Settembre 2017 è stato un momento particolarmente turbolento per Bitcoin, la criptomoneta più accettata nel mondo. Se a inizio mese ha toccato il picco storico di quasi 5.000 dollari per unità, il valore è precipitato ben due volte in pochi giorni: quando Pechino ha annunciato di vietare le ICO, le capitalizzazioni di startup attraverso moneta elettronica, e dopo la sententia di Jamie Dimon, vertice di JP Morgan Chase & CO, che ha stroncato il fenomeno classificandolo come una truffa che "farà una pessima fine".
Per Dimon si tratta di una bolla speculativa addirittura peggiore della prima documentata nella storia del capitalismo, i cosiddetti tulipani olandesi, che nel XVII secolo portò i prezzi dei bulbi alle stelle - uno di questi fu quotato come un appartamento di lusso nel cuore di Amsterdam, #sapevatelo - per poi crollare drasticamente insieme all'economia del paese dopo che un'asta andò deserta e si innescò irreversibile il cosiddetto panic selling.
L'instabilità dei Bitcoin
I Bitcoin raggiungono valutazioni altissime e subiscono forti deprezzamenti: le oscillazioni sono slegate dalle dinamiche del mercato dei cambi globale, correlate esclusivamente alle leggi di domanda e offerta, agli scambi diretti tra gli utenti che vendono e acquistano. Questa apparente "anarchia" porta la moneta ad essere esposta a instabilità e altissima volatilità (la volatilità misura la variazione del prezzo in un certo periodo di tempo, ed è direttamente proporzionale al rischio) e ad offrire rendimenti vertiginosi a chi vi scommette: mille dollari di Bitcoin comprati a luglio 2010 oggi valgono ancora svariate decine di milioni. Tanto per fare un paragone con le monete fiat, mille dollari comprati nello stesso periodo oggi ne varrebbero circa 2.500.
La blockchain e gli impatti sui mercati
Bitcoin si fonda sulla tecnologia Blockchain e questo offre numerosi benefici: garantisce anonimato della fonte e della destinazione (non serve che le parti in gioco si conoscano), irreversibilità della transazione (non è possibile revocarla, solo chi riceve i soldi può rimborsare l'importo) e sicurezza .
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Queste caratteristiche intrinseche hanno già da qualche anno acceso i riflettori dell’attenzione globale sulle criptomonete. Tra lupi di Wall Street e autorità pubbliche, evangelisti e scettici: gli attori nell'arena si interrogano sull’impatto nella macroeconomia reale, sugli ecosistemi finanziari futuri, sul ruolo sociale che può avere una moneta che garantisce scambi peer-to-peer senza il controllo di un’autorità monetaria centrale o la mediazione altri intermediari.
I più estremisti considerano le valute virtuali una classica bolla finanziaria pronta ad esplodere. Oltre Diman, anche Novogratz, capo di Galaxy Investment Partners, descrive i Bitcoin come "la più grande bolla speculativa di tutti i tempi" e ne fiuta l'opportunità speculativa: ha dichiarato a Bloomberg che con i Bitcoin "si possono fare un sacco di soldi, e ho intenzione di farli" e infatti sta per lanciare un hedge fund del valore stimato di 500 milioni di dollari.
Ad ogni modo, i Bitcoin sono un bene finito, come l'oro: sono limitati a "solo" 71 miliardi di dollari in circolazione, e se questa bolla dovesse davvero esplodere non dovrebbe generare catastrofi irreversibili nell'economia globale.
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Morgan Stanley e i bitcoin
C'è chi ne promuove il ruolo come futuro mezzo di pagamento o strumento di politica monetaria, dopo l'eventuale raggiungimento della maturità e stabilità.
Ad esempio James Gorman, AD di Morgan Stanley nonostante concordi con i colleghi sulla natura speculativa degli investimenti, promuove le criptomonete e ammette che sono "certamente qualcosa di più di una moda passeggera". Vede del potenziale nell'alto livello di protezione e nell’anonimato che offrono, anche se non vi ha ancora mai investito in prima persona.
Il Fondo Monetario Internazionale
Sulla stessa lunghezza d'onda Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale. Alla conferenza della Bank of England “Central Banking and Fintech: A Brave New World?" dello scorso 1 ottobre ha dichiarato che le criptomonete sono ancora troppo “volatili e rischiose per sostituire completamente le valute tradizionali” e al contempo fragili verso attacchi hacker e soggette a numerosi cyber rischi, ma l’innovazione tecnologica aiuterà certamente a superare questi pericoli. Inoltre, ha evidenziato il ruolo sociale delle valute virtuali per le economie di paesi in via di sviluppo con istituzioni deboli.
Bitcoin nel mondo
Alcuni paesi già adottano il Bitcoin come mezzo di scambio e di risparmio, come ad esempio la Nigeria e lo Zimbabwe. In Venezuela, dove il valore della valuta ufficiale tende allo zero, offre a milioni di persone la possibilità di fare transazioni e procurarsi mezzi di sostentamento. In Giappone è ormai una moneta riconosciuta e legalmente accettata a partire da aprile 2017 e la Russia si prepara ad accettarla entro il 2018.
La Banca Centrale Europea non ha ancora (apertamente) discusso sul tema ma, attraverso le parole di Draghi alla conferenza Youth Dialogue di Dublino prima e al Parlamento Europeo poi, sappiamo che a Francoforte sul Meno stanno analizzando evoluzioni e opportunità di Bitcoin e Blockchain, ma che non sarebbe in potere della BCE regolamentarle o proibirle.
Per Draghi è sicuramente prematuro considerare la criptomoneta come strumento di politica monetaria, ma non è escluso che quando la tecnologia raggiungerà la maturità potrebbero esserci sviluppi in tal senso.