“Le persone non odiano la pubblicità, odiano la brutta pubblicità”. Si presenta così Ben Jones, Global Creative Director in Google a capo di Unskippable Labs.
Lo abbiamo incontrato in occasione dell'IF Italians Festival, l'evento più atteso dai pubblicitari italiani, durante il quale ha raccontato della sua mission: rendere ogni pubblicità così bella da essere impossibile da skippare.
Prova fotografica dell'intervista
Cos’è Unskippable Labs di Google? Il nome fa immaginare una specie di laboratorio nell’Area 51 in cui vengono svolti strani esperimenti...
Vorrei che avessimo un laboratorio fisico per fare esperimenti, ma non è così! Unskippable Labs è un team che si occupa di rispondere all'esigenza di ottenere una pubblicità efficace, e lo fa testando diversi tipi di contenuti, di montaggio e di durata fino ad arrivare alla pubblicità perfetta.
Durante i nostri esperimenti, abbiamo mostrato finte pubblicità, persino schermate nere, e abbiamo analizzato le diverse reazioni degli utenti. Ciò ci permette di aiutare gli inserzionisti e i creativi a migliorare e identificare opportunità di crescita.
Non svolgiamo test in una stanza in cui le persone vedono le pubblicità e ci dicono cosa ne pensano, perché ci direbbero come una pubblicità dovrebbe essere. Ciò che facciamo è analizzare il comportamento delle persone per capire cosa funziona e cosa no, e questo è determinabile attraverso una semplice considerazione: se prestano attenzione vuol dire che l'annuncio funziona, altrimenti c'è qualcosa che non va.
È come un gigantesco A/B test o qualcosa del genere?
Non lo definirei un enorme A/B test, perché con un semplice A/B test la risposta che si ottiene è solo quale annuncio sia meglio dell’altro. Noi, invece, effettuiamo sempre un confronto da tre fino a cinque ads, partendo da un'ipotesi che vogliamo dimostrare. Chiediamo quindi ai creativi di provare o smentire queste ipotesi e non di creare il migliore annuncio possibile.
Se si testano cinque pubblicità da 30 secondi, ad esempio, si potrà dimostrare qual è il migliore annuncio da 30 secondi, ma non si scoprirà quanto dovrebbe essere lungo l'annuncio. Il nostro è un approccio molto diverso da quello di un classico A/B test.
Quindi testate la combinazione di fattori diversi come contenuto, velocità, timing e dispositivi?
Sì, non lavoriamo in una sola direzione, perché c’è molto spazio di miglioramento in un singolo annuncio. Anche una sola modifica può apportare valore, che si tratti di uno spot per la tv o di un video per YouTube.
Ben Jones sul palco di IF!
Durante la presentazione hai mostrato la campagna per The Sinner come esempio dell'importanza della distribuzione dei vari contenuti rispetto ai vari step del funnel. È importante mostrare alle persone ciò che vogliono realmente vedere?
Sì, certo. Ciò che stiamo capendo ora è che le persone sono molto raffinate nelle loro scelte e abbiamo riscontrato che è meglio mostrare annunci diversi di una stessa serie che lo stesso per tre volte. È molto più persuasivo e ha più senso, perché vediamo migliaia di annunci ogni giorno.
Le persone sono cambiate, ma non c’è stato un cambiamento nella stessa direzione nella creatività e nei video.
Riguardo ai video brevi: si può dire molto in 15 o in 6 secondi. Puoi svelarmi la formula segreta degli short content?
Ho cominciato a lavorare sugli annunci da 6 secondi all’inizio di quest'anno e mi sono reso conto che non si può raccontare un'intera storia in sei secondi. Abbiamo provato a ridurre: passare da 30 secondi a 15 e poi ancora a 6. È venuto fuori che tagliare semplicemente la durata non funzionava, perdeva di emozione. Non si può raccontare una grande storia in 6 secondi, si può dare però un assaggio e questo funziona.
Nei video da 6 secondi non è necessario comprimere tutto in un annuncio così breve, mentre in un annuncio da 30 secondi devi dire tutto. Ogni annuncio da 6 secondi può essere diverso, offrire un altro punto di vista, un assaggio leggermente differente e permette di costruire la storia un po' alla volta.
Ben Jones e Marianna Ghirlanda all'IF!
Hai detto e ti cito: “Se vuoi essere contenuto, dovresti essere contenuto, non un contenuto che sembra una pubblicità”. Qual è la linea sottile che separa un buon branded content dalla classica pubblicità?
Credo che l’idea che abbiamo di pubblicità inquini il nostro modo di creare contenuti. È facile che i brand che vogliano fare branded content si perdano nell’idea di un brutto contenuto.
La campagna di Campari di quest’anno, per esempio, è uno splendido esempio di come sia possibile lasciare che la storia sia raccontata e immersa nell’universo del brand. A volte siamo così impegnati a dire “non devo mostrare il mio prodotto…”, che non ci rendiamo conto che in realtà a nessuno importa.
Un altro fantastico esempio può essere quello di Clorox, una candeggina che si vende negli Stati Uniti, che ha rilasciato una bellissima serie di short-video sull’essere puliti. Una straordinaria storia che non spinge il prodotto, ma richiama quello che il prodotto in realtà fa.
Sfortunatamente ci sono ancora annunci noiosi di prodotti affascinanti (sto pensando alle auto). Si può fare di meglio?
Certo, assolutamente. Questa è la mia missione! La parte più difficile sta nel fatto che ormai non è più possibile usare un annuncio noioso che funzioni davvero, perché l’attenzione è massima e diventa sempre più alta sulla pubblicità. I consumatori possono ascoltarti attentamente o ignorarti del tutto e i brand devono essere interessanti e avere belle storie da raccontare o nessuno li guarderà.
A cosa state lavorando attualmente?
Attualmente stiamo facendo alcuni esperimenti con Coca-Cola, Unilever e altri brand per verificare come le strategie di ottimizzazione mobile potrebbero cambiare anche la pubblicità broadcast. Prendiamo gli spot televisivi, li ottimizziamo per mobile e poi li riportiamo in TV per vedere se performano meglio (e per il momento è così).
Durante il tuo intervento hai detto che i video orizzontali e i video verticali hanno lo stesso impatto, mentre tutti oggi sostengono che i video verticali siano il futuro. Non dobbiamo dire addio ai video orizzontali, quindi?
Penso che dipenda dal contesto in cui si guarda il video. Su Snapchat tutti i miei contenuti sono verticali, quindi mi aspetto di vedere video verticali. Ma non c’è solo Snapchat. Su YouTube le persone girano lo smartphone quando guardano una storia che gli piace. Sai una cosa? Se una storia è bella e girata bene a nessuno interessa se è verticale o orizzontale. Non rinchiuderti in una scatola per fare ciò che pensi che le persone vogliono.
Immagine di copertina: IF Italians Festival