Alcuni mesi fa un articolo del Wall Street Journal presentava i risultati di alcuni ricerche riguardanti il content marketing. Niente di strano, direte voi. Niente di strano, se non fosse che Joe Polizzi del Content Marketing Institute in un suo post ha fatto notare che anche quelli del WSJ ancora fanno confusione tra content marketing e native advertising.
Infatti, nell'articolo incriminato si parlava di content marketing come una strategia "in cui i brand creano contenuti strettamente integrati con quelli del sito dell'editore" (la frase, comunque, è stata emendata qualche tempo dopo).
Ok, facciamo chirezza. Content marketing VS Native advertising.
Si può dire che entrambi sono forme di comunicazione di marca basate su contenuti non espicitamente persuasivi. Ma esistono anche sostanziali differenze: modi, scopi e, soprattutto, canali.
Cos'è il content marketing?
Come spiega Polizzi nell' articolo What is Content Marketing?:
"Il content marketing è una tecnica di marketing strategico che prevede di creare e distribuire contenuti di valore, pertinenti e coerenti per attrarre e acquisire un pubblico ben definito - con l'obiettivo di indurre il cliente a rispondere in maniera favorevole.
Lo scopo del content marketing è di attrarre e mantenere i clienti attraverso la creazione e la cura di contenuti rilevanti e di valore con l'intenzione di cambiare o migliorare il comportamento dei consumatori. Si tratta di un processo continuo che va ben integrato in una strategia di marketing globale, e si basa sul possesso dei media, non su quelli a pagamento."
Potremmo dire che il content marketing consiste nel comunicare con i propri clienti, reali e potenziali, senza avere come scopo principale la persuasione all'acquisto. Non si tratta di sponsorizzare il prodotto ma di fornire al consumatore informazione utile. In sintesi, questo tipo di approccio sfrutta una comunicazione continua e coerente per assicurare la fedeltà dei clienti.
Una caratteristica fondamentale del content marketing è che esso si basa su owned ed earned media, ovvero quei canali su cui in qualche modo l'azienda può avere il controllo, mai sui paid media, a pagamento.
Good practice - La Casa Bianca ha rilasciato una photo gallery dei dietro le quinte delle attività quotidiane del presidente Obama. Un'idea di per sè semplice ma originale e capace di creare engagement.
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E il native advertising?
Esistono varie forme di native advertising. L'IAB - Interactive Advertising Bureau ne distingue almeno 6 categorie nel Native Advertising Playbook.
Per semplificare, definiremo Native Advertising come una specifica forma di comunicazione attraverso la quale l'azienda mira a migliorare l'esperienza degli utenti attraverso l'integrazione di contenuti relativi al brand e contenuti editoriali su siti che offrono questo servizio dietro compenso.
Molto spesso nemmeno ce ne accorgiamo ma interi articoli su siti d'informazione sono in realtà contenuti di native advertising che, se bene fatto, non interrompe l'esperienza del lettore. Questi annunci vengono visualizzati come parte della normale esperienza di navigazione e coinvolgono il lettore con contenuti che si integrano naturalmente con il resto del sito.
Good practice - Spesso il successo non si ottiene con metodi preconfezionati. BuzzFeed e Game of Thrones hanno ideato un contenuto non molto dissimile a un qualsiasi test che si potrebbe trovare su internet. Ma ricordate che anche questo è native advertising!
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Come sfruttarli al meglio?
Ma quindi, content marketing e native advertising possono funzionare insieme? Non solo possono, ma devono. La sinergia tra queste due strategie comunificative amplifica il potenziale di ognuna.
Il modo più semplice di sfruttare il native advertising si sovrappone a quelli che sono gli obiettivi di comunicazione tradizionale: brand awareness, call to action et similia. Oppure, si può utilizzare questo tipo di pubblicità per traghettare una fetta maggiore del target sui canali direttamente gestiti dall'azienda, in modo da implementare la strategia di content marketing.
Come sempre, non esiste una ricetta giusta e una sbagliata ma solo è dall'equilibrio tra i diversi ingredienti che si può sviluppare una stategia di successo.