Periodo davvero turbolento per il team Facebook, che - sarà un caso? - sembra proprio coincidere con la decisione di quotarsi in Borsa poco prima dell'estate. Dopo il ribasso del titolo, su cui trovate un'analisi nel post "Facebook e il crollo in Borsa: dov'è il valore reale?", nelle ultime ore Métro e Le Monde hanno pubblicato la news secondo cui molti utenti hanno visto comparire nella propria timeline messaggi privati, causando problemi e incomprensioni. Alcuni hanno anche lamentato la pubblicazione automatica di informazioni private sulla bacheca di altri utenti.
Quanto c'è di vero nella vicenda? Poco secondo lo stesso team Facebook, molto di più secondo gli utenti agitati che continuano a scrivere alle redazioni dei principali giornali globali per fornire le prove del fattaccio. Le cose non sono dunque del tutto nitide: da un lato gli user e dall'altro l'ufficio comunicazione del social network, in sincronia con il team di sviluppatori e sostenuto anche da colossi del web come Tech Crunch, che tramite i propri esperti fa sapere dell'inesistenza di prove certe sull'accaduto. Secondo questi ultimi, infatti, i contenuti pubblicati altro non sarebbero che vecchi aggiornamenti pubblici. Leggiamo un comunicato sempre su Tech Crunch:
“Un piccolo numero di utenti si è lamentato su quello che pensavano fossero messaggi privati apparsi sulle proprie timeline. I nostri ingegneri hanno analizzato queste lamentele trovando che erano vecchi post da sempre visibili nel profilo degli utenti. Facebook è contento che non ci siano state violazioni di privacy."
Situazione risolta? Assolutamente no, anzi: piogge di critiche che continuano a occupare le conversazioni dentro e fuori dalla rete a parte (a proposito, ecco come risolvere l'accaduto), il tema i permette di fare diverse considerazioni su quello che il social network più famoso al mondo sta diventando - e ci sta facendo diventare.
Cosa sta diventando Facebook?
Una domanda che si stanno facendo in moltissimi, e che da dopo la quotazione in Borsa ha sempre meno risposte certe. E' un social network? Un motore di ricerca? Uno strumento di marketing digitale? Un gioco? Tutti insieme? Il Web? Sicuramente non è più solo quello che dice - pardon scrive - Wikipedia:
"Facebook è un servizio di rete sociale lanciato nel febbraio 2004, posseduto e gestito dalla corporation Facebook, Inc."
Queste grandi trasformazioni, come detto, sono anche figlie della quotazione in borsa. Problemi di business model o sopravvalutazione che sia, il social network sta cercando in tutti i modi di trattenere gli utenti sempre più a lungo sulla piattaforma, facendoli spendere e spandere a vantaggio dei marketer e, in definitiva, della propria credibilità nei confronti di chi sta investendo nel progetto e nelle sue prospettive.
Il problema? E' nel 2.0
Le fatiche però si scontrano con quello che è l'elemento centrale e core di qualunque social network, la socialità appunto. Da un lato ci sono gli investor - finanziari o economici che siano - che domandano a Facebook redditività e prospettive di sviluppo. Essendo che esse vengono ottenute principalmente attraverso i servizi di advertising, ecco che questa domanda si trasforma nella necessità di entrare sempre più nei dati personali hard e soft - nella privacy! - delle persone. Quali sono i loro gusti? Dove abitano? Cosa fanno? Dove andranno? Qual è il loro comportamento di navigazione e shopping online?
Dunque, dicevamo, da un lato la pressione degli investitori e dei portatori di interesse, che passa attraverso una necessaria spinta verso la diminuzione della soglia di privacy accettata dagli utenti. Ma il social, e il fatto del bug non fa che sottolinearlo, deve scontrarsi con il volere delle persone. Che - a parte il range 18-25 anni probabilmente meno sensibile e nonostante tutti i paradigmi su 2.0 & co. hanno (da) sempre i loro scheletri nell'armadio e le loro cose da nascondere, e sono disposte anche a fare massa critica scrivendo alle redazioni di prestigiosi giornali, o a smuovere l'Eliseo per farsi sentire. D'altronde anche questo - broadcast yourself - è un effetto collaterale della nuova era, no? ;-)
Cosa impara Facebook da questa vicenda?
Nonostante la comunicazione dello staff Facebook sia stata pacata e sia sembrata tranquilla nel riportare le informazioni, come se si fosse trattato di una stupidaggine, immaginiamo in Zuckerberg & Co. un po' di agitazione. Riprendiamo un post del nostro direttore Mirko:
E ragioniamo per differenza: possiamo invece sostenere che questo caso debba far riflettere proprio Facebook, sul fatto che le persone, dopotutto e per fortuna, non sono ancora disposte ad aprirsi completamente e a far cadere qualsiasi barriera di privacy. Non siamo ancora automi, insomma. Altrimenti, che gusto avrebbe la vita?
E qui chiudiamo il cerchio, riprendendo il titolo del primo paragrafo: che cosa sta diventando Facebook? Capiamo l'ansia da prestazione, ma scommettiamo che la strada intrapresa dal social - a volte nemmeno tanto comunicata ma semplicemente percorsa - verso l'abbattimento completo della privacy e la trasformazione dell'utente in semplice online consumer incallito, è ancora lunghissima. Lo aspetta un utente social sì, ma nel modo giusto. Che dire, non ci resta che augurare buon viaggio :-)