Ormai lo sappiamo: lo storytelling è il cuore della comunicazione sui social network.
Raccontare è un atto antico quanto l'uomo stesso e fa parte, oggi come ieri, di ogni nostro giorno.
Tornati a casa dopo una lunga giornata di lavoro, non elenchiamo ai nostri partner quante telefonate abbiamo fatto, quanti caffè bevuti, che mezzi abbiamo preso o quali degli obiettivi prefissi abbiamo - o no - raggiunto.
Raccontiamo storie, che hanno sempre un inizio, un eroe (che coincide di solito con la nostra persona), una missione, un nemico, una ricompensa e una conclusione.
Più saremo avvincenti nel nostro narrare, meglio arriveremo alla testa e al cuore di chi ci ascolta che, con tutta probabilità, si farà egli stesso nuovo portatore di questa storia ad altre orecchie.
Lo stesso schema è utilizzato, da sempre, da chi cerca di venderci i suoi prodotti.
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Ma che caratteristiche specifiche ha lo storytelling su Facebook, Twitter e tutti gli altri Social Media?
Abbiamo trovato interessante un approfondimento in 5 parti di Hootsuite, derivato da una presentazione di Cameron Uganec, Direttore Marketing di Hootsuite, e di Michael Brito di Edelman Digital, tenuta in occasione del Marketo's 2013 Summit Conference a San Francisco.
Back to the Future
Con i social media e l'applicazione dello storytelling torniamo, in un certo senso, indietro nel tempo.
A sostenerlo è Jonah Sachs che, nel libro Winning the Story Wars, sviluppa un'interessante riflessione su 3 ere dell'esistenza umana: quella della tradizione orale, quella dei broadcast e quella digitale.
Nella prima fase, eravamo seduti intorno a un fuoco a raccontarci storie e ogni persona faceva proprio il racconto appena ascoltato; nell'era dei broadcast, le idee erano di esclusivo possesso dei loro creatori e trovavano nel pubblico solo un ricevitore sterile; nella fase attuale, quella digitale, si è tornati alla fase iniziale: ogni giorno usiamo le idee di altri, le modelliamo mescolandole ad altre, le condividiamo, creiamo dei meme, le teniamo per noi stessi o ci facciamo qualcosa di creativo e interessante.
Un altro aspetto che accomuna l'era orale a quella digitale è legato al passaggio del messaggio: si è tornati ad avere un oratore che parla a una persona che, a sua volta, racconterà a un'altra e a un'altra ancora e via di questo passo.
Si è quindi superata la fase dei broadcast in cui una persona o una realtà commerciale comunicava contemporaneamente a moltissime persone che, però, non venivano coinvolte nel passaparola, rendendo il messaggio sterile e spersonalizzato.
È importante ricordare che alla base di tutto c'è l'umanità!
È vero: passiamo sempre più tempo a fissare monitor e sembriamo degli esseri dissociati, ma spesso siamo semplicemente persone che condividono con altre persone; la tecnologia rende solo il tutto più veloce e semplice, ma alla base c'è il solito, vecchio, fondamentale, desiderio di comunicare.
Ultimo aspetto che accomuna la prima e la terza fase è quello legato alla qualità del messaggio: è finita l'era dei più ricchi ed è tornata quella dei più interessanti.
Mai come negli ultimi anni abbiamo visto come alla base del successo di una strategia comunicativa c'è la qualità dell'idea e non i soldi che s'investono per diffonderla.
Perché la gente condivide contenuti?
Il New York Times Insights ha pubblicato uno studio che analizza i fattori chiave che invogliano il pubblico a condividere:
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far arrivare valori e contenuti interessanti ad altre persone
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per far conoscere noi stessi agli altri
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per far nascere e crescere relazioni
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per far interessare la nostra comunità ai brand e alle cause che ci toccano di più
Ci ritroviamo a compiere queste azioni quando la storia che ci viene raccontata suscita in noi sentimenti chiave, positivi (ispirazione, divertimento, commozione, fierezza) o negativi (preoccupazione, paura, disgusto, orrore).
Se leggiamo una storia che ci muove in queste direzioni, con tutta probabilità la faremo nostra e la racconteremo a nostra volta.
Ma se la storia vogliamo crearla noi, esiste una strategia per renderla di sicuro successo?
La risposta non vi piacerà: no, non esistono!
Questa non è una scienza esatta (e diffidate da chi vi assicura la buona riuscita di una pratica di storytelling!).
Ci sono però dei consigli che possiamo tenere a mente:
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fate leva sulle motivazioni chiave del vostro pubblico, per cercare di raggiungere tutti coloro che le hanno (anche chi non segue il vostro brand)
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sforzatevi di creare una storia
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siate sempre veri e voi stessi (se perdete credibilità, potreste anche non recuperarla più)
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la semplicità è la vostra arma in più
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fate appello a sentimenti positivi (sono quelli di cui il pubblico ha più bisogno)
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fate sì che emerga un senso di urgenza in quel che raccontate
E se tutto ciò non dovesse bastare, potete sempre rivolgervi a quelli di Buyral! ;)
L'approfondimento di Hootsuite continua con l'importanza delle immagini e dei video per una corretta applicazione della metodologia dello storytelling.
Buona lettura (e buoni racconti!)