Come reagireste se, durante il vostro caffè mattutino, vi invitassero a parlare di un argomento come il razzismo? Starbucks ha scelto di provarci.
Il noto brand ha deciso di focalizzarsi sia sull'abitudine dei suoi consumatori, che percepiscono la pausa da Starbucks come un momento di tranquillità e conversazione, sia sull'azione tipica del personale di scrivere su ogni mug il nome del destinatario. Questa volta però al posto del nome è comparso un hashtag, #racetogether.
L'obiettivo di Starbucks, partito da numerosi conversazioni sul forum riguardanti il tema, era quello di stimolare la conversazione tra consumatore e il personale su un argomento come il razzismo, così importante se si pensa che numerosi baristi sono persone di differenti nazionalità.
Il brand ha sviluppato un'area dedicata all'iniziativa all'interno del website aziendale, spiegando che solo una conversazione può aprire la mente, portare al rispetto reciproco attraverso un confronto maturo.
Il successo non è arrivato. Numerose persone hanno espresso il loro disappunto sui social network, trasformando questa campagna di comunicazione in un vero e proprio flop.
Starbuckers di tutto il mondo hanno mostrato il loro disappunto, ritenendo che Starbucks abbia sviluppato un'idea buona in un modo troppo leggero.
April, ad esempio, annuncia dal suo account Twitter che non potrebbe mai spiegare 400 anni di oppressione razziale davanti ad un caffè.
Due i motivi per cui questa campagna marketing non è stata così efficace: il primo è che la conversazione dei consumatori, online e offline, deve essere solo stimolata, mai porre delle costrizioni.
Un esempio è la campagna di comunicazione lanciata da Procter&Gamble, con il marchio Always: tutti i contenuti sono stati caricati online, sono state raccontate delle storie, e dai contenuti sono nate le conversazioni.
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Il brand americano avrebbe potuto realizzare una campagna strutturata online, raccontare ogni giorno una storia coinvolgendo così online. Oppure ogni barista avrebbe potuto scrivere sulla tazza qualche dettaglio della sua storia, facendo nascere curiosità.
Una campagna di marketing sociale che avrebbe portato una maggiore apertura verso le persone, la loro identità e la loro storia. Quale strategia se non lo storytelling può avvicinare sia ad un brand sia ad un pensiero?
La seconda causa è il fatto di basarsi solo sulle conversazioni via web dei consumatori per sviluppare una campagna di marketing sociale.
Quando si tratta di argomenti sensibili è opportuno condurre delle ricerche quantitative e qualitative approfondite.
Non si tratta di ridurre i pensieri solo a delle analisi, ma di capire lo strumento migliore per avvicinarsi alle persone e al loro modo di pensare e percepire la realtà.
Forse gli Starbuckers non sono ancora pronti a parlare di ogni argomento, ma possono ascoltare con piacere le tante storie diverse che ognuno ha da raccontare. Davanti ad un caffè fumante in un giorno di pioggia.