Il content marketing è un libro che prosegue, pagina dopo pagina, verso un epilogo che non è mai definitivo. Il content marketing è una saga letteraria.
I contenuti possono invecchiare ed esaurire la loro utilità, ma verranno sempre rimpiazzati da nuovi protagonisti, che interagiranno tra di loro sapientemente mossi dallo scrittore; attraverso di essi, quest’ultimo continuerà ad affascinare il proprio pubblico, raccontando la storia del proprio mondo… o brand.
Rand Fishkin, "stregone" di Moz.com, ci svela dunque i cinque motivi più comuni per cui il content marketing fallisce.
Il content marketing non è una catena di montaggio
Il mondo digitale non è composto da una serie di volumi ordinati, ma da un carnevale di anteprime, annunci e offerte. Ben difficilmente un utente apre un browser, accede ad un sito specifico per uno scopo preciso, lo porta a termine e si disconnette.
La dinamica dei collegamenti, chiave del World Wide Web, favorisce le inferenze, i collegamenti spontanei e la distrazione. Il primo clamoroso errore che si può commettere quando si investe in una campagna di content marketing, è ipotizzare che i link siano corridoi senza porte, per cui ad una certa azione ne consegua un’altra.
Facciamo un esempio: accedo a Twitter, leggo un tweet, clicco sul link incluso, leggo la pagina di destinazione, compilo il form e scarico l’ebook gratuito presente sul sito, seguo l’azienda in Facebook, compro il loro prodotto. Non è così che funziona. Uno scenario più probabile è che oggi io legga diversi tweet, clicchi distrattamente su qualche link, presti perfino attenzione alle pagine di destinazione e, forse, se i contenuti sono interessanti, mi ricordi di loro.
Allora magari tornerò in quel sito, mi scoprirò interessato ai loro contenuti, lo dimostrerò stringendo una relazione e mi ricorderò di loro quando avrò bisogno di quel genere di prodotti/servizi, magari senza dover “googlare” il nome dell’azienda perché è troppo lungo da ricordare.
Il content marketing si basa quindi sul costruire relazioni di familiarità e fiducia.
I contenuti non si diffondono per magia
L’unica cosa che si propaga da sola, viralmente, è l’influenza.
La diffusione dei contenuti online non avviene “per magia”, ma attraverso delle logiche di distribuzione, basate su una community che si interessi alla narrazione del brand al punto da entrare a farne parte, alimentandola.
Allo stesso modo, testi, immagini e video viaggiano in Rete e nella mente delle persone solo se esse si sentono coinvolte, ispirate. Più esattamente, un buon contenuto si propaga se:
- Rinforza una convinzione
- Confuta una tesi opposta
- Inizia o contribuisce a una discussione appassionante
- Rientra negli interessi economici delle persone
- Aumenta le meccaniche di inclusione del gruppo
- Alimenta l’immagine di chi condivide.
Un altro beneficio affatto trascurabile è che, se anche dovessimo perdere qualche colpo e divulgare qualcosa di qualità relativa, una community affiatata non mancherà di enfatizzare gli aspetti positivi piuttosto che le defaiance.
Succede lo stesso ai comici di successo: sono loro a strappare la risata, più che le loro battute, perché si sono guadagnati un posto nell'immaginario del pubblico, da cui difficilmente verranno scalzati.
Prima di creare un contenuto chiedetevi chi lo condividerà e perché. Il vantaggio, come sosteneva Aristotele, è che l’uomo è un animale sociale, un comunicatore per natura: quello che dobbiamo fare, è entrare spontaneamente nei suoi discorsi.
I contenuti non vanno solo creati
I buoni contenuti devono raggiungere le persone, in modo da esprimere tutto il loro potenziale; in una parola, i contenuti vanno amplificati. Ma quali sono i mezzi distributivi? E come vanno usati?
Dipende dalla vostra audience. Per cominciare, identificate la vostra nicchia, e informatevi su quali contenuti di successo vengano trasmessi al suo interno: potete prendere spunto da ciò che fanno concorrenti, aziende della vostra filiera o stakeholder della vostra azienda.
Esistono poi servizi di analytics in grado di tracciare chi parla del vostro argomento e dove lo fa: Buzzsumo, Topsy, Reddit, Feedly, Flipboard e tanti altri.
Elemento molto importante sono gli influencer, ossia persone che trattano il vostro argomento con competenza, riconosciuti e acclamati come tali dallo stesso Popolo della Rete. Probabilmente qualcuno lo conoscete già, ma se volete una panoramica più completa, provate per esempio a fare un giro su Twitter, Klout e Followerwonk.
Ricordate inoltre di non limitarvi a sondare i social network, ma di sfruttare fino in fondo i motori di ricerca, le e-mail, e i servizi di pubblicità a pagamento (Google Adwords, Facebook Ads) facendo lavorare in sinergia tutti questi strumenti.
Quello che più conta è la costanza nello sperimentare, imparare e applicare, perché una content strategy non è un fuoco d'artificio da accentere e lasciar volare via, bensì un fuoco da caminetto da mantenere vivo e scoppiettante.
La content strategy non ignora la SEO
Ragionare a compartimenti stagni è una trappola mentale pericolosa. Puntare sui contenuti non significa ignorare il canale di distribuzione più potente: la Search Engine Optimization (SEO).
Tutto quello che abbiamo visto finora è stato chiamato in causa da una prospettiva prettamente umana. A consentire la navigazione, tuttavia, sono i link. Come abbiamo già visto, essi sono il fulcro del World Wide Web, nonché la chiave della quasi totalità delle strategie di comunicazione online.
Sono i link a portare le persone verso i nostri contenuti, direttamente dai risultati dei motori di ricerca, dalle newsletter, dai siti esterni, dalle pagine interne al sito proprietario, e via dicendo.
I link portano “autorità” al nostro contenuto, consentendogli di collocarsi nelle posizioni più alte delle Search Engine Results Page (SERP), e influenzando di conseguenza anche tutte le altre pagine del dominio. Questo avviene, come abbiamo già detto, perché le relazioni sono il tessuto costituente della Rete, le maglie attraverso cui scorrono tutte le informazioni.
Il minimo sindacale? Effettuare una corretta selezione delle keyword, ed implementarle nei contenuti. A questo proposito, Google Keyword Planner è uno strumento gratuito e di uso intuitivo.
Mai arrendersi troppo presto
Quanto visto finora evidenzia che il content marketing è una soluzione di medio-lungo termine. Funziona perché unisce dimensione umana e logiche tecniche sotto lo stesso tetto, ma occorre tempo perché si crei e si stabilizzi la giusta alchimia.
Il post che farà il salto di qualità è dietro la prossima flessione della curva delle analytics, e quando succederà, consentirà di capitalizzare tutti gli sforzi fatti finora, risvegliando i contenuti dormienti.
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