Chiunque lavori nel campo della comunicazione sa bene che l’oggetto del comunicare è importante quanto il modo in cui lo si fa. Lo strumento che si sceglie per portare avanti un messaggio è fondamentale e mai come in questi ultimi anni si studiano i formati e i meccanismi più adatti a trasmettere un’idea.
Una recente analisi di Parse.ly è riuscita ad approfondire l’argomento, sfatando alcuni miti che circolano da tempo nelle agenzie e nei reparti marketing. Ha analizzato quattro differenti tipologie di contenuto: i video, i long-form, gli slideshow e gli short-form.
La leggenda dei contenuti video
La ricerca di Parsely ha come risultato principale quello di sfatare il mito secondo cui il miglior modo per generare interazioni sia attraverso i contenuti video. Secondo lo studio, sarebbe vero esattamente l'opposto.
I video sono i contenuti che ottengono meno engagement rispetto agli altri formati presi in considerazione. Si parla di un tasso inferiore del 30%.
I motivi possono essere molteplici:
- l’autoplay, che potrebbe spingere l’utente ad abbandonare la pagina quando il filmato parte in automatico (magari producendo rumore in un ambiente silenzioso)
- il lento caricamento, spesso necessario, specialmente da dispositivi mobile, che portano l’utente ad "arrendersi".
A qualcuno (a molti!) piace long-form
Negli ultimi anni sta tornando alla ribalta il genere giornalistico chiamato long-form.
Questo tipo di contenuto si contraddistingue per la lunghezza superiore alle 1000 parole e per il livello di approfondimento della notizia: secondo il New York Times, la stessa definizione “long-form” nobilita da sola il contenuto, conferendogli un risvolto speciale e letterario, distinto dalla massa di informazioni volatili.
Quella che è partita come una “moda per intenditori” si sta rivelando una strategia vincente per quanto riguarda l’engagement. Secondo la ricerca di Parsely, infatti, i contenuti long-form sono quelli che ottengono il tasso di interazione maggiore, e riescono ad agganciare nuovi lettori da Google, generando il doppio dell’engagement rispetto agli articoli considerati normali.
Quindi? Gli editori digitali in cerca di nuovi lettori possono investire nello sviluppo di contenuti long-form per attrarre utenti e interagire con loro.
Spezziamo qualche lancia a favore dei video
Sarebbe troppo facile concludere che i long-form sono sempre e comunque la soluzione migliore. Come al solito, esistono le eccezioni, e tutto dipende dalla strategia utilizzata, dal canale scelto per la comunicazione e, naturalmente, dal tipo di contenuto.
I video, per esempio, si confermano un ottimo strumento di engagement su social network come Facebook, dove è uno dei modi più efficienti per generare traffico.
Inoltre, la potenza dei video esplode soprattutto se sono presenti sulle landing page dei siti web, che incrementano del 100% la variabile del tempo speso sul sito. Senza contare che il 79% del traffico di internet è costituito da video. Per finire, le nuove tecnologie come le immagini a 360° collocano i video tra i maggiori trend del 2017.
Oltre long-form e video: slideshow e short-form
Gli altri due formati di contenuto analizzati da Parse.ly portano risultati modesti, ma meritano una piccola descrizione.
Gli slideshow e le gallery riescono a generare un elevato tasso di interazione su Facebook (più basso, invece, è il tasso generato dai motori di ricerca) e posseggono il non trascurabile vantaggio di essere molto più economiche rispetto ai video.
Gli short-form sono quei contenuti costituiti da meno di 200 parole. Funzionano abbastanza bene su Facebook e sui social network, ma generalmente non riescono ad attrarre nuovi lettori.