Laureato in Marketing e Strategia, Alberto Maestri è stato uno dei 25 partecipanti worldwide al Weave The Future Project, organizzato dal Gruppo Marzotto, e ha fatto parte del team organizzativo del TEDx Reggio Emilia. Oggi collabora con Ninja Academy e sarà docente del Corso Online in Content Marketing.
Insieme a Francesco Gavatorta ha scritto "Content Evolution - La nuova era del marketing digitale" in cui ci racconta la sua visione dei cambiamenti digitali in atto in ottica transmediale e crossmediale. Il suo testo è in uscita tra qualche settimana ma siamo riusciti ad avere qualche anticipazione nell'intervista di oggi.
1. Come posso attivare il contenuto digitale giusto, al “posto” giusto, al momento giusto?
Credo che la parola chiave capace di rispondere a tutte e 3 le sotto-domande sia rilevanza. E’ la rilevanza che trasforma un contenuto digitale qualsiasi in quello giusto, distribuito nel “posto” giusto e al momento giusto. Cosa è rilevante per l’audience all’ascolto?
Nel suo ultimo manuale del 2013 Your Brand: the Next Media Company, Michael Brito propone un esempio adeguato: quando, diversi anni fa, il professionista statunitense di Social Business aveva bisogno di ottenere un finanziamento, la sua attenzione veniva costantemente catturata da tutti i format commerciali e pubblicitari che trattavano del tema (cartellonistica, spot in TV e in radio). Nell’istante successivo la soluzione del suo problema, come per magia quelle comunicazioni sono diventate del tutto irrilevanti, non più degne di interesse.
In quanto persone e consumatori, il nostro cervello funziona proprio in questo modo: per i Content Marketer diventa strategico cavalcare questo concetto per aumentare le probabilità e profondità di “consumo” dei contenuti progettati ed erogati. Al tema si collegano argomenti oggi molto caldi come quelli del Real-Time Marketing e del Newsjacking.
2. Quali sono i contenuti digitali più efficaci per la mia azienda? Come faccio a sceglierli?
Per capire quali sono i contenuti più efficaci, le aziende devono fare chiarezza su 3 principali aree tematiche:
Identità organizzativa: in primis, le organizzazioni devono studiare sé stesse. Chi sono? Quali sono i valori corporate condivisi? Quali sono le peculiarità e le leve strategiche che hanno permesso di posizionarsi sul mercato e di crescere rispetto ai concorrenti? Solo così esse potranno iniziare a trovare le tematiche e i format più convincenti, capaci di coinvolgere e persuadere gli utenti all’ascolto.
Audience: chi sono le persone che popolano l’audience? Troppo spesso Manager e aziende danno per scontata la loro conoscenza. Negli ultimi anni i consumatori sono diventati incomprensibili e infedeli agli occhi di Manager e uomini d’impresa: uso spesso la metafora del pirata per rendere l’idea. I customer journey si fanno complessi e multi-touchpoint e le informazioni ridondanti: per fortuna, gli strumenti digitali permettono un’analisi delle persone più approfondita e mirata. A proposito, consiglio la lettura di un paper di Gianluca Diegoli, che parlando della progettazione della Digital e Social Media Strategy per una PMI del settore abbigliamento riprende il concetto di persona applicandolo al mondo digitale.
Sostenibilità: la terza variabile serve a dare il giusto equilibrio alle prime due. Può infatti capitare che l’incrocio tra analisi interna (dell’identità organizzativa) ed esterna (dell’audience) “spingano” il Content Marketer verso soluzioni di Content Mix insostenibili per l’azienda.
È invece molto importante che la strategia e il progetto di Digital Content Marketing siano sostenibili durante tutto il loro ciclo di vita. Per fare un esempio semplice, non è possibile pianificare la produzione di una web series se il budget dedicato, il team interno all’impresa e le competenze non sono adeguatamente tarati.
3. Cos’è il branded content? Perché devo intrattenere il mio target?
Riprendo le parole contenute nel recentissimo manuale di Paolo Bonsignore e Joseph Sassoon Branded Content – La Nuova Frontiera della Comunicazione d’Impresa dicendo che il branded content è un grande entertainment. Si tratta della produzione di contenuti informativi, educativi e di intrattenimento realizzati da un’azienda e/o un brand e in grado di attrarre il pubblico su temi a essa pertinenti, ma non immediatamente riconducibili ai suoi prodotti e servizi.
Un caso bellissimo e 100% italiano viene da Illy con il progetto Artisti del Gusto, premiato a livello nazionale e internazionale. L’intrattenimento delle persone è ormai diventato fondamentale: troppi messaggi, troppi stimoli (spesso tutti uguali tra loro) hanno creato nel tempo una sorta di “corazza” cognitiva negli individui, che non ne vogliono più sapere di commercial e pubblicità.
Al contrario, riuscire a fornire loro un contenuto utile, interessante e sticky è davvero importante: permette di limitare i livelli di diffidenza verso il messaggio, facendolo sedimentare nella mente. Non è un caso, per esempio, che sempre più banche e assicurazioni si affidino allo storytelling e al marketing dei contenuti per raggiungere gli utenti in modi nuovi e meno (palesemente) commerciali.
4. Ok, ho trovato i contenuti. Fighissimi. Ora come posso distribuirli?
Leggo spesso articoli e post sul declino dell’importanza dei siti web aziendali, a favore di social media e apps. Niente di più sbagliato! I siti web devono continuare ad avere quel ruolo di hub che da sempre li contraddistingue, diventando anche la “casa” (o la landing page) della maggior parte dei contenuti aziendali.
Ma – guidati dalle linee guida definite dal Digital Content Marketing – è necessario comunque ripensare la loro funzione e le modalità di interazione con l’audience. Con il progetto Coca-Cola Journey, la multinazionale di soft drink è stata uno dei primi first mover in questa direzione. Guardate anche come Audi sta rivoluzionando il concetto di showroom, con la piattaforma Audi City.
D’altra parte, da qualche anno è possibile affermare che, per quanto riguarda la distribuzione dei contenuti, oltre ai siti web “c’è di più”: sto parlando dei social media, delle apps, degli strumenti ad hoc. Durante il corso avremo modo di approfondire questi strumenti, che se adeguatamente utilizzati diventano volano per progetti vincenti di transmedia e crossmedia storytelling.
5. Perché i contenuti devono essere contestualizzati?
In realtà, forse ora diventa necessario porsi la domanda inversa: perché i contenuti non dovrebbero esserlo?
Come spieghiamo ampiamente insieme a Francesco Gavatorta in Content Evolution, il nostro nuovo libro che uscirà tra poche settimane, la strategicità della rilevanza di cui parlavo qualche riga sopra e la condizione di multi-tasking e multi-device delle persone pongono la rilevanza come dimensione di primo piano. Gli individui sono sempre in giro, e in ogni preciso istante hanno bisogni differenti.
Già alcuni anni fa, i fondatori di Ninja Marketing Mirko e Alex parlavano di segmentazione per momenti di vita sottolineando che, anche all’interno di una stessa giornata – le persone indossano “cappelli” differenti: dello studente, del consulente, del genitore, dell’amico, etc. D’altra parte, i device mobili ci hanno “abituati male” (o troppo bene, a seconda delle prospettive): nel manuale The Mobile Mind Shift il team di Forrester Reseach scrive cose interessanti a riguardo.
Gli autori parlano del crescente desiderio di avere tutto subito, all’interno di uno span temporale molto breve tra percezione del desiderio e download dell’app necessaria per soddisfarlo (mobile moment). Non è un caso che un Guru come Brian Solis abbia allertato di recente sulla necessità di progettare non tanto Mobile-first, quanto piuttosto Mobile-only Strategy.
Ancora, pensate alle occasioni perse dalle organizzazioni che non credono nel Search Marketing e non investono in parole chiave strategiche per il proprio business, diventando invisibili agli occhi dei motori di ricerca. Le marche e le aziende che non riescono a posizionarsi in tutti questi nuovi contesti digitali non riusciranno poi a rialzare la testa: a parità di prodotto offerto, per loro emergere diventerà sempre più difficile… e costoso!