Fuse
I social network, armi vincenti poiché strumenti cristallini capaci di dimostrare la veritiera affezione dei seguaci, sono stati colpiti dall'impatto di organizzazioni "mafiose": la Blogger Mafia.
Difatti qualche giorno fa alcuni fashion blogger sono stati incolpati di aver creato gruppi segreti su Facebook, attivi nella missione di aumentare di credibilità e, di conseguenza, profitti. L'accusa è che, grazie ad accordi prestabiliti e monitoraggio degli spam reciproci, il gruppo garantisce uno scambio di attenzioni procurando visibilità e notorietà a post, gruppi e fanpage che altrimenti sarebbero condizionati dal parere democratico degli utenti.
Tutto ciò è rimasto ignoto fino a qualche giorno fa, quando una giovane ex-blogger iscritta al gruppo Blogger and The City si è 'pentita' e sul blog truffafashionblogger, aperto appositamente, ha mostrato le testimonianze dell'imbroglio, correlate da nomi, cognomi e link dei 'colpevoli'.
Cosa ci siamo inventati? Un gruppo segreto su Facebook dal nome Blogger and The City. Anche io ci facevo parte, ma non essendo servile ai loro comandi…mi hanno bannato.
Scopo del gruppo? Molto semplice scambio di Mi Piace e commenti tra gli appartenenti al gruppo.
Ogni volta che ognuno dei blogger pubblica un post gli altri devono cliccare Mi Piace e lasciare un commento. Occorre farlo anche in un determinato tempo altrimenti si rischia penalizzazione da parte degli amministratori (leggete i discorsi per capire). Ma vi posso garantire che a nessuno interessa il post di un altro…anzi!Risultato? Agli occhi dei brand, così come dei poveri uffici stampa, sembriamo seguitissimi e commentatissimi…mentre la realtà è altra. UNA REALTà TRISTISSIMA. Un inutile e misero scambio nonché una vera e propria truffa. Si truffa…perché i brand e gli uffici stampa pagano per averci e per affidarci la comunicazione.
Si tratta, quindi, di una vera e propria 'organizzazione' che, in orari precisi e con doveri di partecipazione ben definiti, ha come unico scopo commentare, cliccare e condividere reciprocamente contenuti, al di là di un vero coinvolgimento e interesse.
Nella confessione della 'pentita' emergono anche i nomi di addetti ai lavori riconosciuti, persone sulle quali note aziende della moda italiana investono grandi somme.
L’accusa si accentua quando la blogger invita gli uffici stampa a fare attenzione poiché investono grandi somme su PR 2.0, certi di affidare il loro lavoro in mani sicure e interessate mentre rischiano di essere in balia di blogger che si affidano al gioco forza per far emergere i contenuti e risaltare il proprio livello professionale.
Scandalo o no, tattica o strategia, qualcosa di vero ci sarà se l’articolo è sparito nel giro di poche ore, ma nel web non si può non lasciare traccia…
La domanda che ci poniamo è quindi questa: quanto ci si può fidare della reputazione di qualcuno sul web? quanti fan di una pagina sono davvero fan? E quindi, come si può stabilire un metro di giudizio sul successo su un blog, una fanpage o un qualsiasi account social?
Dopo la riflessione sui finti follower, arriva un'altra 'accusa' che mette in discussione la credibilità sui social network. Quale sarà il prossimo scandalo?