“Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick è un libro che tutti dovrebbero leggere. Chi si occupa di comunicazione, in particolare attraverso i canali social, dovrebbe averlo sempre accanto.
In maniera molto ironica e divertente, è un testo che esamina i meccanismi e le trappole mentali in cui tutti, prima o poi, siamo caduti.
Per chi non lo conoscesse, Paul Watzlawick è stato uno psicologo e studioso della comunicazione umana. Lavorò a lungo nel Mental research institute di Palo Alto, in California. Professore di Psicologia Comportamentale alla Stanford University, fu autore di un altro importante libro: “Pragmatica della comunicazione umana”. Più specialistico, quest’ultimo rispetto a quello di cui parliamo, in entrambi l’oggetto di studio non è l’individuo ma il suo modo di relazionarsi e comunicare con gli altri.
Watzlawick è infatti il creatore di uno dei più noti assiomi della comunicazione: non si può non comunicare. Ogni comportamento umano veicola un messaggio. L’assenza di una qualsiasi azione comunica perciò proprio la non disponibilità a comunicare.
Barricarsi dietro un giornale o uno smartphone, in treno per esempio, è come appendersi un cartellino “non disturbare” al collo.
Rendersi infelici sui social
Sono molti i meccanismi mentali che Waztlawick descrive nel suo libro. Tutti contribuiscono a rendersi infelici nella vita reale, alcuni in particolare trovano applicazione anche nel mondo dei social.
Sia che usiate i canali social per fare personal branding o che siano oggetto del vostro lavoro da community manager o social media manager, è bene conoscerli e riconoscerli.
Prima di tutto, sii fedele a te stesso
La regola fondamentale secondo Watzlawick, per essere veramente infelici è la completa e assoluta fedeltà a se stessi e i propri principi. Una fedeltà che porta inevitabilmente ad una convinzione: l’unico punto di vista valido è il proprio.
Se applicherete questa regola anche ai canali social che avete deciso di presidiare, avrete gettato le basi per una sana crisi, e forse il fallimento.
Sia dentro che fuori i social, è bene mantenere una mente aperta, pronta ad accogliere consigli e a cogliere le novità. Watzlawick illustra bene il concetto con una storiella.
Sotto un lampione c'è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa ha perduto. "La mia chiave," risponde l'uomo, e si mettono a cercare tutti e due. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto gli chiede se è proprio sicuro di averla persa lì. L'altro risponde: "No, non qui, là dietro; solo che là è troppo buio."
La strategia che avete pensato di adottare deve essere in continua evoluzione, come lo sono i canali scelti. Una soluzione efficace, per quanto abbia funzionato in passato, può e deve essere messa in discussione e non può essere considerata l’unica possibile. Applicare sempre e soltanto quella unica soluzione porta all’infelicità o, nel nostro caso, all’insuccesso nella comunicazione sui social.
Il metodo Cuè, ovvero l’arte di auto-suggestionarsi
Waztlawick propone nel suo libro alcuni esercizi mentali per affinare le tecniche di auto-suggestione, che, se ben applicate, potranno portarvi ad una sicura catastrofe nelle vita e nei social.
Convincetevi che nulla accadde per caso, che certe azioni sono state fatte apposta per danneggiarvi, che oscure potenze complottano ai vostri danni ed il gioco è fatto.
Nel rispondere ai commenti ai vostri post, non attribuite al loro autore motivazioni o intenzioni che forse sono solo il frutto di queste fantasie. I problemi o crisi vanno gestiti, ma non creati confondendo la propria percezione con la realtà.
Applaudite e scaccerete gli elefanti
I problemi immancabilmente sorgeranno. Fare finta che non sia possibile o che non ci siano, non aiuterà a risolverli, ma, anzi, probabilmente accadrà che si ripresentino in maniera ancora più pressante e pesante.
Watzlawick di nuovo usa una bella storiella per descrivere il meccanismo.
C’era un uomo che batteva le mani ogni dieci secondi. Interrogato sul perché di questo strano comportamento, rispose: "Per scacciare gli elefanti."
"Elefanti? Ma qui non ci sono elefanti!"
E lui: "Appunto."
Non si può prescindere dalla stesura di un buon piano strategico per comunicare bene sui canali social. E sicuramente una parte del piano dovrà prevedere la gestioni delle possibili crisi.
Ma mettetevi il cuore in pace: non è possibile prevedere ogni singolo potenziale rischio. E farlo, se fosse possibile, probabilmente porterebbe alla paralisi.
Ma è possibile dotarsi di una meta-strategia: i problemi vanno affrontati, se e quando si presentano, senza fare affidamento a tic superstiziosi come l’applaudire dell’uomo nella storiella.
Le profezie auto avveranti
Ne abbiamo già accennato nel paragrafo dedicato al metodo Cuè, parlando di auto-suggestione. Ma convincersi che qualcosa possa andare male, o che tutto è contro di voi non basta.
Per rendersi infelici e scatenare una catastrofe ancora migliore sui social basta convincersi di essere le potenziali vittime di macchinazioni universali: adottare quindi le migliori strategie per evitare tali presunte macchinazioni, è il modo corretto per farle avverare.
Molto probabilmente identificherete delle azioni che faciliteranno proprio l’avverarsi del problema temuto. Come Edipo che cercando di sfuggire alla profezia dell’oracolo finì per farla avverare, potrebbe succedere anche a voi di adottare soluzioni che lo sono solo in apparenza e finiscono per far accadere proprio ciò che temevate.
Un esempio potrebbe essere la decisione di eliminare i commenti o di togliere la possibilità di farli. Molto probabilmente ne sarete sommersi, in uno shitstorm. Meglio, come si diceva, affrontare il problema, se e quando si presenta.
Scegliere gli obiettivi giusti
Citando George Bernard Shaw, come fa lo stesso Watzlawick, si potrebbe dire che “nella vita esistono due tragedie. La prima è la mancata realizzazione di un intimo desiderio, l’altra è la sua realizzazione”.
Se volete dunque rendervi infelici votandovi al fallimento, almeno sui social, la strategia migliore è quella di fissare degli obiettivi e mete così ambiziose ed elevate che forse, tutto sommato, sia meglio non intraprendere proprio il viaggio. Se comunque lo si facesse, la giustificazione al loro mancato raggiungimento è già pronta.
Studiate invece la vostra mappa e stabilite mete raggiungibili anche a piccoli passi, misurabili durante il percorso.
Conclusioni
Il libro di Watzlawick è divertente e pieno di esempi ironici, con altri meccanismi interessanti come gli ordini paradossali o le illusioni delle alternative.
Sono, i primi, quegli ordini cui è impossibile ubbidire. Il più famoso esempio è l’ordine di essere spontanei. Se ci pensate bene, è impossibile accontentare chi ve lo impone. O si agisce spontaneamente, di propria iniziativa (e quindi disubbidendo) oppure si esegue l’ordine, quindi non più spontaneamente (e disubbidendo ancora).
L’illusione delle alternative è invece quel meccanismo per cui se offrite a qualcuno l’alternativa A e quella B, potrete rimproverarlo se, scegliendone una, non ha invece scelto l’altra.
Sono insidie spesso presenti in qualunque tipo di relazione, comprese quelle che si stabiliscono sui social network quindi.
Sfuggirne non è facile, ma la consapevolezza della loro esistenza potrebbe almeno ridurre il loro impatto.
Scomodando la Teoria dei Giochi, come fa lo stesso Watzlawick verso la fine del libro, ci si dovrebbe ricordare che le interazioni tra persone dovrebbero essere considerate dei giochi a somma non zero.
In altre parole, e a differenza dei giochi a somma zero in cui c’è sempre un vincitore e un perdente (le vincite di uno si equivalgono alle perdite dell’altro, ecco spiegata la somma zero), nei giochi a somma non zero è possibile che tutti vincano o tutti perdano.
Portare avanti una discussione per provare le proprie ragioni, potrebbe farci vincere la disputa. Ma la relazione? Nel serio gioco della vita e dei social, meglio giocare cercando di vincere tutti insieme.