Tra le certezze del marketing non convenzionale quella che più mi mi colpisce è il successo delle strategie che ricorrono all'umorismo.
Da qui nasce questa rubrica pensata per Ninja Marketing sull’humor marketing, per confrontarci sull’uso dell’umorismo nel marketing non convenzionale.
Saranno miei compagni di viaggio molti amici che pensano, scrivono, studiano, dirigono e vivono (ci campano) usando l’umorismo, che ho conosciuto da quando ho deciso di studiare e applicare nel mio lavoro l'humor marketing (oltre che d'insegnarlo).
Questo appuntamento vuole, quindi, essere uno spazio di confronto con tutti i ninja su un'opportunità in più che abbiamo per comunicare e migliorare il mondo (personale e professionale) che contribuiamo a costruire con i nostri messaggi.
Come uno spartito musicale, l'umorismo è composto da meccanismi ripetitivi, che si possono studiare, imparare, sperimentare e variare in modo creativo, dando sempre un senso di originalità alle nostre idee umoristiche.
Pensate alle barzellette: in molte ritroviamo una “melodia” già nota (ci risuona) ma ci sembrano comunque divertenti, perché lo spartito è stato interpretato in modo diverso.
Evitiamo il tormentone o il gioco di parole
Ecco, iniziamo, dunque dallo spartito. Nell’umorismo “l’assolo” è il gioco di parole, il tormentone, la battuta che non è sorretta da una situazione di insieme. Funziona per poco tempo, cioè, strappa la risata ma non ha vita lunga.
Pensate al cabaret in tv, dove i tormentoni fanno ridere e partecipare il pubblico ma sono "idee in scadenza" perché saranno sostituiti presto da altri tormentoni.
Per resistere anche nel cabaret vige il fenomeno dell’autocannibalizzazione o dell’obsolescenza programmata del tormentone: è meglio che un autore uccida il proprio tormentone con uno nuovo, prima che lo faccia un altro comico o, peggio, il pubblico. Lì sta il vero talento (o il tormento) del comico e dei suoi autori ma a parlarne a fondo ci allontaneremmo troppo dai nostri discorsi.
L'umorismo alternativo del marketing non convenzionale
Il marketing non convenzionale cerca però una strada alternativa al mainstreaming per questo è necessario pensare all’humormarketing senza il coinvolgimento di un testimonial comico televisivo e dei suoi tormentoni.
Infatti, le strategie di marketing migliori devono avere vita lunga per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati (lancio di un prodotto o servizio, nuova percezione del brand, fidelizzazione dei clienti ecc..).
Le prime regole dell'humormarketing: partiamo da una situazione comica
Per ideare, dunque, una strategia di humormarketing (e quindi di marketing non convenzionale) occorre innanzitutto lavorare sulla costruzione di una situazione comica, rinunciando a iniziare dal gioco di parole o dallo slogan, che per i creativi è sempre a portata di mano (o sulla punta della lingua).
Conta costruire lo scenario in cui tutto si illuminerà di una luce comica e divertente. La miniera da cui estrarre idee comiche che costituiranno i sequel della nostra felice intuizione di partenza.
L'esempio di Edison
Veniamo a un esempio che ci chiarisca le idee. In vista delle Olimpiadi di Londra, una delle campagne più umoristiche è quella di Edison che vede come protagonista Martin Castrogiovanni in una situazione comica perfetta: “Cosa non si fa per andare alle Olimpiadi”.
Ossia, il rugby non è uno sport olimpico, quindi, Martin Castrogiovanni, pilone della nazionale italiana, cerca di “mimetizzarsi” nelle altre squadre azzurre, in particolare nella nazionale femminile di pallavolo, in quella di ginnastica ritmica e, presto, di pallanuoto e canottaggio.
Le prime regole dell'humormarketing: l'esasperazione
Cogliamo alcune regole per costruire future situazioni comiche. L’umorismo è esasperazione e paradosso: il rugby è lo sport più fisico e Castrogiovanni ne è l’interprete più maschio e brutale. Per andare alle Olimpiadi sceglie di mimetizzarsi in uno sport femminile e attraente, come la pallavolo, oppure in una disciplina leggiadra e minuscola, come la danza ritmica. Gli altri accostamenti, pallanuoto e canottaggio, sono meno paradossali.
Pensando alla nostra strategia di comunicazione, occorre cercare una situazione paradossale ed esasperata, in un primo momento senza collegarla al nostro prodotto o al brand, anche perché per favorire la viralità della nostra campagna, come sappiamo, il collegamento tra marca e messaggio deve essere molto sottile.
Le prime regole dell'humormarketing: l'identificazione
Inoltre, come sempre, serve inserire nella storia un obiettivo, in cui il pubblico si identificherà, fino a sostenere il protagonista nella sua vicenda e a condividerla, via email, tramite Facebook e nelle conversazioni, perché ci si sente immedesimato.
Anche in questo caso la campagna di Edison dichiara il suo obiettivo da condividere in un claim che chiude la versione più lunga dello spot: “sostiene gli azzurri alle Olimpiadi e quelli che ci vorrebbero andare”.
Nasce, così, l’identificazione tra lo spettatore e Martin Castrogiovanni, entrambi vorrebbero andare alle Olimpiadi. In più Martin Castrogiovanni si mette in gioco al posto dello spettatore e in modo autoironico (ne riparleremo) ha il coraggio e la faccia tosta di sgambettare tra le ginnaste o di prendere in braccio una pallavolista per fare un muro vincente, fino a dover raccogliere per punizione i palloni a fine allenamento.
Ma si percepisce che ne sta già pensando un’altra, a proposito di sequel fortunati grazie a una buona situazione umoristica di partenza.
P.S. A proposito di spartiti: dite la verità, vi è rimasta nell'orecchio la musica che accompagna lo spot?