La fotografia era un processo meccanico: scattavamo, portavamo a sviluppare il rullino allo studio fotografico, poi andavamo a riprendere le foto stampate, le guardavamo, ricordavamo i momenti e quelli rilevanti li incorniciavamo. Poi è arrivata la rivoluzione digitale e abbiamo smesso di sviluppare.
Le foto venivano scaricate sul computer, visualizzate e ricordate. Oggi con gli smartphone è un processo molto più automatico: le foto vengono scattate, condivise sui social media e tendenzialmente dimenticate: potremmo chiamarli "ricordi punta-e-scatta", secondo una recente ricerca della Fairfield University.
Ricordi "punta-e-scatta"
Come i ricordi fotografati si possano affievolire ce lo spiega lo studio "Ricordi punta-e-scatta: l'influenza dello scattare foto sui ricordi di una visita al museo" apparso su Psychological Science. La Dott.ssa Linda Henkel, psicologa cognitiva alla Fairfield University, è partita dal presupposto che
"per catturare un momento le persone sempre più spesso tirano fuori la loro macchina fotografica sovrappensiero, a tal punto da perdere quello che sta succedendo di fronte a loro"
Per questo ha effettuato un esperimento con un gruppo di studenti al museo, chiedendo loro di scattare fotografie o semplicemente di osservare delle opere. Successivamente, interrogati sui loro ricordi, è stata notata una diminuzione della capacità di ricordare le opere fotografate e una maggiore attenzione ai particolari, invece, per quanto riguarda le opere osservate solo a occhio nudo. È il cosiddetto "effetto indebolimento causato dallo scattare foto". Secondo la Dott.sa Henkel
"quando le persone delegano alla tecnologia i propri ricordi, si può avere un impatto negativo sulla qualità del ricordo di quella esperienza"
La seconda parte della ricerca invece richiedeva, nel medesimo scenario, di scattare una fotografia effettuando uno zoom. In questo caso il ricordo sia del dettaglio, sia dell'opera intera, era preservato. Per questo motivo, sempre secondo la Dott.ssa Henkel, è utile dedicare il giusto tempo alle foto che scattiamo, rivederle per ricordarle.
La conclusione, riportata anche in una intervista effettuata da Vice alla docente stessa, è che se la macchina fotografica memorizza solo quello che è inquadrato,
"l'Occhio della macchina fotografica e l'Occhio della mente non sono la stessa cosa. Perché il cervello crea una rappresentazione dell'intero oggetto, anche se ne abbiamo guardato solo una parte"
Facebook in difficoltà
Questo fenomeno psicologico potrebbe mettere in difficoltà la strategia di Facebook, basata proprio sull'archiviazione statica dei ricordi. Le nuove generazioni iniziano a preferire Snapchat, il social media effimero che, controcorrente, si sta concentrando proprio sulla temporanea rilevanza dei ricordi: il momento (snap) può essere visualizzato per un massimo di 10 secondi e poi svanisce. Sarebbe interessante dimostrare se questa estrema concentrazione dell'azione di condivisione renda lo snap più rilevante e memorabile per la mente.
Pew Research Center's Internet & American Life Project
Snapchat, che recentemente ha rifiutato un'offerta di acquisizione milionaria da Facebook, ha da poco lanciato le Snapchat Stories, una sorta di catena effimera di ricordi che tiene memorizzata di continuo solo le ultime 24 ore, aggiungendo gli snap nuovi ed escludendo quelli vecchi. Una risposta originale alla Timeline di Facebook, e sicuramente uno specchio della nuova generazione mobile che popola un crescente internet visivo, privato e multipiattaforma.
Evan Spiegel, CEO di Snapchat, ha dichiarato a The Verge che preferisce quando "le esperienze digitali e analogiche si influenzano l'una con l'altra, invece di avere una mera trasposizione di una esperienza analogica dentro al mondo digitale".
E come la Dott.ssa Henkel consiglia di concentrare l'attenzione sulle foto che scattiamo, la line di campagna alla fine del video di presentazione delle Snapchat Stories annuncia, quasi in una inaspettata epifania social: "Il momento è arrivato".
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