Esistono centinaia di manuali che spiegano cos’è e come funziona una buona “immagine coordinata”. Ottimi libri e siti che raccontano case histories di importanti “corporate image” ottimamente risolte. Ma non esistono soltanto le grandi multinazionali con i loro brand globali, è molto più probabile che il vostro cliente sia un’azienda locale e che sarà lo stesso titolare a decidere il destino della vostra creatività. Per quanto vi riguarda l’impegno e l’attenzione che metterete nel progetto sarà esattamente uguale: concentratevi come se il marchio e l’immagine coordinata che state progettando fosse un prodotto Diesel o Nike o una nuova app di Apple.
Questo è il primo segreto per fare un buon lavoro. Non affrontatelo con superficialità e sufficienza, anche se si tratta del logo della pizzeria “Marechiaro”. In fondo il 90% dei loghi che trovate sugli Annual appartengono a piccole o piccolissime imprese, prodotti sconosciuti, aziende di cui non abbiamo mai sentito parlare. Dovete far felice il vostro cliente, ma - cosa ancora più importante - dovrete essere felici voi del vostro lavoro. Cerchiamo di capire cosa si aspetta il cliente e cosa invece ci piacerebbe/dovremmo fare.
Cosa si aspetta il cliente?
Un bel logo, di un bel colore rassicurante (il primo in classifica è quasi sempre il blu, che continua a fare fine e non impegna. Non è inquietante come il nero, non strilla come il rosso, non è alternativo come l’arancione, eccetera eccetera). Gli avete già presentato il logo e la sua prima osservazione è stata: “Mi stavo domandando se (è la formula per introdurre badilate di cacca sul vostro lavoro, fateci caso), se non fosse il caso di enfatizzare meglio ciò che produciamo”. A questo punto, se siete stati pronti e reattivi, gli avrete già spiegato che un logo deve dire “chi” e non “cosa” e gli avrete fatto l’esempio delle case automobilistiche che non hanno macchinine nel marchio o di importanti aziende che producono dispositivi elettronici e vanno in giro con una mela smozzicata nel marchio.
E‘ chiaro che il vostro cliente, una volta approvato il logo, si aspetta il resto del percorso tutto in discesa: prevedibili declinazioni ordinate e precise del suo marchio o logotipo (non sono la stessa cosa), in alto a destra sulla carta intestata o in alto a sinistra o al centro, con tutte le informazioni bene allineate e leggibili in una qualche corrispondenza con il marchio. Dove sta il problema?
Il problema è che non avete più voglia di fare cose così. Cose così così. Avete voglia di sperimentare, di esplorare strade nuove, di finire negli Annual su cui sbavate ogni giorno, volete vedere i vostri progetti pubblicati su Logo Lounge e su Behance quando li sfogliate nelle vostri notti da otaku.
Quindi?
Quindi avete sorpreso il vostro cliente. Lo avete sorpreso con un logo che non avrebbe mai immaginato. Un logo fantastico, fresco, nuovo e impensabile prima. Presentandolo gli avete spiegato che avete seguito lo stesso ragionamento di chi ha creato uno dei nomi più belli mai creati nei tempi recenti. Un motore di ricerca potrebbe chiamarsi “Virgilio”, un nome logico, facilmente razionalizzabile e comprensibile, ma potrebbe chiamarsi “Yahoo!” l’esclamazione di gioia di chi ha trovato cosa stava cercando. Ecco, voi avete seguito questo stesso processo per arrivare alla soluzione grafica.
Ma non basta, il vostro logo sarà mutante e dinamico. Sarà l’esatto contrario di un logo vecchia maniera che costringeva tutti supporti ad adattarsi a lui. Il vostro logo è geneticamente modificato per essere capace di adattarsi all’ambiente in cui si trova, perché voi l’avete creato così: adattabile ad ogni dispositivo, ad ogni riduzione, ad ogni ingrandimento. Lo avete pensato monocromatico - questo è un consiglio, partire sempre da un colore solo. A meno che non si tratti di una roba alla Paul Smith, l’uso di un solo colore vi permetterà di concentrarvi esclusivamente sul disegno della forma e sulla sua riproducibilità - ma sarà perfetto in CMYK o in RGB o nelle sue tinte in scala Pantone.
E sarà proprio questa sua adattabilità a risolvervi il problema dell’architettura dell’immagine coordinata. Perché se sarete bravi, ma veramente bravi, riuscirete con il solo logo a declinare l'intera immagine coordinata facendo un figurone. E fatturando il giusto. Come? La soluzione più ovvia e più facile da applicare è quella di usare porzioni del vostro logo sapientemente retinate (al 20/30%), sulla carta da lettera, sulle insegne, sui block notes per creare un pattern univoco e immediatamente identificabile che come un fil-rouge percorra tutta la stationary e i materiali del vostro cliente senza alcun bisogno di ripetere ossessivamente il logo sempre nella medesima posizione. Una soluzione di questo genere non solo risolverà il vostro problema immediato, ma preparerà il terreno per ipotetiche necessità future. Una volta stabilita la regola si tratterà semplicemente di applicarla. In questo caso avrete lavorato principalmente sulla forma e sulle forme.
Ma potreste lavorare altrettanto bene anche sul colore. Google ha un logo semplicissimo: un carattere graziato con ogni lettera di colore diverso. Se andate a Palo Alto e incontrate un tizio o una tizia che pedala su una bicicletta con il telaio colorato di rosso, di giallo e di blu potete scommettere che si sta spostando da una palazzina all'altra di Google. Non ci sono loghi sulla bici, né ci sono nelle aree di riposo tra un edificio e un altro, ma gli ombrelloni con i colori di Google vi indicheranno dove vi trovate.
Declinare un'immagine coordinata attraverso i colori non è facile, ma non fatevi spaventare. Una volta che avrete deciso - e questa è l'operazione più delicata - qual è o quali sono i colori che meglio rappresentano il brand sul quale state lavorando, provate ad usarli creativamente per farvi raccontare questo brand attraverso i colori. Fate delle prove. Immaginate che la combinazione di colori sia una parola e che questa parola debba essere letta sempre allo stesso modo. Dovrà avere un significato univoco e chiaro per tutti. Se avrà questo significato per voi, ci sono ottime possibilità che l'avrà anche per gli altri. Ma siate severi e obiettivi. Se avete dei dubbi, passate subito ad un'altra soluzione.
Un piccolo segreto: la soluzione creativa giusta ha sempre la forza di sapersi rivelare. "Satori": illuminazione, l'idea giusta ha sempre la forza di imporsi su tutte le altre idee, possiede sempre quel non-so-che che ci fa esclamare "massì, è chiaro, come ho fatto a non pensarci prima". Era così ovvio. Fateci caso, l'idea giusta è come una combinazione musicale: vi dà la sensazione di essere sempre esistita. Deve solo essere scoperta. Le sette note iniziali di "Smoke on the water", le sette note di "Seven Nation Army", le quattro iniziali della Quinta di Beethoven preesistevano a tutti noi, qualcuno le ha scoperte e ne ha fatto un successo.
Buon lavoro!
I lavori contenuti nel post sono stati realizzati da Francesca Sardigna (SimonettiStudio)