Foto: Pietro Paolini
Una recente iniziativa, chiamata #NeverlandOF, chiama a raccolta una decina di ragazzi e i loro smartphone. La missione? Twittare in diretta le opere liriche e, soprattutto, "mixarle" con foto, idee, attualità, provocazioni e tutto quanto può contribuire alla “riscrittura” in chiave contemporanea della trama.
Paola Calvetti è la responsabile comunicazione dell'Opera di Firenze, la nuova casa del Maggio Fiorentino. La abbiamo contattata per saperne di più.
Ciao Paola, come nasce #NeverlandOF?
Nel nuovo Teatro dell'Opera di Firenze c'è un piccolo palco di proscenio, uno spazio che abbiamo deciso di non vendere ma di riservare ai nostri ospiti. Da qui la luce dei telefonini non arriva alla platea: abbiamo pensato fosse il posto ideale per l'“Isola che non c'è” dell'Opera di Firenze, da qui il nome #NeverlandOF. Uno spazio invisibile insomma, della cui esistenza si scopre solo leggendo i tweet.
Come selezionate i volontari e che riscontri avete avuto?
Le reazioni sono straordinarie. I posti che riserviamo sono sempre occupati da quelli che noi chiamiamo i “neverlandini” o i “twittaroli”. Li selezioniamo tramite dei contest che prepara il nostro Simone Vairo. I requisiti? Un account Twitter brillante e tanta voglia di scrivere. Regaliamo a tutti il biglietto per assistere alla serata, oltre a due omaggi per chi ha totalizzato il maggior numero di retweet. Inoltre i partecipanti hanno libero accesso al backstage e possono incontrare gli artisti e farsi foto con loro.
Anche altri teatri hanno introdotto iniziative simili, pensiamo a La Scala oppure all'Arena di Verona...
Fermi tutti: nessuno di questi teatri ha un palco dedicato ai social e nessuno può vantare un team così numeroso di "twittatori".
Paola, parliamoci chiaro: l'opera lirica è nicchia, i giovani appassionati di opera sono nicchia, Twitter è nicchia. Ce la cantiamo e twittiamo da soli?
Sappiamo bene che l'opera lirica è nicchia e il nostro obiettivo non è parlare alla massa, ma far conoscere questa parte importante della nostra cultura a molti ragazzi che ne sono a digiuno. La gran parte di coloro che si candidano per twittare a #NeverlandOF non sono melomani e spesso non hanno mai assistito ad alcuna rappresentazione. Questa loro “verginità” è preziosa: nei loro tweet emergono emozioni genuine, stupore e meraviglia, senza sovrastrutture.
La lirica può tornare ad essere pop?
L'opera lirica un tempo aveva la funzione che oggi hanno la serie TV: era un genere popolare, che parlava di amori, passioni, tradimenti, con trame semplici, a volte drammatiche, a volte umoristiche. Come succede con una moderna fiction ci si immedesima nei personaggi: spesso le ragazze sognano di essere la Lei protagonista mentre gli uomini si riconoscono nel personaggio maschile. E' passato oltre un secolo ma la valenza narrativa di queste produzioni è sempre freschissima.
Quando abbiamo messo in scena La Traviata, ad esempio, ricorreva l'anniversario di Pretty Woman: il parallelo tra l'opera di Verdi e questo film cult non è difficile da scovare e due ragazzi si sono persino vestiti da Richard Gere e Julia Roberts! Un'opera molto più ostica è invece Pelléas et Mélisande, capolavoro di Claude Debussy. C'è chi vede nella sua trama curiosi parallelismi con il “Trono di Spade”! Nonostante la difficoltà è stata una delle opere più twittate.
Vi piacciono le serie americane, vi piacerebbe anche una gestione “all'americana” della cultura in Italia con concorrenza vera tra teatri e auto-sostentamento tramite gli incassi della biglietteria?
In Italia le Fondazioni Lirico Sinfoniche sono ancora dipendenti dallo Stato e purtroppo non riescono a sostenersi con la sola vendita dei biglietti. Le cause di questa situazione vanno ricercate negli eccessi della spesa (si pensi soltanto che il 70% del budget è destinato al personale e solo il 4% alle produzioni!). Tra la via americana e la nostra ci possono essere tuttavia degli ibridi molto interessanti, penso ad esempio al modello inglese. Ma c'è un altro ostacolo: la scarsa propensione al marketing. Nei Teatri d'Opera la comunicazione non è vista come un'opportunità, ma come un fardello, con il triste risultato che pochi ci investono. Urge un cambio di mentalità netto: dobbiamo riempire i teatri e per farlo è necessario comunicare bene, anche grazie ai social media.
Simone Vairo, il factotum di #NeverlandOF che prepara i contest, sceglie i partecipanti e crea lo storify della serata ha le idee chiare: “Contaminare l'opera lirica con la cultura pop è un'operazione che ci regala grandi soddisfazioni. Non vogliamo forzare l'attualizzazione delle opere, ma far comprendere a tutti che i loro contenuti sono spesso alla base anche di quello che oggi leggiamo e guardiamo alla TV. Si pensi alle colonne sonore: possiamo dire che Wagner ne sia stato il vero precursore”.
Chissà cosa ne penserebbe, il grande compositore tedesco, delle sigle attuali; forse firmerebbe anche lui la petizione per dire no alla sigla del nuovo Lupin III interpretata dal rapper Moreno? Più probabilmente ci impartirebbe una lezione di sano realismo teutonico, spiegandoci che dobbiamo smetterla con questa mania, squisitamente anni '80, di aspettare un lieto fine in ogni cosa.