Il gigante svedese dell’arredamento non brilla solo per la sua eccellente presenza sui social network e per le sua produzione ininterrotta di idee originali, ma si distingue anche per gli ottimi risultati economici conseguiti in piena recessione.
Infatti nonostante il mercato immobiliare abbia rallentato nettamente e nonostante negli ultimi anni i prezzi delle materie prime siano stati in continuo aumento, IKEA è riuscita a incrementare le vendite e a migliorare la sua quota di mercato.
Deniz Caglar, Marco Kesteloo, e Art Kleiner hanno intervistato per Strategy+Business il Global Business Controller di IKEA Ian Worling per scoprire i segreti della strategia che ha permesso alla multinazionale Svedese di resistere alla crisi e di uscirne perfino rafforzata.
La cultura di IKEA e la sua ossessione per i costi
Prima di passare alla strategia vera e propria è bene soffermarsi sulla cultura aziendale di IKEA, in quanto, dall’intervista a Worling, emerge ancora una volta quanto l’ossessione per la riduzione dei costi e la lotta a sprechi e inefficienze siano la bussola perenne che guida le decisioni aziendali e qualsiasi strategia messa in atto.
Nella sua autobiografia The Testament of a Furniture Dealer, Ingvar Kamprad, fondatore di IKEA, affermava che “sprecare le risorse è un peccato mortale per IKEA. Soluzioni dispendiose ad ogni tipo di problema sono di solito il frutto della mediocrità. Non abbiamo rispetto per una soluzione fino a quando non sappiamo quanto costa”.
E in effetti questa cultura maniacale pregna tutta l’azienda, dai dirigenti fino ai designer che devono concepire anche il packaging dei prodotti in maniera tale da far risiedere tutti i pezzi da assemblare nel minor spazio possibile. Perfino una differenza di pochi millimetri può avere grossi impatti sui costi perché influisce sul numero di prodotti che è possibile trasportare in uno stesso container.
I 4 punti della strategia IKEA
Partendo dal presupposto che non sarebbe stato sufficiente licenziare un po' del personale e tagliare qualche investimento per ridurre i costi variabili, IKEA ha deciso di intervenire con cambiamenti strutturali mettendo in atto una strategia articolata in 4 punti:
1. Riduzione dei costi operativi: IKEA ha tagliato su tutti quegli aspetti del business non direttamente percebibili dai clienti a cominciare da viaggi in classe economy per tutti i suoi dipendenti insieme a pernottamenti in hotel a basso costo e ad uffici dallo stile molto sobrio.
2. Aumento dei volumi: per rendere i costi di produzione ancora più bassi si è puntato ad aumentare i clienti e le vendite, passando innanzitutto per l’apertura di ulteriori punti vendita e per il miglioramento di quelli già esistenti.
3. Miglioramento della supply chain: IKEA si è avvantaggiata del fatto che quasi tutto il suo processo si svolge in house, esercitando quindi un controllo diretto su tutti gli elementi della catena del valore, dai designer alle fabbriche, fino allo stoccaggio che sono stati integrati nel modo più efficiente.
4. Formazione e crescita del personale: dal momento che IKEA fa di tutto per mantenere la sua struttura snella e reattiva, sono stati forniti a tutti i dipendenti gli strumenti per prendere decisioni il più possibile direttamente nei negozi o nelle fabbriche, permettendo un allineamento tra la strategia dettata dalla casa madre e le azioni messe in campo per esercitarla a livello locale.
Anche IKEA in realtà è stata colpita dalla crisi
Per quanto IKEA risulti tra le aziende che meglio hanno affrontato la crisi internazionale, non va dimenticato che nel 2009, quando la crisi ha cominciato a intaccare le vendite dell’azienda, la dirigenza ha reagito subito tagliando circa 5.000 posti di lavoro a livello mondiale.
Questa decisione si è resa necessaria in quanto il crollo del mercato immobiliare ha inciso pesantemente sul principale target di clientela di IKEA e cioè giovani famiglie che devono arredare una nuova casa.
Per chiudere, un'intervista a Andres Dalhvig, ex CEO di IKEA, che espone le difficoltà e l’impegno richiesto per armonizzare la presenza aziendale in tanti paesi e continenti, molto spesso estremamente diversi tra loro per gusti e potere d’acquisto della popolazione.