Cosa pensereste se il vostro migliore amico, carrierista incallito, giacca e cravatta, iniziasse un bel giorno a zappare la terra? E’ forse impazzito? Avrà perso il lavoro? Starà tardivamente seguendo a distanza d’anni il tedioso monito del suo odiato professore di matematica liceale: “le tue sono braccia sottratte all’agricoltura, vai a zappare!”.
Quella che una volta sarebbe stata presa come un’offesa, potrebbe essere oggi un complimento. Coltivare la terra, soprattutto per “passione” e nel tempo libero è diventato incredibilmente cool e di grande fascino. Scoprireste così che il vostro amico voleva semplicemente fare colpo su….una donna. Cos’è meglio di un uomo in carriera dal pollice verde e con sensibilità bucolica?
Moda o crisi?
Sarebbe riduttivo ricondurre l’esplosione degli orti fai da te, o anche “urban farming” (per gli amanti degli inglesismi) ad una semplice trovata di una corrente di modaioli. Anzi, questi rappresentano forse la minoranza dei “nuovi contadini”. Come ogni boom, le radici sono probabilmente da ricercare in una fortunata convergenza di fattori sociali ed economici, indipendentemente poco significativi, ma rilevanti e visibili in concomitanza.
Moda o crisi? Moda e crisi, molto probabilmente. Le ristrettezze economiche hanno certamente portato una razionalizzazione delle politiche di acquisto dei beni di prima necessità, soprattutto lato generi alimentari. Ecco crescere gli acquisti di farina e lievito per la panificazione domestica, di frutta e zucchero per confetture. Di semi e piantine per l’autoproduzione di ortaggi. Ma c’è una concomitante e pervasiva ondata green che riporta la gente a contatto con la terra, con le attività manuali. Un senso di salute e benessere sempre più lontano dalle mura domestiche e che rende attività e spazi aperti vere e proprie isole di benessere, soprattutto per le generazioni nate e cresciute in città. E se il tutto rende anche “fighi”, tanto di guadagnato (soprattutto per i più giovani).
Quanto mi costi?
I rendimenti degli orti domestici sono spesso tutt’altro che esaltanti. Capita così che gli improvvisati coltivatori vengono frustrati da zucchine malformi, fragole striminzite e pomodori che al più soddisfano il palato di voraci eserciti di formiche spuntate dal nulla. Ed è così che alla terra si mischia torba e concime granulare, si creano i sostegni per le specie rampicanti, e si acquistano sofisticati sistemi di irrigazione a goccia che penseranno a dissetare l’orto anche nelle giornate più calde, naturalmente quando il proprietario sarà impegnato nelle mansioni lavorative abituali. Se è vero che semi e piantine hanno prezzi assolutamente abbordabili, un orto fatto “come si deve” (o come il tuo negozio di agro enotecnica comanda) ha spesso costi assolutamente sproporzionati rispetto al valore di prodotto finito che si riesce a ricavare. Questo vale in particolare per gli orti da balcone, dove la terra deve essere acquistata (o asportata) da altro luogo, e si rendono necessari appositi vasi e pensiline per ricavare un pezzo di campagna al quinto piano vista tangenziale.
I nuovi coltivatori
Ma chi sono alla fine i nuovi pionieri dell’agricoltura fai da te? La CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) parla di oltre 4,5 milioni di persone, con un giro d’affari di oltre un miliardo di euro. I pensionati sono probabilmente la categoria dominante (grazie alla combinazione di tempo libero, ristrettezze economiche e spesso una tradizione campagnola nel passato della propria famiglia) ma sorprende il crescente numero di giovani alle prese con zappa e rastrello. Questi ultimi sono spesso appartenenti a ceti sociali medio-alti, con un buon livello di istruzione e non necessariamente in ristrettezze economiche. Sono questi i famosi “salutisti” alla ricerca di senso di benessere ed affascinati dalla moda green.
Quale futuro?
Gli orti “fai da te” stanno sempre più spesso travalicando la dimensione individuale, promuovendo la socialità e la collaborazione all’interno di quartieri e paesi. Sono centinaia i comuni che mettono a disposizione piccoli appezzamenti pubblici,che vengono dati in cura a gruppi di cittadini agricoltori, promuovendo la socializzazione unita alla manutenzione di aree altrimenti abbandonate ed alla produzione di alimenti sani per autoconsumo. Sono talvolta i cittadini stessi ad appropriarsi degli spazi pubblici abbandonati, reclamandone l’affidamento da parte dei Comuni. E’ ad esempio il caso dell’orto sociale creato accanto alla ex chiesetta abbandonata di San Francesco, a Catania, a cura del movimento cittadino “Gruppo Azione e Risveglio”, ormai punto di riferimento dell’intero quartiere. Dalla Romagna arriva invece la storia di Paola Peron, imprenditrice agricola che ha deciso di riportare attuale la formula della mezzadria, dividendo il prodotto della propria terra con gli agricoltori che vorranno coltivarla. Cosa ci riserverà adesso questo affascinante filone in piena espansione? Non ci resta a questo punto che aspettare il primo Social Network popolato da zucchine e pomodori fatti in casa.