"Costruire un ecosistema più favorevole ad attirare gli investimenti". Così Enrico Gasperini sintetizzava il White Paper presentato durante l'Internet Festival 2015 di Pisa, appena un mese prima di lasciarci.
Fondatore e presidente Digital Magics, Gasperini voleva costruire un nuovo ambiente per le startup in Italia, attraverso una proposta in otto punti per dare nuovo vigore al sistema dell'innovazione e promuovere un’azione politica concreta, a favore delle startup del digitale e delle loro potenzialità.
"Pioniere nello sviluppo di nuovi modelli di marketing e comunicazione applicati ai media digitali, Enrico Gasperini è stato tra i primi imprenditori italiani a credere nelle potenzialità della rete, impegnandosi parallelamente nella costruzione e nella diffusione della cultura digitale", si legge nella sua biografia su Digital Magics.
La sua attività imprenditoriale, che aveva sposato la passione per l’innovazione e la valorizzazione del comparto digitale, lo aveva portato a impegnarsi nella diffusione della cultura dell’online, lavorando attivamente per la crescita strutturale e culturale del sistema digitale italiano.
Il White Paper resta da un lato il documento su cui oggi è possibile costruire un nuovo modello di sviluppo economico e politico per le startup e per l'innovazione italiana, dall'altro l'eredità di chi quell'ecosistema lo ha conosciuto a fondo, individuandone problematiche e potenzialità.
Ho riletto il White Paper di Digital Magics oggi e cerco di spiegarvi in tre punti le chiavi di lettura che lo rendono un documento fondamentale per costruire l'innovazione in Italia.
#1 Il confronto con gli altri Paesi
Spiegando il contenuto del White Paper, Gasperini ha spesso sottolineato che il punto di partenza per i redattori degli otto punti è stato guardare alle formule per l'innovazione già realizzate negli altri Paesi, europei e non.
Se in Italia, ad esempio, gli investimenti in startup sono ancora nell'ordine di alcuni milioni di euro, all'estero si parla di miliardi. Questo a causa, da un lato del mancato coordinamento delle politiche regionali e dall'altro per il profondo equity gap nelle fasi del ciclo di crescita successivo, seed, di venture capital. Nonostante l’Italia sia seconda solo al Regno Unito per percentuale di PMI innovative, gli investimenti in Venture Capital rimangono decisamente inferiori, con una quota dello 0,002% del proprio PIL, rispetto a una media europea dello 0,024%.
Esiste anche una problematica legata al capitale umano, dato che un terzo delle assunzioni di programmatori viene classificata come difficoltosa e anche i laureati in ingegneria mancano di competenze specifiche. Resiste ancora una più generale avversione al rischio da parte dei giovani. Secondo lo Standard Eurobarometer UE dell’autunno 2013, infatti, molti ragazzi rifiutano l'idea di unirsi ad una startup o di lanciarne una.
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Rispetto ad altre realtà come Berlino, Londra, New York o Tel Aviv, in Italia le politiche legate allo sviluppo dell’imprenditorialità e dell’innovazione spesso restano politiche regionali, prive di un coordinamento centrale. Questo aumenta la dispersione di risorse e sinergie, ma rende difficile anche la possibilità di massimizzare l’investimento in un ecosistema più ristretto e fertile, oltre a ridurre la probabilità di successo di imprese meritorie.
#2 Incentivi e agevolazioni pubbliche
Uno degli elementi connaturati ad una startup è quello del rischio, che resta connesso anche con il finanziamento. Tra le proposte avanzate da Digital Magics nel White Paper, vi è quella di un maggiore sforzo da parte del Governo in tema di tax credit.
Sulla base del modello britannico per l'aspetto delle agevolazioni fiscali e di quello israeliano per le sovvenzioni, le proposte degli otto punti mirano anche a integrare startup innovative e PMI, il vero tessuto economico italiano.
Il senso di questi interventi dovrebbe essre quello di creare le condizioni adatte affinché la piccola e media imprenditoria individui nelle startup la via per innovarsi, attraverso l’esternalizzazione di servizi.
Estendere, poi, la definizione di startup innovativa anche ai servizi relativi al “Digital Made in Italy” o all'“Innovation Made in Italy”, permetterebbe di raccogliere sotto la nozione di startup innovativa, a livello normativo, anche realtà che portano "un’innovazione di natura digitale in termini di aggregazione della filiera, o della distribuzione, della gestione dei processi interni etc.".
#3 Crowdfunding e investimenti privati
Se è vero che l’Italia è il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica relativa all’equity crowdfunding, è ancora necessario eliminarne alcuni limiti, che bloccano notevolmente il potenziale di investimento delle famiglie italiane, che possono essere considerate veri e propri angels inattivi.
Attraverso la nascita di fondi “specializzati”, dedicati all’investimento in startup e PMI innovative, si potrebbe creare un afflusso di almeno 1 miliardo di euro dei capitali gestiti dall’industria del risparmio (pari allo 0,05% del totale) verso il sistema delle startup e PMI innovative italiane.
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L’implementazione di programmi di formazione sul modello del tedesco Accelerator Program, che supporta attivamente le startup selezionate ad entrare nel mercato US attraverso servizi di hands-on mentoring nelle proprie sedi della Silicon Valley, potrebbe essere completamente indirizzato al Made In Italy, attuato da tutti gli incubatori di startup e sponsorizzato attivamente dalle più importanti realtà dell’imprenditoria italiana.
Il White Paper resta un documento aperto e in progress, tanto che tutti gli interessati a partecipare all’azione portata avanti da Digital Magics, possono inviare le loro proposte e contribuire allo sviluppo, anche scrivendo all’indirizzo email: whitepaper@digitalmagics.com.