C’è un treno di indizi (clue-train) sulla comunicazione aziendale che arriva direttamente dagli anni novanta, senza essere affatto in ritardo.
Il Cluetrain Manifesto è composto da 95 tesi, scritte nel 1999 da un gruppo di comunicatori per suggerire alle aziende come muoversi nel neo-nato mercato online. Ma dei consigli così datati risultano attuali e credibili in un mercato in così rapida evoluzione come quello digitale? È possibile che risultino utili anche senza essere aggiornati all’ultimo algoritmo di Google?
Scopriamolo.
Comprare è chiacchierare
“I mercati sono conversazioni” (tesi 1) è la frase di apertura, che richiama alla concezione originaria di mercato come punto di incontro e di contrattazione tra persone. Dietro domanda ed offerta ci sono sempre delle persone che parlano tra loro, con tempi e modi umani.
Le possibilità della rete sono sempre più numerose, ma si sviluppano tutte dall’idea di sostituire o innovare il rapporto personale che si crea(va?) nelle piazze, tra le bancarelle.
L’elemento umano è e rimane una base fondante del commercio, pur non costituendo necessariamente una priorità: una mezz’ora di fila al supermercato o di traffico in centro si evita sempre volentieri.
Le prime tesi ci ricordano che quanto più la tecnologia avanza, tanto più si avverte il bisogno del contatto personale che uno schermo non potrà mai restituire.
Questo vuol dire proporre ecommerce che siano costruiti sulla base della user experience, che aiutino e consiglino l’utente, risultando propositivi e non invasivi.
Allo stesso modo, l’azienda che si propone nei social network deve usare il linguaggio dei suoi clienti senza ricorrere a formule verbali artificiose né utilizzare ciecamente gli hashtag più gettonati.
D’altro canto, è opportuno che il personale di negozio o un agente di commercio siano adeguatamente preparati non solo a ricevere il cliente, ma a dimostrare un’adeguata conoscenza del prodotto: l’esercente che non vuole dipendere dai capricci della rete deve essere egli stesso il plus del proprio negozio, il cardine attorno a cui far ruotare la narrazione dello spazio espositivo, l’esperienza diretta con il prodotto… e magari qualche sconticino.
Connessione è sovversione
L’idea alla base degli hyperlink è quella di legare in modo non sequenziale una serie di contenuti (pagine), consentendo ai naviganti di sfogliare liberamente il web per soffermarsi solo sulle informazioni ricercate.
Parallelamente, le persone hanno nuove occasioni di ritrovo, dialogo e confronto, da cui sono nate nuove forme di organizzazione sociale. L’orizzonte comunicativo ora è solo virtuale, rendendo il consumatore meno solo nelle sue scelte e, anzi, affamato di ricerche, recensioni, giudizi. La reputazione online di un marchio passa attraverso i siti di aggregazione spontanea che forniscono, spesso disinteressatamente, informazioni utili su prodotti e servizi. Forum, blog e social network sono la conferma che “le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende” (tesi 11).
Questo comporta una perdita di autorità delle aziende sul loro stesso brand e il passaggio da un modello di comunicazione istituzionale ad uno collaborativo più orizzontale. Da ciò si fa sentire la necessità di un’oculata gestione della presenza online, che va oltre la cura del proprio angolino sicuro (sito), ma include pratiche come visitare i forum di settore, conoscere gli influencer, tenere d'occhio i concorrenti, elaborare un social media plan ed in generale esplorare il web.
Comunicare è ascoltare
Comunicare vuol dire prima di tutto ascoltare, perché i feedback in rete sovrabbondano. Certo, pareri errati o faziosi sono all’ordine del giorno, ma questo non cambia il fatto che il consumatore sia sempre più informato e organizzato, al punto da percepire la reputazione di un marchio più realisticamente dei proprietari dello stesso.
Deve essere dunque l’azienda a saper intendere e raffinare le informazioni, per poi agire, basandosi su un’adeguata pianificazione. L’improvvisazione è sempre un rischio, perché nel web il diritto all’oblio pare non esistere: tutto può essere sommerso ma altrettanto facilmente ritrovato, anche dopo abili operazioni di crisis management. Un esempio recente è costituito dalle associazioni spontanee che porta il caso Moncler.
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Cluetrain Manifesto: organizzazione è conversazione
Se i consumatori sono sempre più informati e organizzati, questo può valere anche per le aziende. Il traffico di informazioni generato spontaneamente dagli utenti dovrebbe essere percepito come un’importante occasione per aggiungere valore alla propria offerta.
La fonte primaria di informazioni non deve essere esterna, sotto forma di intermediari, ma interna al tessuto aziendale, coinvolgendo dipendenti, fornitori, clienti e tutta la rete di stakeholder che orbita intorno a quella realtà. I primi a sapere cosa si può migliorare in azienda sono i dipendenti, i primi a conoscere le tendenze del mercato sono i consumatori, anche se probabilmente i dati in loro possesso sono rimasti grezzi.
Va quindi ribadita l’importanza della comunicazione interna, poiché “ciò che accade ai mercati accade anche a chi lavora nelle aziende” (tesi 13). La facilità con cui le informazioni passano tra i dipendenti, il management e gli stakeholer è uno strumento utile per capire lo stato di salute di un’azienda nel lungo termine. La definizione di azienda quale organizzazione di persone e mezzi può essere socraticamente intesa come un dialogo che aiuti a partorire una verità, ossia un business di successo, che sappia armonizzare gli elementi che lo compongono.
Cosa dice la voce del business? Quanto è attuale parlare di Intranet? Cosa ne pensa Elvis?
Le risposte nella seconda parte dell'analisi del Cluetrain Manifesto.