"Senza dubbio, questo è un momento magnifico per uno storyteller". Questo afferma Lance Weiler riferendosi alle possibilità offerte dall'Internet of Things alla storytelling: parliamo di "sfruttare" gli oggetti connessi alla Rete per ampliare le possibilità espressive del racconto. Una mutazione è in atto: la capacità di integrare concretamente le storie con la realtà grazie ad app, augmented reality, iBeacon, codici Qr e NFC.
Un ottimo spunto ci viene da Geoffrey Long quando parla di smart home e storytelling: è vero, le case traboccano di racconti, ogni spazio abitativo racchiude una storia. Le cucine sono piene di racconti, le fotografie bisbigliano gioie e dolori degli inquilini, giocattoli e vestiti hanno una loro storia, per non parlare dei mobili e dell'architettura di una casa. E una smart home può dare tracciare nuove strade su cui uno storytelling può avventurarsi: un piccolo schermo in una cucina che, leggendo un codice QR oppure attraverso un dispositivo NFC, racconta cosa ha ispirato la ricetta di uno chef, oppure un episodio legato a quel particolare oggetto, o ancora il racconto della nascita.
E che dire di un gioco simil-nascondino con un cartone animato virtuale che scorrazza per casa, proiettato attraverso piccole telecamere e che interagisce con l'utente attrverso lo smartphone?
Ancora, ogni casa potrebbe avere una sua voce: ogni stanza potrebbe raccontare una storia, anzi tante storie quanti oggetti contiene.
Per capire di cosa stiamo parlando, proviamo ad applicare una famosa tecnica narrativa di scuola anglosassone: Show, don't tell! Vediamo qualche esempio interessante.
Lighthouse in the Woods: il progetto di Geoffrey Long
L'esperimento di Geoffrey Long, presentato il 23 aprile scorso durante l'Evening of Innovation, è interessante e inquietante allo stesso tempo. Parliamo di una storia di fantasmi immersiva, in cui l'utente, con un paio di Oculus Rift, si trova chiuso in una stanza senza finestre e pieno di quadri, a tu per tu con una voce che racconta la maledizione che ha colpito la sua famiglia. Ogni membro è introdotto uno alla volta: la voce racconta la tragica fine che ha colpito il malcapitato e il rispettivo ritratto si illumina. L'utente non può lasciare la stanza, ma può muoversi all'interno di essa, anche se non può modificare la storia.
Gli Oculus Rift garantiscono un'esperienza immersiva a 360 gradi, ma il passo ulteriore potrebbe essere un mix fra gamification, IoT e storytelling, in cui l'utente potrebbe avere un ruolo nella narrazione.
Bear 71, il documentario interattivo della NBF
"Un documentario come nessun altro". Già, Bear 71 è un progetto di documentario che, nonostante abbia già quasi tre anni di vita, è ancora attualissimo. Girato nel parco nazionale Banff, in Canada, il documentario vuole mostrare il rapporto fra uomo e specie selvatiche, in particolare valutando l'impatto antropico sulla natura selvaggia. La storia di Bear 71, un orsa grizzly, viene raccontata da Mia Kishner, ma dalla prospettiva dell'animale, dal momento in cui i rangers la catturano per farle indossare il collare per seguirla fino al momento della sua morte. Ma Bear 71 non è solo questo: è un fantastico esperimento di documentario interattivo, il cui obiettivo è capire in che punto, in un mondo in cui la tecnologia è ovunque, finisce il mondo connesso e inizia il mondo selvaggio.
Il documentario, di certo, fa di tutto per rendere complicato dare una risposta: fra realtà aumentata, app per il tracciamento degli animali, installazioni nei parchi e sensori di movimento probabilmente i confini tra civiltà e natura sono così labili da non essere riconoscibili.
Il progetto ha vinto il Gold Cyber Lions Award e il sito...beh, il sito è da vedere.
Le opportunità si moltiplicano per gli Storyteller
Forse ha ragione Lance Weiler: questo è un buon momento per essere uno storyteller. L'IoT amplierà le modalità espressive di una narrazione e permetterà agli utenti di interagire con la storia: ci aspettiamo un bel divertimento immersivo.