È di martedì la notizia, data dall'Ocse, che il pil italiano è ancora caduto dello 0,5% nell'ultimo trimestre.
Questo mi spinge a dire, una volta per tutte, che l'andamento dell'economia "totale" non viene mai presa in considerazione quando, scoraggiando e demotivando lavoro e iniziativa imprenditoriale, mette in luce i numeri su crolli e fallimenti. E che probabilmente una lettura completa della situazione economica attuale aiuterebbe a trovare gli strumenti adeguati per non mortificare l'impresa italiana, come invece si tende a fare.
Cos'è e a quanto ammonta l'"economia sommersa"
Ho raccolto qualche dato utile riferito allo stato dell'economia mafiosa degli ultimi 5 anni per spiegare quella che viene comunemente e vagamente indicata come "economia sommersa", e gli estremi dei risultati non lascia grandi dubbi.
Secondo le statistiche del Fondo Monetario Internazionale il Pil italiano, calcolato ovviamente solo sull'economia sana, cioè quella effettivamente dichiarata, nel 2013 dovrebbe essere di circa 1.239,589 miliardi di euro. Ma a questo valore bisogna aggiungere, stando agli ultimi dati di ricerca Visa, che il 21% del Pil, cioè ben 333 miliardi di euro, non è calcolato perché è parte dell'economia sommersa.
Questi 333 miliardi sono parte di un'"economia malata" e vengono divisi, per due terzi, dalla mafia e, per un terzo invece, dal lavoro nero. Se non direttamente riconoducibile alle attività mafiose, si arriva intuitivamente a capire che per forza di cose la gran parte della logistica del lavoro in nero riguarda la mafia e non di certo le altre attività imprenditoriali in generale, che dovrebbero quindi essere sollevate dall'ipertassazione -quasi punitiva- di uno Stato che rincorre disperato l'evasione fiscale senza riuscire a trovare altri strumenti di riconoscimento e premio dell'economia "sana".
La classifica delle mafie per fatturato
Il primo posto è stato rubato dalla 'Ndrangheta calabrese con 45 miliardi di euro (pari a 3 punti del Pil!), diventando una delle dieci mafie più potenti al mondo superando così la Cosa Nostra siciliana che, solo fino a tre anni fa fatturava 135 miliardi l'anno con un utile di 70 miliardi.
Il terzo posto è della Camorra campana con 25 miliardi, seguita dalla Sacra Corona Unita pugliese con quasi 20 miliardi di euro che, nonostante sia considerata "ormai adulta" dagli studiosi di criminalità organizzata, non è ancora riuscita a salire sul podio.
Si stima che, quando l'economia nel suo complesso non era ancora entrata in crisi, cioè fino al 2008, ogni giorno 250 miliardi di euro passavano dalle mani delle aziende alle mani della mafia: 160 milioni al minuto, ovvero 10 milioni l'ora, diventavano capitale di quella che chiamano "la mafia spa".
Facendo due conti...
... il Pil complessivo, tra "economia sana" ed "economia malata", ammonterebbe a 1.572,589 miliardi di euro, facendo crescere di un bel pò il Pil del nostro Paese.
Se non usciamo da questo circolo vizioso di informazioni, non solo la lettura della realtà continuerà ad essere surreale, ma l'organizzazione mafiosa continuerà ad avere la meglio sull'economia grazie ad un meccanismo elementare: poiché la mafia da sempre è ben consapevole che la ricchezza di una società deriva dalle opportunità che le imprese hanno di crescere e, questioni di racket a parte (economia criminale marginale), sa bene quanto, anche in tempi di crisi, occorra continuare a puntare, capitalizzare e sostenere le aziende affinché non muoiano.
E lo farà, alimentando ancora di più l'economia sommersa, facendo diminuire i numeri dell'economia sana e lasciando di conseguenza aumentare il debito pubblico all'impazzata, e impoverire la società nel suo complesso.
Un concetto banale che lo Stato, evidentemente, non ha ancora afferrato.