato la progettazione dell'elettronica dalla fine degli anni '70 ad oggi.
Bellini avrebbe continuato a disegnare per Olivetti per oltre un decennio prima di virare con successo verso le tavole dell'architettura. In tutto avrebbe lasciato a Ivrea un'eredità di centinaia tra brevetti e altri progetti, un repertorio formidabile di originalità, talento e bellezza. Oggi le sue opere, tra design e architettura, sono esposte in molti dei maggiori musei di tutto il mondo. Recentemente una rivista americana gli ha chiesto cos'è per lui la creatività.
Mario Bellini ha risposto così:
"Mi piace pensare ad ogni nuovo progetto come a una nuova avventura da affrontare con curiosità, apertura mentale e nuove energie creative. Cerco di sottrarmi ogni volta ai miei stessi schemi, ai miei inevitabili clichè anche linguistici, e nelle scelte sono sempre guidato dalle mie prime esperienze da designer. Per il resto il mio estro è piuttosto volubile e imprevedibile, ogni momento può essere quello buono. Meglio quando il cielo non è grigio."