Dal recente rapporto "Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese" stilato da Cerved-Group emerge un quadro di crisi profonda e pessimismo riguardo allo stato delle aziende Italiane che nel 2012 hanno raggiunto il record di fallimenti e chiusure.
Negli ultimi quattro anno infatti ben 45.000 aziende hanno dichiarato fallimento, con i danni maggiori registrati nel settore terizario.
A livello geografico risulta essere il nord l'area più colpita, anche a causa del maggior numero di imprese presenti.
Le notizie non sono migliori per quanto riguarda le procedure concorsuali avviate, infatti sono anche esse in aumento e solo nell'ultimo trimestre del 2012 ci sono state circa 1.000 richieste di concordato preventivo.
Altro fenomeno preoccupante riguarda il numero di procedure di liquidazione volontaria avviate dalle aziende. Ammontano infatti a 43.000 le aziende che hanno deciso di chiudere i battenti nel solo quarto trimestre del 2012, mentre sono 90.000 su base annua. E si tratta di aziende che prima di allora non avevano mai manifestato sintomi gravi quali l'avvio di procedure concorsuali.
Quest'ultimo dato denota un senso di sconforto avvertito dagli imprenditori che si sentono abbandonati dallo Stato, respinti dal sistema bancario e avviliti dal netto calo della domanda.
I margini operativi lordi, come registra Cerved-Group, sono in caduta libera per i fattori sopracitati e le prospettive sulla redditività futura non sono di buon auspicio.
E' stato stimato che anche se il PIL Italiano dovesse crescere d'ora in avanti di un 2% annuo, bisognerebbe attendere il 2018 per tornare ai livelli di redditività pre-crisi, un orizzonte temporale davvero troppo lontano per chi si trova in difficoltà già da oggi.
Il quadro di negatività si chiude con il dato dei protesti in forte aumento e che per quanto riguarda ritardi gravi che superano i due mesi sono aumentati vertiginosamente nel corso del 2012, passando dal 5,7% delle aziende nel secondo trimestre 2012 al 7,1% dell'ultimo trimestre dello stesso anno. Purtroppo il dato non lascia ben sperare perché tipicamente questo tipo di ritardo nei pagamenti tende a tradursi in un default.