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Una delle più grandi opportunità che l'online video offre ai creativi è quella di potersi confrontare con tempi molto differenti rispetto ai tradizionali 15 o 30 secondi imposti dalla televisione. Su YouTube possiamo trovare spot di ampia durata che sfiorano i due o tre minuti, così come cortometraggi e intere web serie.
Allo stesso modo, il successo di piattaforme di condivisione di instant video come Vine ha decretato l'affermazione del formato breve, anche in virtù del consolidarsi di un consumo web da mobile, favorendo per ovvi motivi strutturali una fruizione più veloce e irregolare nel tempo.
Sul formato breve si sta investendo molto, come dimostra la battaglia tra Vine e Instagram (e quindi tra Twitter e Facebook): proprio Instagram pochi giorni fa ha introdotto Hyperlapse, l'app che permette di creare video in time-smartphone usando solo il proprio smartphone.
Secondo uno studio di Statista e Mashable, i filmati brandizzati di Vine hanno un tasso di condivisione maggiore del 400% rispetto ad altri formati. Un dato molto rilevante, soprattutto se posto in relazione ad un'altra previsione presentata dallo stesso studio, secondo cui nel 2016 ben il 55% del traffico Internet sarà audiovisuale.
I video di Vine e piattaforme simili piacciono molto agli utenti in virtù della loro brevità (multitasking e mobilità portano come sappiamo ad un abbassamento dell'attention span) e alla maggiore facilità di approccio e familiarità col mezzo (i 40 milioni di utenti registrati se la cavano certamente meglio nel realizzare un instant video dal look homemade rispetto ad un video YouTube - che ha progressivamente alzato la qualità anche tecnica dei suoi contenuti). E, ultimo ma non meno importante, Vine, a differenza di YouTube così come Facebook, non ha (almeno per ora) aperto ai marketer la possibilità di fare advertising a pagamento, per cui l’utente “atterra” su un contenuto al termine di un percorso di ricerca specifico e intenzionale.
Il futuro dell’online video è dunque il formato breve? Su quale tipo di comunicazione le aziende dovrebbero concentrarsi maggiormente?
Short content: case histories di successo
Un esempio di utilizzo efficace di Vine è quello di brand come Lowe’s e Bacardi, che hanno saputo sfruttare i 6 secondi della piattaforma per diffondere contenuti fatti apposta per incuriosire gli utenti e invitarli a partecipare o approfondire il tema lanciato.
Lowe’s utilizza il suo canale per fornire ai fan pillole di consigli utili per la gestione della casa e il fai da te.
Pochi secondi di stop motion bastano a Bacardi per mostrare ingredienti e mix giusti per realizzare cocktail e dare quindi consigli di utilizzo del prodotto.
Long content: il fascino dell’engagement profondo
Risale a pochi giorni fa il rilascio dell’ultima campagna di Wind, un emozionantissimo video che ruota attorno al rapporto padre-figlio, che parla di ricordi, di affetto, e del potere di una comunicazione umana che supera quello della tecnologia.
Un vero e proprio prodotto cinematografico, un racconto basato su valori universali comunicabili solo attraverso un contenuto la cui struttura (compresa quindi la durata) permetta di sviluppare una narrazione completa.
Nulla di questo genere sarebbe stato possibile su Instagram, Vine o Hyperlapse. E se il successo di queste piattaforme cresce sempre più, e vero anche che tantissimi utenti guardano online intere serie tv, piuttosto che parodie, supercut, rifacimenti di esse, o visionano contenuti ufficiali paralleli a quelli televisivi (come recap o highlights su YouTube, ad esempio).
Short form content o long content?
Su quale genere di contenuto, quindi, le aziende dovrebbero investire maggiormente? La risposta, solo apparentemente banale, suggerisce l'importanza dell'analisi del mercato e del proprio pubblico di riferimento, nonché la pianificazione strategica degli obiettivi di comunicazione.
Nel progettare una campagna video è importante tenere conto di più elementi:
- A chi si vuole parlare
- Quali sono le piattaforme più utilizzate dal pubblico di riferimento, sia social che video
- Che tipo di campagna si vuole diffondere (di prodotto, istituzionale…) e quale registro sarà utilizzato
- L'obiettivo che si vuole ottenere (creare awareness, creare engagement, fidelizzare...)
Nell'era dei social network ogni pubblico sceglie quello che meglio riflette i propri gusti, i propri interessi, per cui diventa indispensabile capire con quale piattaforma il proprio target è già in confidenza.
Assistiamo spesso ad esempi in cui contenuti destinati alla pubblicità televisiva vengono trasposti online senza alcuna modifica, e in molti sottolineano sempre più spesso come non vi sia nulla di più sbagliato: il rischio è quello di portare lo spettatore a percepire come maggiormente invasivo e inappropriato lo spot, presentato in un contesto in cui l’utente sta navigando in modo personale e "privato".
Un interessante caso è la campagna integrata di Doritos, che ha realizzato una simpatica iniziativa su Vine utilizzando i Mariachi protagonisti del suo promo televisivo per lanciare un contest.
Grande attenzione all'ecosistema mediale è stata rivolta nella attività di pianificazione anche da Ikea prima di creare la sua campagna "The Time Travel Experiment": rivolgendosi ad un pubblico giovane, i creativi hanno scelto di realizzare un esperimento che ricorda un genere televisivo tra i più amati in questa fascia di età, quello del reality sceneggiato.
Oltre alla forma della social tv, il web si integra alla televisione anche grazie alla sua capacità di riproporne i contenuti, e spesso gli utenti accedono ai social media per aggiornarsi sugli show televisivi, molto frequentemente "seguiti" -nel senso social del termine- online e non guardati tradizionalmente.
Video come quello di Ikea trovano un loro significativo spazio in un ambiente al quale il pubblico di riferimento accede anche per fruire in modo nuovo alla programmazione televisiva.
I video in short form content rappresentano certamente una realtà in crescita che molte aziende stanno sfruttando per farsi conoscere o interagire in modo diverso con il suo pubblico, ma sicuramente i contenuti di lunga durata permettono ancora scelte comunicative e narrative imprescindibili.
Voi cosa ne pensate?