Timothy Gallwey è l'inventore del coaching e l’ideatore dell’Inner Game, cioè di una disciplina che ha aiutato il cambiamento positivo in milioni di persone in tutto il mondo, oltre che in decine di manager e aziende come Apple, Coca Cola o IBM. L'Inner Game, o Gioco Interiore, è un insieme di tre abilità complesse che un coach deve possedere, ovvero la crescente consapevolezza, priva di giudizio a priori, la chiarezza degli obiettivi e delle decisioni e la capacità di ispirare fiducia in se stessi.
Tim Gallwey, che si troverà per la prima volta in Italia, grazie al Forum delle Eccellenze il 30 novembre ed il primo dicembre a Roma, svelerà come usare nuove tecniche dell’Inner game con l'obiettivo di aiutare ad esprimere tutto il proprio potenziale ed aumentare le performance delle persone.
Partendo dal presupposto che maturare le tre abilità del coaching non è un processo automatico, in quanto è ostacolato dalle interferenze del “dialogo interiore”, la causa di problemi personali e professionali spesso partono proprio dal blocco del proprio potenziale naturale di esprimersi. Questo modo di procedere del nostro Gioco Interiore viene descritto con una formula, cioè P=p-i, dove la Performance(P) è è uguale alla propria performance potenziale (p) in un dato momento meno le interferenze (i).
Di conseguenza, per migliorare le proprie performance abbiamo due modi: sviluppare il potenziale attraverso esperienze pratiche, e ridurre le interferenze, cioè i dubbi, le convinzioni e le credenze che ci ostacolano l'espressione delle nostre abilità.
Siamo riusciti ad entrare in contatto con questo straordinario protagonista del nostro tempo ed intervistarlo per approfondire l'arte dell'inner game applicata al mondo dell'impresa.
Perchè ogni imprenditore dovrebbe conoscere il metodo "Inner Game"?
Per prima cosa, è essenziale sapere che ci sono sempre due giochi in corso negli affari e in ogni attività umana. Noi abbiamo più familiarità con il gioco esterno, e puntiamo lì maggiore attenzione. Il gioco esteriore è giocato in una arena esterna, con azioni esterne, per superare ostacoli esterni, e raggiungere obiettivi esterni.
Ma contemporaneamente è andato avanti anche il gioco interiore. Si è svolto nel cuore e nella mente dell’essere umano e consiste, principalmente, nel trovare ed esprimere il proprio pieno potenziale. Gli ostacoli interiori includono la paura di fallire, i dubbi su se stessi o la mancanza di focus e di attenzione. Ci sono anche obiettivi interiori, come la gioia, la soddisfazione, la conoscenza di sé. È sicuramente possibile avere successo in entrambi, ma è altamente improbabile che un imprenditore ottimizzi il successo nel gioco esteriore senza sviluppare un certo grado di padronanza del gioco interiore.
La risposta semplice è questa: non c’è scelta per l’essere umano se giocare o no il gioco interiore. Ci sono sempre ostacoli interni che ci impediscono di dare il meglio. Perciò, perché non giocarlo consapevolmente e bene? Il lavoro che faccio sul gioco interiore è semplicemente un approccio per vincere entrambe le partite.
In che modo si possono riconoscere e mixare il "gioco interiore" e il "gioco esteriore" per superare la paura del fallimento, la procrastinazione, la stagnazione, il dubbio e la noia?
Questa è una questione essenziale per ogni uomo d’affari che si impegna a giocare sia il gioco interiore che esteriore consapevolmente. La risposta alla domanda ha tre parti: 1) aumentare la consapevolezza non giudicante della situazione attuale; 2) fare una scelta chiara e personale sul tuo impegno in questione; 3) imparare a fidarti del tuo potenziale e ad essere disponibile ad imparare (uno dei nostri grandi potenziali) quando non sai ciò che avresti bisogno di sapere.
Consapevolezza, Impegno e Fiducia formano un triangolo di capacità interiori che creano la mobilità che porta una persona o un team da dove sono a dove vogliono andare.
In che modo, invece, si può applicare l'Inner Game alle organizzazioni, considerando la resistenza al cambiamento tipica dei sistemi più che dei singoli?
Vi è sicuramente un gioco interno nelle organizzazioni. È spesso chiamato cultura. Il mancato riconoscimento dell’impatto della cultura esistente sia sul gioco interno che esterno e l’incapacità ad essere pro-attivo nel cambiare la cultura rende la seguente dichiarazione di un amministratore delegato troppo vera: “La Cultura mangia la Strategia per colazione!”
Quali sono state le difficoltà comuni nell'introduzione del suo metodo in aziende come Apple, IBM e Coca-Cola?
Il più grande ostacolo sembra sempre l’ego a cui piace pensare: “Già lo so. Non ho più tempo per continuare ad imparare". Questo ostacolo tende ad aumentare più si va in alto nella scala gerarchica. In una di queste aziende, io avevo il compito di fare coaching ai top manager perché imparassero come fare coaching ai loro diretti.
Nel processo, mi sono focalizzato sulla capacità del coach di stimolare nel coachee un'abilità maggiore ad imparare dall’esperienza. Così il mio punto di vista era che il coaching era in gran parte facilitare l’apprendimento in un individuo o in una organizzazione. Io spesso chiedo ai coach “che cosa è più importante il coaching o l’apprendimento?”, il coaching è un mezzo e l’apprendimento e la performance sono il fine comune. Dopo diverse settimane dall’inizio, il direttore interno del progetto mi prese da parte, ammise il suo piace per come stava andando il programma e poi disse “C’è una cosa che devo chiederti: per favore smetti di usare la parola che inizia per “i” (imparare), i nostri responsabili si sentono molto a disagio con l’insinuazione che hanno bisogno di imparare. Loro vedono come compito primario quello di aiutare quelli sotto di loro a capire quello che un senior manager sa già!”.
Io capii che era una questione di ego, e usai un’altra parola. In pochi anni, il presidente del consiglio scrisse nel report annuale che la priorità numero uno dell’azienda era di diventare una “Learning Organization” e che recentemente aveva assunto un “Direttore dell’apprendimento” che avrebbe risposto direttamente al Presidente.
Si tratta delle medesime difficoltà esistenti anche in piccole aziende e realtà comuni?
Sì, per la maggior parte, le difficoltà interne delle organizzazioni sono le stesse o simili a quelle degli individui. Questo è la leva per imparare a giocare bene il gioco interno. Le stesse capacità del gioco interno sono applicabili a tutte le attività del gioco esterno.
Giusto un esempio. Uno strumento per aumentare la “consapevolezza non giudicante” di una situazione attuale implica di diventare consapevoli dei punti di vista differenti delle persone chiave coinvolte. Lo strumento si chiama Trasposizione. Così, per esempio, quando fai coach a un middle manager su come raggiungere migliori risultati secondo un senior manager, lui o lei può usare la trasposizione che implica che il middle manager si ponga al posto del senior manager e risponda alle seguenti 3 domande da punto di vista del senior manager “Cosa penso? Cosa sento? Cosa voglio?”.
Questo compito molto semplice di vedere dal punto di vista di una altro individuo o gruppo aiuta grandemente sia come tu pensi sia come ti comporti in una data situazione. Certamente, anche il senior manager beneficerebbe della trasposizione al livello del middle manager prima che lui o lei comunichi la visione o il compito da attuare. Solo quando si usa questo strumento diverse volte, se ne comprendono i reali benefici.
Poi ti troverai ad usarlo a casa con il coniuge o i figli, i clienti, la concorrenza, prima di affrontare il pubblico e perfino con te stesso.
Per maggiori informazioni su come vedere Tim Gallwey dal vivo, per la prima volta in Italia, scrivete a corporate@performancestrategies.it