"Sono profondamente dispiaciuto di aver tradito la fiducia dei consumatori e faremo tutto il necessario per riparare il danno che la vicenda ha causato. [...] Sarebbe sbagliato se il terribile errore di pochi compromettesse il lavoro onesto di 600 mila persone".
Il riassunto della vicenda Dieselgate è tutto nelle parole dell'amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, diffuse con un video comunicato.
Le esportazioni del colosso tedesco nel mercato statunitense sono costituite per il 25% circa proprio dai modelli diesel coinvolti nello scandalo e per i quali l'EPA (Environmental Protection Agency) non ha rilasciato la "certification of conformity" per le vetture equipaggiate con il 2.0.
Ha infatti chiesto l'immediato richiamo di mezzo milione di auto prodotte dal 2009 al 2015.
Non solo emissioni, l'inganno del software per i test
Martin Winterkorn lo ha ammesso: Volkswagen ha barato sulle emissioni.
Genio tedesco, il sistema "eludi particolato" adottato è davvero particolare: il software installato nella centralina dei motori 4 cilindri diesel riconosce che la vettura è in fase di test e, automaticamente, abbassa drasticamente le emissioni prodotte, riportando i valori alla normalità quando l'auto è utilizzata su strada e non è sottoposta ad esame.
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Un comportamento che ha generato eco diverse e risonanti in tante direzioni: il crollo del titolo in borsa, il benservito di Volkswagen a Martin Winterkorn (secondo una anticipazione del Tagesspiegel, verrà sostituito da Matthias Mueller, già alla guida di Porsche, anche se la notizia non è stata confermata), una maxi multa, lo spettro di una class action e del ritiro delle vetture coinvolte anche da molti altri mercati.
Modificare i risultati dei test: perché?
Proporre un'immagine aziendale con prestazioni eccellenti e un rigoroso rispetto per l'ambiente, fiore all'occhiello della affidabile, indistruttibile, tecnologia tedesca.
Invece Volkswagen la fiducia l'ha persa, nel modo peggiore, proprio mentre il gruppo esibiva i nuovi modelli, più ecologici, al Salone di Francoforte.
Quando la reputazione di un colosso tanto grande viene scalfita da una grana di questa portata, le considerazioni sono molte: premesso un danno economico enorme in vista del quale il colosso di Wolfsburg ha già accantonato 6,5 miliardi di dollari, per far fronte a (ormai certe) eventuali cause legali e class action, l'ammissione di Winterkorn rivela il più grande timore del gruppo: aver deluso l'opinione pubblica.
Crollo in borsa (tracollo, meglio) a parte, perdere la fiducia in un prodotto è una cosa, perderla in un auto è altra.
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Se è vero che le motivazioni di acquisto si concentrano prevalentemente sulle prestazioni (quindi sui consumi) rispetto all'impatto ambientale del mezzo sul sistema ambiente, l'attenzione su questo aspetto è un trend in crescita e, sebbene l'azienda abbia comunicato la volontà di collaborare, l'impatto negativo sarà enorme e non è affatto sufficiente che il gruppo abbia comunicato in una nota di lavorare tenacemente alla riduzione drastica del divario tra risultati su strada e nei test.
Perché non è tutto qui: guidando affidi la tua vita alla tua vettura.
Anche in condizioni di bassa velocità, con prudenza estrema e rispetto rigoroso del codice stradale, all'automobile in corsa è delegata la nostra sicurezza, che non può MAI essere messa in discussione per l'importanza del carico che trasportiamo: i nostri cari.
Non si tratta di un difetto di fabbrica, una svista nella progettazione, una superficiale supervisione. Si tratta di un deliberato tentativo di aggirare le regole per acquisire un vantaggio, penalizzando la concorrenza.
Un duro colpo per l'affidabilità tedesca tutta, che è decisamente mancata: la priorità, netta, dell'utile personale sul bene comune ambiente.
Richieste di spiegazioni da tutto il mondo
Corea del Sud e Australia hanno inoltrato richiesta per conoscere se anche i veicoli approdati nei propri mercati siano stati dotati della centralina modificata per superare i test.
Il ministro dell'ambiente sudcoreano, dopo una riunione con i responsabili del gruppo tedesco, sta valutando se richiamare tra 4 e 5 mila veicoli venduti tra il 2014 e il 2015.
La Francia ha già sollecitato un'inchiesta per fare chiarezza ed estendere controlli più rigorosi all'intera categoria automobilistica.
Secondo Michel Sapin, ministro delle Finanze, la questione ambientale è la più rilevante e anche il segretario britannico ai Trasporti, Patrick McLoughlin, sta incoraggiando l'iniziativa di adottare strumenti di misurazione che riflettano le condizioni su strada più fedelmente, riconoscendo al problema un carattere di urgenza.
In prima linea con le richieste di chiarimenti al colosso tedesco, la Germania e la cancelliera Angela Merkel, che invita il gruppo a fare chiarezza sulla situazione e si aspetta una piena trasparenza nella soluzione del caso.
Il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt ha istituito una commissione guidata dal sottosegretario ai Trasporti Michael Odenwald, che andrà a Wolfsburg in settimana per le consultazioni del caso.
E in Italia?
"Ho chiesto a Volkswagen Italia rassicurazioni sul mercato italiano. Vogliamo vederci chiaro".
Con queste parole il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti ha dichiarato di aver chiesto delucidazioni all'amministratore delegato e direttore generale di Volkswagen Group Italia Massimo Nordio, mentre lo scandalo diventa interministeriale quando anche il Ministro dei Trasporti chiede di conoscere se la procedura che ha falsato i test sia stata utilizzata anche nel nostro mercato e avvia un'indagine.
Verso l'inchiesta penale
Il dipartimento di Giustizia sta conducendo una inchiesta penale su Volkswagen, ma non solo: il gruppo tedesco potrebbe non essere l'unico ad aver adottato sistemi volti ad eludere i controlli sulle emissioni, per questo le autorità americane sono alla ricerca di altre possibili violazioni perpetrate tramite l'ausilio del defeat device, il software incriminato oggetto dell'inchiesta.
"Non abbiamo intenzione di starcene seduti preoccupandoci che altri abbiano barato. Li scopriremo [...] Al momento stiamo intensificando le nostre attività per capire cosa dobbiamo fare con altri veicoli" ha dichiarato Gina McCarthy dell’Agenzia per la protezione ambientale in un’intervista al Wall Street Journal.
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Il mercato, la fiducia e l'enciclica di Benedetto XVI
La trasparenza premia le aziende: nella visione di un marketing etico proiettato a soddisfare i bisogni delle persone, che di riflesso produce dei risultati economici attraverso il ruolo sociale che l'azienda ricopre, etica ed economia non sono mondi distanti, ma connessi e reciprocamente influenti.
La ricerca di una moralità generalizzata come fonte di fiducia nei mercati è ben evidenziata nel paragrafo 35 del capitolo terzo (Fraternità, sviluppo economico e società civile) dell'enciclica del Papa Emerito Benedetto XVI, "CARITAS IN VERITATE".
Ecco la definizione che il pontefice dà del mercato:
"Il mercato, se c'è fiducia reciproca e generalizzata, è l'istituzione economica che permette l'incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri. Il mercato è soggetto ai principi della cosiddetta giustizia commutativa, che regola appunto i rapporti del dare e del ricevere tra soggetti paritetici. Ma la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto, ma anche per la trama delle relazioni in cui si realizza. Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell'equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave."
La fiducia reciproca e generalizzata riveste quindi quel ruolo di collante sociale che conduce alla soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti.
Chissà che ne pensa Bill Right, il famoso consulente riduzione costi di Volkswagen.