È di queste ore la notizia che dopo diversi mesi l’Agcom ha finalmente rinnovato i suoi vertici con una votazione che, visti i risultati, non potrà che scatenare polemiche. Al di là delle valutazioni politiche e sul sistema di scelta, per gli operatori del settore del web è importante osservare le mosse della più importante Authority italiana in materia di comunicazione, contenuti e diritti d’autore per capire cosa potrebbe cambiare.
Le voci circolate in questi mesi, soprattutto in maniera di regolamentazione delle opere d’autore residenti in rete ha fatto immaginare un futuro più restrittivo per tutte quelle figure professionali che mettono al centro la condivisione, più che la produzione, di un dato contenuto: pensiamo ai community manager che operano su Facebook, i quali sviluppano engagement con i propri user grazie alla condivisione di prodotti come scene di film o brani musicali presi da YouTube.
Qual è il futuro che si sta delineando? Cambierà il modo di “immaginare” il contenuto sul web e nasceranno nuove forme di business? Lo abbiamo chiesto a un vero Principe del Foro, l’avvocato Massimo Sterpi, Co-fondatore e Senior Partner dello Studio Legale Jacobacci & Associati, che si trova a Torino, Milano, Roma, Parigi e Madrid. Già “Avvocato dell’Anno 2011 per il Settore Proprietà Industriale ed Intellettuale” nei Top Legal Awards tenutisi nel novembre 2011, l’avvocato Sterpi è anche docente in diverse realtà universitarie e relatore in oltre 130 conferenze in materia di proprietà intellettuale in Italia ed all’estero e conta molte pubblicazioni sul diritto d’autore e copyright.
Buongiorno, avvocato Sterpi. Negli ultimi mesi l'Agcom ha parlato apertamente sul web di "regolamentare il flusso di contenuti nella Rete". Qual è lo scenario che si sta delineando?
In realtà, vi è molto fraintendimento in relazione a questo Regolamento dell’Agicom (peraltro, tuttora allo stadio di bozza). Infatti, esso non crea nuove figura di illecito, ma prevede soltanto delle misure pratiche per reagire ad utilizzi già previsti come illeciti dalla normativa sul diritto di autore. Anzi, per paradosso, la procedura di "rimozione selettiva" dei contenuti è molto più favorevole a chi aveva utilizzato illecitamente un contenuto coperto di d'autore rispetto a quanto previsto – da anni e senza alcuna protesta - dalle norme sul diritto d'autore (v. art. 171 e ss LdA). Infatti, la normativa sul diritto d'autore è molto drastica e prevede sanzioni penali molto severe in caso di utilizzo on-line di contenuti protetti dal diritto d'autore, sia a fini privati che commerciali. Quindi, piuttosto che interrogarsi sulla presunta severità del Regolamento Agicom, ci si potrebbe al contrario chiedere perché tale autorità - che dovrebbe rivestire la qualifica di pubblico ufficiale - non sia obbligata a comunicare all'autorità giudiziaria le violazioni di carattere penale di cui viene a conoscenza, ma possa invece procedere solo con la “rimozione selettiva”.
Parlare di “regolamentare il flusso di contenuti nella rete" mi sembra una deformazione giornalistica in quanto la finalità è solo quella di regolamentare i contenuti illeciti poiché in contrasto con il diritto d'autore, e non certo quelli leciti.
Dal punto di vista giuridico se la direzione intrapresa dall'Agcom si concretizzasse, un utente di un social che sul proprio profilo personale condivide un contenuto protetto sarebbe incriminabile di infrazione del copyright?
In realtà, l'utente del social e già incriminabile da anni se inserisce nel proprio profilo personale un contenuto protetto dal diritto all'autore che egli non abbia regolarmente acquistato. Infatti, l'articolo 171 LDA già prevede che “ Salvo quanto disposto dall'art. 171-bis e dall'articolo 171-ter è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: … a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa”.
Al contrario, con il Regolamento Agcom a tale utelente verrà solo richiesto di eliminare il contenuto: un bel vantaggio, direi.
Concentriamoci su un aspetto in particolare, quello dei social network: molti dei contenuti considerati "protetti" si può dire che acquistino valore anche perché veicolati dai meccanismi di condivisione? E nel caso non sarebbe quasi un controsenso che la rigidità dei produttori ufficiali di contenuti affinché i loro contenuti non siano resi liberi da vincoli?
Non va dimenticato che la lotta in corso non è tanto e non è solo una lotta fra i proprietari di contenuti protetti dal diritto di autore e gli utenti singoli, ma piuttosto fra tali proprietari di contenuti e una serie di operatori commerciali - i cosiddetti Internet Service Provider - che di tali contenuti beneficiano gratuitamente (ed indebitamente). Si pensi solo ai video caricati su YouTube, che generano milioni di visite da cui il sito riceve norme beneficio economico tra ricavi pubblicitari. Il numero di non sarebbe certo lo stesso se su tale si dovessero verificare soltanto i video prodotti dagli utenti. O si pensi a modelli di business come Bitorrent, o simili.
Il vero obiettivo delle major è quello di non dover rincorrere ogni singolo utente per ogni singola violazione, ma di potersi concentrare contro soggetti che operano in maniera massiva nella intermediazione o utilizzazione illecita di tali contenuti, e ciò senza dover fare ricorso all'autorità giudiziaria, civile o penale: i costi del contenzioso sarebbero infatti talmente proibitivi da portare al fallimento qualsiasi proprietario di contenuti.
Concludendo sul punto, l'utente di un social network non ha nulla da temere oggi più di quanto non avesse da temere in passato: anzi, forse oggi potrà evitare una denuncia penale semplicemente aderendo alla richiesta di rimozione di contenuto protetto. Sempre, ovviamente, che regolamento in questione venga alla fine approvato.
È possibile ipotizzare che il mercato della pubblicità on line riesca a coprire i costi imputati a pagare, secondo i produttori, i cosiddetti "diritti d'autore"?
Assolutamente sì, in quanto è chiaro che l'attuale sistema di protezione del diritto d'autore sia del tutto incompatibile con la velocità di circolazione dei contenuti e la facilità di riproduzione dei medesimi, a mezzo di un clic. La vera soluzione sarà sicuramente quella di modelli di business alternativi, che mettono a disposizione contenuti protetti per cifre molto ridotte (ispirandosi a iTunes oppure al gadget elettronici che è possibile acquistare nei giochi di ruolo), oppure di mettere a disposizione gratuitamente determinati contenuti digitali di base, al fine di vendere pacchetti di che contengano essere più sofisticate dei medesimi (secondo il dilagante modello freemium).
A proposito del quesito precedente: la via più realizzabile non sembra quella intrapresa da Facebook e Warner con il progetto legato a The Dark Knight? (film visibile on demand direttamente su Facebook con un costo equamente diviso fra produttore e piattaforma social ndr)
Come accennato al punto precedente, questo non è uno che degli infiniti di modelli potenzialmente possibili. Anzi, data l’esigenza del mercato di trovare soluzioni innovative per la condivisione lecita dei contenuti, ecco uno spazio enorme per future start-up innovative che vorranno proporre nuovi modelli di business al riguardo.
Un grazie dai Ninja avvocato Sterpi, parole sicuramente che fanno chiarezza in una jungla ancora poco definita. Buon lavoro!