Finalmente possiamo dirlo: gli e-commerce stanno avendo successo anche in Italia. Per anni abbiamo snobbato questo mondo, vittime di luoghi comuni, paure infondate e crociate in difesa di un’idea di commercio e di mercato a dir poco obsolete.
Perché questo ritardo? Beh, fare un’analisi dettagliata richiederebbe mesi di studio, grafici, calcoli e ricerche approfondite, ma se volessimo semplificare al massimo potremmo individuare tre cause principali:
- Inadeguatezza tecnologica delle aziende;
- Paura delle transazioni economiche per via telematica;
- Forte radicamento delle attività commerciali nel tessuto sociale, economico e produttivo locale;
Se il punto 3 è da considerarsi quasi un vanto per l’Italia, uno dei pochi Paesi rimasti al mondo dove le piccole attività, i centri commerciali naturali e la valorizzazione del territorio e dell’artigianato locale continuano a resistere alla crisi, i primi due sono il segno di un’arretratezza che prima di essere economica è culturale.
Non riuscire a seguire le evoluzioni del mercato, pensando di poter sfruttare tecniche di vendita valide trent'anni fa significa, inevitabilmente, andare incontro al fallimento, ma a quanto pare il vento è cambiato, e anche da noi i dati rivelano una crescita esponenziale dell’e-commerce.
Il giro di affari italiano di questo settore si aggira sui 14 miliardi di euro ed è destinato a salire sensibilmente nel prossimo futuro, grazie soprattutto a un aumento considerevole degli acquisti da mobile, cresciuti del 100% nel 2014, e dei social network, fondamentali nel veicolare traffico ai siti di vendita online, ma non solo.
Sì, perché Facebook & Co. non si limitano solo a favorire il passaggio dell’utente dalla piattaforma di social networking al sito, ma partecipano a tutte le fasi che precedono e seguono l’acquisto di un prodotto.
Dalla fase di awareness, ovvero quella di conoscenza e raccolta di informazioni che precede l’acquisto, che in circa l’80% dei casi avviene sul web, attraverso la ricerca di recensioni, video, discussioni nei forum, nei gruppi di settore e tra amici e conoscenti, fino alla conversione, che a sua volta attiva la successiva, quella della condivisione dell’esperienza, il ruolo dei social è sempre più centrale.
Uno dei problemi che si riscontra maggiormente negli studi effettuati sull'argomento è che l’utente nella fase di ricerca tende a perdersi, ad annoiarsi, e meno della metà delle volte acquista effettivamente un prodotto. Ne consegue, a quanto pare, che chi fa commercio online deve essere in grado di attirare l’utente in un ambiente nel quale poter trovare tutto ciò di cui ha bisogno, senza dover impazzire.
In questo processo una grande mano possono darla i social network, e lo hanno capito perfettamente i vertici delle varie piattaforme che, con tempistiche diverse, stanno implementando nuove funzioni che ne favoriscano lo sviluppo.
Quello che comunemente viene definito Social Commerce ha un’importante sfida davanti a sé, ovvero fare in modo che l’utente possa utilizzare le piattaforme sulle quali spende la maggior parte del proprio tempo per attraversare tutte le fasi che precedono e seguono l’acquisto senza mai uscire da lì.
Non è facile, anche perché molti utenti continuano a utilizzare i social per l’intrattenimento e il tempo libero, e di conseguenza sono portati a distrarsi, ma non è impossibile.
Vediamo un po’ come affrontano il problema i principali social network.
Se consideriamo come obiettivo primario quello di consentire all'utente di vedere il prodotto, cercare informazioni dettagliate, leggere recensioni, chiedere opinioni a chi l’ha già acquistato, comprare il prodotto e lasciare un feedback sul venditore e sul prodotto stesso senza passare da una scheda all'altra del browser, bisogna ammettere che Facebook l’ha capito prima di tutti, ma con scarsi risultati.
Con il Gift Shop Facebook tentò in passato un primo approccio all'e-commerce, consentendo l’acquisto e l’invio di regali agli amici direttamente attraverso la piattaforma. Il servizio, però, non è mai decollato, ed è stato chiuso definitivamente il 1 agosto del 2010.
Lo scorso 17 luglio il social creato da Mark Zuckerberg ha dimostrato di non aver abbandonato l’idea di operare nel settore dell’e-commerce, annunciando l’introduzione del tasto Buy.
Cos’è il pulsante buy?
Tecnicamente non è altro che una call-to-action, ma differente rispetto a quelle tradizionali, generalmente utilizzate per portare traffico dal social al sito dell’azienda. In questo caso, invece, è possibile sponsorizzare un post con la foto di un prodotto e offrire all’utente interessato la possibilità di effettuare l’acquisto senza lasciare Facebook, garantendo il rispetto della privacy e la sicurezza dei dati della carta di credito o del contro corrente utilizzato per il pagamento.
Bisogna chiarire che Facebook non richiede nessuna commissione sulla transizione, ma solo il costo dell’annuncio, che è lo stesso di qualunque altro post sponsorizzato.
Questa funzione è molto utile, perché, com’è noto, la possibilità di profilazione del target di riferimento attraverso i Facebook Ads è molto elevata, e consente di pubblicizzare il giusto prodotto al giusto pubblico.
Ancora è presto per tirare le somme di questa funzione, ma tutto fa pensare a un lento ma inarrestabile contributo all'aumento degli acquisti online.
Il social network dei cinguettii non è rimasto a guardare, e si è adoperato per intercettare le esigenze delle aziende operanti nel settore e degli utenti. Nel mese di settembre Twitter ha replicato a Facebook annunciando anch’esso l’introduzione del pulsante buy, inizialmente destinato in via sperimentale solo a un numero limitato di utenti negli Usa.
La combinazione tra sponsored tweet e call to action può rappresentare una grande occasione per il social di iniziare a monetizzare come non è riuscito a fare fino ad ora, e per le aziende di sfruttare una piattaforma votata prevalentemente al mobile per spingere gli utenti a effettuare gli acquisti in maniera semplice, veloce e sicura.
Sviluppato in collaborazione con Fancy, Gumroad, Musictoday e Stripe, ai quali si aggiungeranno altri partner nel corso dei prossimi mesi, il sistema di acquisto tramite tweet è veramente molto semplice.
Dopo aver cliccato sul pulsante Buy, si apre una pagina all'interno della quale è possibile ricevere maggiori dettagli sul prodotto - scegliere, ad esempio, nel caso di un capo d’abbigliamento, la taglia o il colore - e inserire i dati di spedizione e pagamento. Al termine del processo, l’ordine viene consegnato al commerciante che provvederà a spedire il prodotto. I dati relativi alla carta di credito verranno conservati in maniera criptata, in totale sicurezza, e non saranno forniti al venditore senza il proprio consenso.
Il tasto Buy non è l’unica funzione rivolta al commercio online attivata da Twitter recentemente, a dimostrazione delle intenzioni dei vertici dell’azienda di puntare fortemente su questo settore per iniziare a guadagnare dopo una quotazione in borsa non proprio entusiasmante.
Il simbolo per eccellenza di Twitter è l’hashtag, allora perché non sfruttarlo per compiere delle conversioni? In seguito a un accordo siglato con Amazon, è stato introdotto un sistema basato proprio su due hashtag, #AmazonCart e #AmazonWishList.
Come funziona? Ogni volta che visualizzate un tweet di Amazon contenente il link a un prodotto, potete rispondere scrivendo #AmazonCart o #AmazonWishList. In questo modo il prodotto verrà inserito automaticamente nel carrello degli acquisti (con il primo) o nella Lista desideri (con il secondo) del vostro account Amazon, senza però completare l’acquisto. Per attivare questa funzione dovete collegare l’account Twitter al vostro profilo su Amazon nella sezione “Le mie impostazioni di condivisione”.
L’integrazione tra un social come Twitter e un colosso come Amazon apre scenari molto interessanti, che abbiamo già analizzato approfonditamente al lancio di questa funzionalità, e che vi invitiamo a rileggere.
Pinterest è senz’ombra di dubbio il social network più adatto all'e-commerce, grazie alla sua natura spiccatamente visual. Gli utenti hanno la possibilità di guardare le foto del prodotto, informarsi sui dettagli attraverso la descrizione e, cliccando sull’immagine, raggiungere il sito del venditore per completare l’acquisto.
Un primo, timido, tentativo di fare e-commerce su Pinterest fu fatto con l’introduzione dei price tag, ovvero l’inserimento del prezzo del prodotto ritratto nella foto condivisa nella board. Scrivendo nella descrizione il simbolo dei dollari $ seguito dal prezzo in cifre, quest’ultimo veniva visualizzato anche sull'immagine.
Questa funzione, però, non ebbe successo; già nel 2012, uno studio condotto da Pinreach, e riportato dal sito Mashable.com, dimostrò come l'engagement ottenuto dai pin con price tag era esattamente uguale a quelli che ne erano sprovvisti, dimostrandone di fatto l’inefficacia. La presenza del prezzo in primo piano rendeva evidente l’intento promozionale e l’invito da parte dell’azienda ad acquistare il prodotto, e questo non era ben visto dagli utenti.
Oggi le cose sono cambiate, e in meglio. Con il 93% di utenti che hanno completato un acquisto online negli ultimi sei mesi, Pinterest è in testa alla classifica dei social network che veicolano più traffico ai siti di e-commerce, il 73% da mobile, e con l’introduzione e la conseguente diffusione dei promoted pin siamo sicuri che questo trend continuerà a crescere.
A registrare i risultati migliori sono i grandi brand, in particolare nel settore della moda e dell’abbigliamento, ma se usato sapientemente Pinterest offre possibilità enormi a tutti gli e-commerce, a patto che si “pinnino” foto di qualità e descrizioni accattivanti e al tempo stesso dettagliate.
L’unico limite riscontrabile, per ora, è l’assenza di un sistema di completamento dell’acquisto interno al social, ma allo stato attuale non appare influire negativamente sulla sua efficacia.
Come Pinterest, anche Instagram è un social network votata al visual, ma l’utilizzo è più orientato alla condivisione di foto belle, scatti personali, immagini divertenti, e un po’ meno alla vendita diretta di un prodotto. Ciò nonostante, nel corso del 2014 abbiamo avuto modo di assistere ad alcuni esempi di utilizzo della piattaforma molto originali, come quello di Ikea Russia, che ha realizzato il primo esempio di sito web costruito appositamente per Instagram, un vero e proprio catalogo interattivo con le immagini dei prodotti, i prezzi, le descrizioni.
Realizzare un catalogo, promuovere un prodotto, indire un contest, fare visual marketing, tutto questo può tornare molto utile in un’ottica di strategia di comunicazione integrata, e per portare traffico di potenziali clienti al sito e-commerce.
Messaggistica Istantanea
Quando si parla di social network spesso di dimentica che anche servizi di messaggistica istantanea come WhatsApp e WeChat fanno parte di questa categoria, di conseguenza non possono non essere presi in considerazione quando si parla di rapporto tra social ed e-commerce. Certo, queste due app non hanno un layout o una struttura in grado di veicolare immagini di prodotti, ma possono essere molto utili per raggiungere il consumatore direttamente sul proprio smartphone, senza filtri.
Come? Ad esempio chiedendo ai clienti già acquisiti il numero di cellulare e il consenso ad essere inseriti in una lista di contatto, attraverso la quale ricevere news su promozioni, offerte, sconti, coupon e novità sui prodotti.
L'esempio del contest lanciato da Absolut su WhatsApp e delle strategie di WeChat marketing di alcuni brand famosi dimostrano che i risultati su queste piattaforme sono positivi.
Per quanto riguarda WeChat, non va sottovalutato il fatto che due terzi degli utenti iscritti vivono in Cina, in Asia e in Africa Orientale, quindi, se la propria attività comprende l’esportazione di prodotti in queste aree, integrarlo nella propria strategia marketing non è affatto una cattiva idea.
Come potete vedere il rapporto tra social network ed e-commerce è ricco di spunti interessanti, di opportunità e di scenari futuri molto promettenti.
Puntare oggi su questo settore può fare la differenza tra il successo e la mediocrità della propria attività commerciale. E voi, cosa ne pensate?