Adoro i virgolettati, lo ammetto. Ogni giornalista ha la sua perversione. La mia è quella per i virgolettati: un virgolettato di un personaggio, un aforisma, l'estratto di un verso o di un discorso entrato nella storia. Un virgolettato che da solo dia un titolo al tuo pezzo, oppure ancora – furbizia del mestiere - un virgolettato che ti aiuta quando non puoi essere tu a dire quella cosa (attenzione: maneggiare con cura). Il mio regno per un virgolettato.
Ecco, i virgolettati, o i quote come li chiamiamo nel gergo del web e dei social. Ne ho scelti due in questi giorni di ufficializzazione del mio arrivo al timone di Ninja, due citazioni diametralmente opposte, su Linkedin e Facebook. Spiderman (“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”) ed Enzo Biagi (“Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata”).
La responsabilità di essere liberi, la consapevolezza che quando fai il tuo lavoro, che sia un articolo, un video, un podcast in quel momento sei gli occhi, le orecchie e la bocca del mondo. Che è, appunto, un enorme potere.
Devo ammetterlo, sono sincero: sono pienamente consapevole del potere che ho avuto in questi anni, e di quello che avrò da oggi in poi. Non è tanto il potere di saper scrivere, quanto quello di essere sempre stato un ibrido, un animale social(e), uno che ha preso la sua prima querela per diffamazione a 14 anni, mentre impastava già da anni articoli, manifestazioni studentesche e codice html e php.
Era il Duemila. Internet, al tempo, parlava un linguaggio verticale: per esistere, per dire la tua (e contare qualcosa), dovevi possedere non tanto un buon lessico quanto avere gli strumenti per costruire il tuo piccolo orticello. Non esistevano i vari Wordpress, Medium, eccetera, e gli unici esperimenti più vicini all'idea che oggi abbiamo dei social network erano le newsgroup, prima, e i forum poi.
Il potere, dicevamo. Il mio potere era quello. Avevo capito, forse prima di altri, che il nuovo fuoco di Prometeo era possedere le tecniche e i linguaggi del digitale.
Tutto ciò mi ha sempre aiutato tantissimo a migliorare, ogni giorno, osservando quelli più bravi di me, a frequentarli, parlarci, e copiarli se volevo.
In questi primi trentun anni di vita ho fatto tante cose. Alcune ho capito che era meglio non farle, altre rimpiango un po' di non aver insistito.
Ho vinto, ho perso, ci ho preso, ho sbagliato. Una mattina, ad esempio, ho scritto una cosa. Uno slogan su uno striscione, che è poi diventato un movimento antimafia: “E adesso ammazzateci tutti”.
Un virgolettato che ha cambiato per sempre la mia vita (e quella delle persone che mi vogliono bene).
Alcuni anni dopo volevo fare un'inchiesta sul delitto di un magistrato dimenticato. Molti colleghi che oggi si riempiono la bocca di impegno civile, ma soprattutto alcuni caporedattori mi scoraggiarono: «è una storia vecchia di vent'anni»…. «lascia perdere, tanto non interessa a nessuno».
Ci ho scritto un libro, il mio primo libro. E ci ho messo tre anni per scriverlo. Ho studiato le millemila pagine di indagini preliminari, verbali, informative, le sentenze di condanna e di assoluzione di Riina, Provenzano e i suoi. Ho studiato la storia della 'ndrangheta, articoli di giornale scritti prima che nascessi, o quando avevo poco più di 5-6 anni. Alcuni, molti, pochi, forse troppi di quei virgolettati li ho messi insieme, come le tessere di un puzzle. Ho cercato di spiegarli.
Ma non riuscivo a capire, per questo me ne sono andato nel piccolo paese d'origine di quel giudice, e con una scusa qualsiasi («stiamo girando un servizio sui piccoli paesi che si spopolano», ai tempi facevo documentari per la Rai) ho parlato con un po' di gente. Donne, uomini, vecchi, meno vecchi. E alla fine di ogni chiacchierata - di quelle innocue, che ricalcavano lo stile incellophanato dei rotocalchi – rifilavo quelle due-tre domande che servivano a me. Virgolettati che mi sono costati altre denunce. Ma che a loro modo hanno contribuito a far togliere la polvere da alcuni fascicoli. E riaprire le indagini.
Avrei potuto scegliere di scrivere di quelle cose, di fare “il giornalista antimafia”, ma non ho voluto. L'antimafia non è una professione. Semmai una professione di fede, come la religione o le passioni sportive. Per questo, finché ho potuto (leggi: finché mamma Rai ha continuato a rinnovare, come la data di scadenza di un vasetto di yogurt, i miei contratti) ho continuato a girare documentari per insonni.
Poi da un giorno all'altro mi sono trovato senza più un lavoro. “Ma falla qualche telefonata”, mi dicevano. Io niente. Ho scelto di ripartire da zero. Nel frattempo, lasciata Roma per un po' e tornato giù a Polistena ho imparato altre cose. Come si impasta il cemento, ad esempio: per un periodo ho fatto il manovale agli operai e muratori (che pagavo io) durante i lavori di ristrutturazione – in estrema economia - della vecchia casa dei nonni. Volevo aprire un b&b, ma presto finii i pochi risparmi che avevo.
Ci sono stati periodi brutti. Quelli di quando erano finiti i viaggi in treni veloci e aerei. A stento avevo i soldi in tasca per fare un biglietto per Roma su quegli autobus scassati che viaggiano la notte. Una notte, quella, la più buia, per me durata quasi un anno. Fino a quando rincontrai una persona che avevo conosciuto anni prima, quando saltavo come un grillo da una scuola all'altra, passando per qualche ospitata televisiva e sparando a zero contro mafiosi e potenti corrotti di turno, e che mi aveva voluto tra le penne che fondarono “CheFuturo!” (perché «tu sei un innovatore»), si meravigliò che non stessi lavorando e mi propose di andare a lavorare con lui. Poi se ne dimenticò, e io al tempo ci rimasi un po' male. Ma sapevo che era anche molto impegnato, per cui quando qualche settimana più tardi scrisse un post su Facebook nel quale cercava un giornalista per un nuovo progetto scrissi una mail. «Offresi su Roma (e disposto a trasferte frequenti) giovane 29enne, bella presenza, conoscenze social come l'Ave Maria e SEO quanto basta per far decollare in un mese qualsiasi sito basato su Wordpress. In più, il nostro dispone di discrete competenze di coding php/html/css, ottime competenze grafiche nonché di videomaking e comunicazione a 360°. Tira fuori il meglio di sé da trascinatore e allenatore in campo, ma (se necessario) è abituato a lavorare anche da solo (ed anche tanto)».
Volutamente non allegai il curriculum. Una settimana dopo ero già a lavorare con lui, e non al nuovo progetto editoriale: mi aveva messo in mano “CheFuturo!”. [A proposito, grazie Riccardo, la vita è fatta di occasioni e fiducia. E tu a me l'hai data. Credo anche, senza finte modestie, di averti ripagato :-) ]
Sono sempre stato un nerd, sì, ma non ne sapevo un fico secco di innovazione, masticavo economia un po' per gli studi in legge un po' perché leggevo. Ripresi a studiare, e in un mese o poco più anche i risultati iniziarono ad arrivare. E mentre lavoravo imparavo, moltissimo, dai post degli altri, quando li editavo. Stesso copione, paro paro, quando il boss mi passò dall'oggi al domani a “StartupItalia!”: le startup?! Ma che, davvero? Ne sapevo poco, molto lo avevo imparato dai colleghi stando in redazione. Eppure… Eppure ho studiato, tantissimo. Neanche ricordo quante ore ho passato sulle bacheche Facebook di alcuni di quelli che oggi sono miei amici veri, o di quanti soldi ho speso per libri su Amazon.
E oggi sono qui, nel primo giorno di una nuova grandissima avventura e in un mondo, quello dell'editoria, in piena crisi. Ma anche in profonda trasformazione/ri(e)voluzione.
Il marketing, questo sconosciuto (anche se Santoro una volta in diretta mi disse «potresti fare il pubblicitario»). Ma c'è già una squadra fortissima, perché questa testata è quello stesso Ninja Marketing che da oltre 10 anni informa (e ora soprattutto forma) i migliori professionisti del digitale in Italia.
Io porterò quello che so fare, probabilmente qualcun altro arriverà a darmi una mano, il resto lo imparerò da loro, editors e contributors. Sono dei fuoriclasse nei temi di loro competenza proprio perché quasi tutti a loro volta professionisti e non giornalisti.
Ciascuno di loro suona benissimo. Proverò a farli suonare insieme e meglio. Me compreso: sarò un direttore d'orchestra, il primo violino quando serve, il fonico, la maschera di sala.
Sbaglierò
Di solito negli editoriali di insediamento i direttori presentano il piano editoriale, anticipano qualche cambiamento, lodano la nuova squadra (che spesso ha innesti di loro fiducia), anticipano alcuni cambiamenti. Tutti, dico tutti, nel loro pezzo di insediamento, scrivono tra le righe chi sarà il loro nemico, o i loro nemici. Fateci caso. Che siano persone, governi, banche, aziende o fenomeni sociali poco importa.
Non voglio essere da meno. Il mio nemico sono io. La parte di me che in questo momento è entusiasta da volersi mangiare il mondo, e anche quella che è impaurita come un passerotto nel giorno del suo primo volo.
Sto ricevendo centinaia di auguri e attestazioni di stima. Vi chiedo di essere altrettanto partecipi nelle prossime settimane di “setup” con i vostri consigli e le vostre suggestioni (siete preziosissimi!). E vi chiedo di essere altrettanto partecipi nel farmi notare soprattutto quando sbaglierò, perché sbaglierò.
Sbaglierò quando cercherò di abituarvi a leggere cose che finora qui non avevate letto, e vi incazzerete perché “mi ero iscritto alla newsletter di marketing e ora mi parlano di crescita personale, fintech (e indipendenza economica), industria 4.0, sharing economy, bio hacking e"... E non solo, siatene certi!
Sbaglierò quando ospiterò qualcuno che dice che «il digitale non è la manna dal cielo», o che «molte startup sono fuffa». Sbaglierò quando privilegerò lo storytelling, e quando preferirò i numeri. Sbaglierò quando capiterà che parleremo di politica. Soprattutto quando proveremo a spiegarvi da queste pagine digitali che la “post-verità” è probabilmente la mamma di tutte le bufale, quella cosa che i potenti hanno inventato per bollare fatti e fenomeni che non riescono più a controllare/governare.
Sbaglierò quando farò venir meno la diplomazia a vantaggio dell'irriverenza e dell'indipendenza mia e di questa testata. Sbaglierò quando mi vedrete difendere a spada tratta ognuno dei nostri autori e dei giornalisti, e quando non li difenderò e dirò – sempre - che ho sbagliato io. Sbaglierò quando non riuscirò a spiegare bene qualcosa. Sbaglierò quando probabilmente non riuscirò sempre a portare acqua «non inquinata» nelle vostre case. O meglio, nei vostri device.
Sbaglierò. Tanto. Seguiteci e, piuttosto, sbagliamo insieme. Che c'è anche più gusto.
Be(e) Ninja!