Avete mai esplorato la pagina Facebook relativa alle vostre ad preference? Fatelo, è molto interessante: potete osservare quelli che, secondo Facebook, sono gli argomenti di vostro interesse, utilizzati dai sapienti algoritmi di mr. Zuckerberg per determinare quali pubblicità verranno visualizzate sulla vostra timeline. Insomma, tutti gli argomenti e le preferenze che Facebook utilizza, insieme ai vostri dati su età, sesso e localizzazione, quando vi inserisce in un segmento di un’inserzione a pagamento. Come ogni servizio gratuito, Facebook deve di fatto sostenersi economicamente e lo fa mettendo a disposizione i dati dei suoi utenti per gli advertiser.
Ciò non dovrebbe sorprendere affatto voi ninja marketer. È piuttosto ovvio pensare che, se tra i miei artisti preferici ci sono Kanye West, Jay-Z e Eminem, Facebook tenderà a propormi inserzioni relative alla musica rap piuttosto che all’ultimo disco di un noto jazzista. Facebook non è solo un social network, ma anche una delle piattaforme pubblicitarie più importanti del momento, e la capacità di segmentare per interessi il proprio bacino utenti è fondamentale.
Esplorando da browser la pagina delle ad preference, ci si può imbattere ad esempio nella tab denominata “Stile di vita e Cultura”. E qui la cosa si fa più curiosa. Di fatto, in quella tab sono raccolte tutte quelle che, sempre secondo Facebook, sono le preferenze relative a qualsiasi cosa costituisca lo stile di vita e la cultura di una persona, inclusi quindi i temi etici o religiosi di maggior interesse e le proprie idee politiche. E qui le cose si fanno più complicate e anche un po’ comiche.
Perché, a meno di non essere decisamente espliciti nell’affermare sui propri status le preferenze politiche o la propria fede religiosa, Facebook utilizza come base di “analisi” delle proprie ideologie le pagine che seguiamo e la nostra attività online. Vediamo ad esempio cosa pensa Facebook delle credenze religiose, partendo dal profilo di un utente che si ritenga "ateo".
Facebook “consiglia” inserzioni relative al Giudaismo, all’Islam, alla Bibbia e persino al Paganesimo.
Vista la particolare categoria, approfondiamo le anteprime di possibili inserzioni a tema “pagano”. Questo è il risultato.
In un secondo step, verifichiamo quelle a proposito di Giudaismo e all’Islam, con questi risultati.
Notate come in tutte e tre le preview compare la pagina “Exposing the JOY of SATAN”, pagina critica che cerca di analizzare i presunti “brainwashing” della setta “The JOY of SATAN”, seguaci e promotori del cosiddetto Satanismo Spirituale. Non hanno nulla a che fare con le tristemente note “Bestie di Satana”, ma se volete approfondirete voi l’argomento. Notate inoltre come, sotto il “Paganesimo”, sia inclusa una pagina che propone bigiotteria fatta a mano, mentre tra le anteprime corrispondenti al Giudaismo si trovi una pagina che si batte per i diritti animali. Queste pagine sono solo molto labilmente correlate alle tre religioni a cui, secondo Facebook, fanno riferimento; anzi, il Giudaismo, nonostante alcune norme più restrittive rispetto al Cristianesimo, non vieta affatto il consumo di carne animale.
Una confusione, questa, che si riflette spesso anche sui presunti interessi politici. Come confermato da un insider di Facebook su Mashable, a meno di non essere particolarmente espliciti nella propria attività sul social, Facebook determina l’appartenenza politica basandosi soprattutto sulle pagine seguite e su quelle con le quali si ha più interazione. Se quindi siete soliti criticare, direttamente sul suo profilo Matteo Salvini o invece Matteo Renzi, e se magari seguite la pagina con un “Like”, gli algoritmi di Facebook potrebbero facilmente credere che supportiate le loro idee politiche. Ma non solo: quando mancano dati sufficienti, Facebook sembrerebbe basarsi sulle idee politiche della maggioranza delle persone che seguono le pagine da voi seguite.
Alla luce del fatto che è possibile rimediare agli eventuali errori di Facebook con dichiarazioni esplicite (per lo meno in USA, dove il sistema politico bipolare è molto più semplice che qui in Italia) o semplicemente eliminando dalla lista dei vostri interessi quelli che reputate agli antipodi della vostra personalità, sembrerebbe lecito considerare questi errori di segmentazione un “non problema”, dei semplici sbagli legati a, presumo, un’analisi basata su keyword piuttosto che sul significato di post e status che costituiscono l’attività su Facebook degli utenti. Ma non è tutto così banale come può apparire.
Recenti sono state le polemiche sulla presunta faziosità della newsfeed di Facebook che, secondi alcuni, avrebbe messo in secondo piano argomenti e post di supporto al partito conservatore USA, con tanto di richiesta di spiegazioni ufficiale del Senato a stelle e strisce. Questo problema si lega a doppio filo alle problematiche relative all’auspicabile, ma mai sempre in pericolo, net-neutrality e del fenomeno della filter-bubble, le cui distorsioni sull’informazione finiscono giocoforza per ripercuotersi sul modo di vedere la realtà che ognuno di noi costruisce giorno dopo giorno.
Quella di consentire “correzioni umane” nella targetizzazione e un sempre maggior controllo sulle inserzioni è un primo, semplice ma importante passo di Facebook verso una maggior correttezza nei confronti delle identità digitali, ma sempre più reali, che ogni persona crea nella sua attività online. Ma, al contempo, gli interrogativi etici (è giusto che Facebook supponga le mie idee religiose e politiche?) e pratici (è giusto il sistema che utilizza?) rimangono. L’unico consiglio che posso darvi per ora è questo: non siamo solo parti di un target di mercato, ma anche persone; tenete sempre a mente che ogni vostra azione online può ripercuotersi su di voi, anche sotto forma di “etichette” sgradite.